“Soy Pueblo” - di Federico Mei

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“Soy Pueblo”, scriveva di Fidel Castro Juan Gelman in un poema del 1962, e non vi è dubbio che Fidel è Cuba dopo le immagini che in questi giorni hanno fatto il giro del mondo. A quelli che da anni ne predicano la tirannia come mezzo di costrizione e che per anni hanno cercato con ogni mezzo di rivoltargli contro lo stesso popolo, i cubani hanno risposto con dignità e orgoglio, accorrendo in centinaia di migliaia a rendergli omaggio. È da questa immagine che si dovrebbe iniziare a ragionare su cosa rappresenta Fidel Castro, e a domandarsi perché un “tiranno sanguinario”, come è stato definito da molti, sarà ricordato in tutto il mondo come uno dei più importanti difensori degli oppressi della storia moderna.

La risposta non è semplice, ma forse aiuta ricordare in quale Cuba nasce il personaggio Fidel per capire la Cuba di oggi. Quella in cui cresce il giovane Fidel Castro è una Cuba nella mani di un feroce dittatore che, con l’appoggio della mafia e di una ristretta cricca di ricconi, manteneva con la violenza e la paura il potere, mentre buona parte della popolazione viveva una condizione di povertà assoluta. La rivoluzione inverte questo status quo, riportando al centro i diritti del popolo. Servizi di base, educazione e sanità in primis, accessibili a tutti, riforma agraria, lavoro, cultura.

Successivamente cooperazione sanitaria in almeno 80 paesi nel mondo, interventi in situazioni di emergenza come ad Haiti o nell’Africa Occidentale (ebola) o ancora università gratis per centinaia di migliaia di studenti africani, sud americani, asiatici, palestinesi, saharawi, cioè gli ultimi al mondo che grazie a Cuba hanno potuto avere una opportunità. Nel frattempo l’embargo, il terrorismo di stato statunitense in cui decine di cubani hanno perso la vita, i reiterati tentativi di sovvertire il paese perpetrati per anni con tutti i mezzi, fino al riconoscimento, da parte di Obama, del fallimento di questa politica aggressiva verso un paese che cercava solo una via alternativa all’egemonia imperialista.

Un lungo processo fatto di lotta, orgoglio, resistenza e ingegno che ha unito sempre di più il popolo al suo leader, e che per questo è ancora oggi visto come una minaccia per quei paesi dove la gente vede solo il proprio benessere e dove in pochi comandano, nascondendosi dietro un feticcio chiamato democrazia. Forse è proprio questo che ha dato e continua a dare fastidio ai suoi oppositori, il fatto che sia senza dubbio uno dei pochi leader dei nostri tempi ad aver conquistato la fiducia del popolo, che non gli ha mai girato le spalle.

Dopo 50 anni al potere, Castro lascia un paese che certamente vive le sue contraddizioni, ma che grazie alla “Revolución” presenta oggi indici di sviluppo umano paragonabili ai paesi piú sviluppati, come ormai da anni certificano le principali agenzie delle Nazioni unite come Unicef e Undp. Un paese che, tra mille difficoltà, ha ancora la forza di intraprendere un processo di ammodernamento e apertura verso il mondo. Ma alle proprie condizioni, senza cedere alle lusinghe dello sviluppo a tutti i costi come avvenuto in tanti paesi limitrofi, lusinghe che hanno sempre portato ad enormi differenze sociali, povertà e violenza.

Cuba oggi è uno dei pochi paesi al mondo dove si può girare nelle strade senza avere paura di essere assaliti, dove è ancora possibile fermarsi a parlare con la gente in strada. Un paese dove la cultura è un bene di tutti, accessibile a tutti. Certo, accanto a tutto ciò ci sono state anche scelte sbagliate, su questo non vi è dubbio, ma chi può avere veramente il diritto di giudicare? Forse chi esporta democrazia con guerra e morte, o chi attraverso le multinazionali affama intere popolazioni sottraendogli terra e risorse?

La Cuba di oggi, i giovani in particolare, chiedono cambiamenti, chiedono più opportunità, chiedono una nuova visione del futuro, ma lo fanno in maniera composta, lo fanno in nome degli stessi insegnamenti della rivoluzione. “Il nostro comandante è morto! Continueremo nel cammino tracciato e con principi ancora più fermi, perché è ora quando dovremo dimostrare quello che abbiamo appreso in modo che ‘la patria vi contempli orgogliosa’”. E’ un messaggio che un giovane amico mi ha inviato pochi minuti dopo l’annuncio della morte di Fidel, e dimostra chiaramente chi sono i cubani di oggi.

Fidel è morto ma le sue idee rimangono e continueranno ad animare la lotta contro l’oppressione in ogni angolo del mondo. Viva la Revolución, Viva Cuba Libre.

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