Se la contrattazione non esiste... - di Maurizio Buda

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Care compagne e cari compagni buongiorno. Colgo l’occasione della presenza della neo segretaria della Fp Cgil, Serena Sorrentino, per illustrare brevemente la situazione della contrattazione al Comune di Ancona. Penso che, in linea generale, tratterò di argomenti probabilmente noti. Ritengo comunque utile riportare una situazione concreta da cui si potrebbero trarre nuovi spunti di riflessione, anche considerato che, comunque, stiamo parlando di un capoluogo di regione.

Riassumendo la questione in poche parole si potrebbe dire che in pratica la contrattazione non esiste. Siamo senza contratto decentrato, o meglio, abbiamo un atto unilaterale adottato dall’amministrazione nel 2013, verso di cui abbiamo promosso un ricorso al giudice del lavoro, ed un nuovo contratto è al di là dall’essere sottoscritto.

Non si riescono neanche più a contrattare i criteri per la ripartizione del fondo di produttività visto che, fra approvazione del bilancio, approvazione del Peg, e slittamenti vari, l’accordo si sottoscrive non prima di metà dicembre, quando in pratica è già tutto speso e la firma diventa quasi obbligatoria.

La parte politica è assolutamente assente nelle delegazioni trattanti. Sappiamo tutti come la presenza dell’assessore non sia un obbligo, ma sappiamo altrettanto bene che molte scelte possono essere gestite meglio attraverso una mediazione politica.

L’assenza dell’assessore al personale, che guarda caso nel Comune di Ancona è anche la Sindaco, è, a mio avviso, anche l’effetto plastico della considerazione che i rappresentanti politici hanno verso le parti sindacali, e quindi verso i dipendenti, e la contrattazione in generale.

La Sindaco è avvocato, il dirigente al personale è avvocato. Sarà un caso ma molto spesso di fronte ad un problema la risposta è: “noi la pensiamo così, se non siete d’accordo andiamo davanti al giudice che deciderà chi ha ragione”. Anche questo atteggiamento ribadisce il comportamento già descritto, la volontà di non assumersi alcun tipo di responsabilità e di salvaguardare le posizioni.

Altra situazione a dir poco problematica l’abbiamo sul recupero sui fondi di somme indebitamente (secondo l’amministrazione) erogate. Stiamo parlando di una somma che si aggira attorno al 1.600.000,00 di euro da recuperare entro il 2022.

La ricostruzione dei fondi, originata non da ispezioni ma da un’autonoma azione dell’amministrazione presso l’Aran, aveva portato a ben altre conclusioni (in pratica ci dovevano ridare più di 2.000.000,00 di euro ma siccome si può considerare solo l’ultimo decennio.... Anche verso questo atto abbiamo promosso un ricorso al Tar.

Ma senza contrattazione a cosa servono i sindacalisti? A tutelare le situazioni personali in caso di conflittualità? A portare davanti al giudice gli atti delle amministrazioni? Può il sindacato essere ridotto a ufficio legale? Comincia a serpeggiare la voce: “ma cosa ci state a fare” e, francamente comincio a domandarmelo anch’io.

La drammatica risposta alla domanda di prima è sì, in pratica ci stiamo trasformando in uno studio legale. Questa situazione, sommata all’oramai consolidato atteggiamento di scarsa partecipazione, alla crisi economica, all’annoso blocco del contratto nazionale, al blocco dell’incremento dei fondi di produttività, al blocco delle Peo, alla paralisi della formazione, al blocco delle assunzioni, alla trasformazione dell’Aran in portatore delle verità inoppugnabili e sempre a favore dell’Amministrazione (con conseguenti decisioni quanto meno discutibili su molte questioni), porta purtroppo ad una diminuzione della percezione della necessità di sindacalizzazione e quindi degli iscritti.


Pensate che dal 2011 al 2016 il personale del Comune di Ancona è calato di un centinaio di unità, più del 11%, (ora siamo circa 750), mentre le tessere sono diminuite del 25% (in valori percentuali più del doppio malgrado un buonissimo risultato nelle elezioni Rsu). Le assunzioni sono pochissime il che rende difficilissimo fare anche un solo iscritto, difficoltà che a sua volta si ripercuoterà sui permessi sindacali e quindi sulla capacità di ascolto e intervento sui posti di lavoro ingenerando una pericolosa spirale.

Se le cose non cambiano, ed anche presto, necessariamente dovrà cambiare il sindacato. Saranno indispensabili azioni che fino ad ora non abbiamo praticato per ridare dignità al ruolo che svolgiamo, servirà molta più di lotta e contrapposizione perché, oramai penso sia chiaro a tutti, l’epoca della concertazione è oramai finita da un pezzo, le vecchie regole di ingaggio non valgono più e, soprattutto, stiamo perdendo.

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