Le nuove indicazioni nazionali per il primo ciclo.

In data 11 marzo 2025 il ministero dell’Istruzione e del merito (Mim) ha pubblicato le “Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione”, ovvero il testo di riferimento su cui le scuole dovranno impostare la propria progettazione educativa nei prossimi anni. Si tratta di un documento di ben 156 pagine, sul quale il ministro Valditara ha dichiarato di avviare una consultazione delle associazioni professionali, dei genitori, degli studenti, delle organizzazioni sindacali della scuola. In particolare è stato chiesto di esprimersi a tutte le scuole statali dell’infanzia e del primo ciclo. Per il ministro questo “dibattito pubblico” dovrebbe servire per varare la versione definitiva del testo delle “Nuove indicazioni” con cui sostituire le precedenti, a partire dall’anno scolastico 2026-27.

Senonché il percorso di consultazione si è rivelato fin da subito alquanto fallace, fortemente condizionato e limitato sia per i tempi che per le modalità di svolgimento. Per quanto riguarda i tempi, alle scuole è stata imposta una scadenza brevissima per potersi esprimere (dapprima fino al 10 aprile, poi – a seguito delle proteste – prolungata al 17 aprile), una scadenza del tutto inadeguata per consentire ai collegi docenti (composti da centinaia di componenti) di potersi confrontare per riuscire a valutare in modo attento e approfondito un testo molto corposo e articolato. Inoltre, rispetto alle modalità di svolgimento della consultazione, il Mim ha messo a disposizione delle scuole un questionario online di 22 domande con quattro opzioni a risposta chiusa, ma senza che nessuna di essa consentisse di rappresentare una netta contrarietà al contenuto proposto. Di fatto era possibile solo modulare un diverso grado di giudizio favorevole, o al limite evitare di esprimersi, ma senza poter dissentire.

Le criticità non si limitano agli aspetti procedurali, che però già pregiudicano fortemente il carattere libero e democratico del dibattito su una materia di generale interesse. Anche i contenuti delle “Nuove indicazioni” destano non poche riserve e perplessità, a partire dall’urgenza di sostituire il precedente testo che è del 2012 e senza che – anche a detta della comunità professionale – risultasse superato nel suo impianto generale. Allora l’impellenza del nuovo testo si comprende solo se si considera la volontà del governo in carica di voler caratterizzare – in modo identitario e ideologico – l’attuale sistema scolastico pubblico. Questo comporta la proposizione di contenuti culturali e didattici alquanto retrivi, che riflettono l’orientamento reazionario dell’indirizzo politico della compagine di governo.

Si fa riferimento, ad esempio, alla superiorità dell’Occidente e della sua civiltà, sminuendo il carattere multiculturale della società contemporanea; si afferma che “Solo l’Occidente conosce la storia” e che “Altre culture, altre civiltà hanno conosciuto qualcosa che alla storia vagamente assomiglia”, per cui all’immigrato, se vuole integrarsi, non resta che studiare la storia d’Italia e dell’Europa (magari omettendo il passato colonialista). Così come, cambiando argomento, si definisce la violenza di genere “triste patologia” da contrastare con “l’educazione del cuore”. Una impostazione errata e retrograda, che ignora o omette che violenza e prevaricazione nei confronti delle donne affondano le proprie radici nella società e nella cultura del “civile” Occidente, e che non appartengono a frange deviate e marginali magari proprio di immigrati. E gli esempi potrebbero continuare.

Non è sulla base di questi “valori” che è possibile impostare una scuola inclusiva e democratica, in grado di garantire a tutti – a prescindere dalla provenienza sociale e culturale – la formazione necessaria per partecipare appieno alla vita sociale, politica ed economica del Paese.

Per questo la Flc Cgil si è mobilitata per affermare il proprio netto dissenso rispetto alle “Nuove indicazioni”. A questo fine, insieme ad un vasto schieramento di associazioni, ha scritto anche al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, perché in qualità di garante della Costituzione vigili affinché “il processo di revisione delle ‘indicazioni nazionali’ non si traduca in un’imposizione calata dall’alto (…). La scuola italiana non può essere ridotta a strumento di propaganda ideologica per nessun governo in carica: deve rimanere luogo di dialogo, confronto e responsabilità diffusa per una crescita culturale, democratica e aperta al futuro”.