Tap: un gasdotto contro il territorio - di Angelo Leo

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I salentini hanno capito che la condotta del gas da San Foca a Mesagne non apporterà alcun beneficio alle popolazioni locali, ma asservirà e deturperà il territorio. 


Migliaia di pacifici cittadini e decine di sindaci sono sistematicamente ignorati dal governo, anzi contro di loro vengono scatenati in assetto antisommossa centinaia di poliziotti armati di ruspe sgombra-presidi. La bellissima San Foca (Lecce) sembra quasi la Palestina. Abitanti a difendere il loro territorio in generale e in particolare gli ulivi (già ampiamente martoriati dalla poco chiara vicenda Xylella fastidiosa, visto le inquietanti indagini in corso) e centinaia di osservanti robocop pronti a fare rispettare la legge. Di quale legge stiamo parlando ce lo ha raccontato efficacemente l’Espresso. Un intreccio di malaffare che coinvolge stati dittatoriali, mafie, strategie energetiche globali: insomma tutto il peggio globale contro il diritto di un piccolo territorio a decidere le sue sorti.

Il governo, il Sole 24 Ore e tutti i mass media ad osannare il bisogno di un ennesimo gasdotto utile a tutti (utile a chi?). La Trans Adriatic Pipeline è in realtà un’opera inutile, perché il nostro paese è già saturo di gasdotti. Oltretutto in Puglia (definita la più bella regione del mondo) insiste la più grossa centrale Enel a carbone d’Europa (a Brindisi). Sempre in Puglia non si riesce a dare ancora soluzione a problemi che salvaguardino l’occupazione e l’ambiente: l’Ilva a Taranto e il petrolchimico a Brindisi. Tra l’altro, anche della produzione di energia alternativa, con impianti fotovoltaici e eolici che hanno spesso spiantato ulivi e vitigni negroamaro, non si sa quale uso si faccia. In realtà gli impianti alternativi sono serviti solo ad aumentare la percentuale di produzione di energia con il carbone, cosi come detta la legge...

La Puglia, per uno strano scherzo del destino, è già stata il banco di prova del moderno caporalato all’epoca della motorizzazione di massa. Il mercato del lavoro agricolo controllato oggi dai caporali si è drammaticamente esteso in tutto il paese, riportando indietro le condizioni di lavoro fino a vere e proprie forme di schiavismo, prima sulle braccianti agricole meridionali e successivamente sui migranti. Per decenni lo scontro, i picchetti stradali, la dura lotta sindacale, e quella condotta dalla Federbraccianti – Flai Cgil in particolare, sembravano essere stati relegati all’isolamento e alla sconfitta. Ma dopo tante e tanti braccianti periti tra le lamiere dei furgoni e nei campi sotto il sole, il Parlamento ha varato finalmente la legge 199/2016 che estende alle aziende il reato di sfruttamento perpetrato dai caporali al loro servizio.

Probabilmente la decisione di far passare da San Foca il gasdotto risponde sia a strategie logistico-globali di controllo delle risorse, ma anche ad un calcolo di presunta remissività delle popolazioni locali, che hanno subito nel corso dei passati decenni impianti petrolchimici, siderurgici e carbone senza il rispetto delle sicurezze ambientali.

Ma le multinazionali, si sa, hanno la memoria corta. Si sono già dimenticate dei possenti movimenti di massa espressi dal nostro territorio contro il tentativo di costruire una centrale nucleare a Carovigno (Br) e quelli contro la costruzione del rigassificatore nel porto di Brindisi, come quelli per la salute (Ilva) nella città di Taranto. Le multinazionali dell’energia fossile vorrebbero un mondo ai loro piedi, dall’America a San Foca, senza leggi nazionali e locali, senza tribunali a tutela dei diritti dei lavoratori e delle popolazioni native, ma giudici e tribunali sovranazionali provenienti dai loro super pagati studi legali, servendosi impropriamente delle forze di polizia pubbliche a difesa dei loro egoistici interessi privati.

In buona sostanza, i salentini hanno capito che la condotta del gas da San Foca a Mesagne non solo non apporterà alcun beneficio alle popolazioni locali, ma rischia di asservire e deturpare un territorio e secolari alberi di ulivi unici al mondo. Per questo motivo, come è già avvenuto in passato, pacificamente e in massa le popolazioni continueranno a scendere in piazza e negli uliveti, a difesa di un bene universale quale il nostro prezioso ambiente.

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