
Al recente forum di Repubblica Insieme (aprile 2025) il sindaco Sala ha ribadito il tema del carovita a Milano. In effetti vivere a Milano comporta spese importanti, prima fra tutte quella per la casa (il solo affitto assorbe anche il 60-70% di uno stipendio medio). Il lavoro si fa allora “povero”.
Tra i “lavoratori poveri” rientrano anche quelli della Pubblica amministrazione. Lavorare nella Pubblica amministrazione non è più economicamente attrattivo, lo dimostrano i numeri in calo delle adesioni ai bandi di reclutamento. All’interno del comparto, poi, sono i dipendenti delle Funzioni locali – Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni – a registrare gli stipendi più bassi. Un impiegato delle Funzioni locali percepisce mediamente una retribuzione annua lorda di circa 24-27mila euro, contro i circa 29-32mila euro di un impiegato ministeriale o dei livelli più alti di altri comparti pubblici. Il paradosso è evidente: proprio i dipendenti che si trovano più a diretto contatto con i cittadini, gestendo servizi essenziali come anagrafe, assistenza sociale, edilizia pubblica, sicurezza urbana, sono tra quelli meno valorizzati dal punto di vista salariale.
La struttura degli stipendi nella Pubblica amministrazione si presenta come un mosaico articolato, fatto di voci diverse e meccanismi stratificati. Tuttavia, al di là dei tecnicismi, ciò che più colpisce dai dati è il netto divario tra i compensi medi di impiegati e funzionari e quelli, decisamente più elevati, dei dirigenti.
La retribuzione di base nella Pubblica amministrazione si fonda su una parte fissa, strettamente legata al profilo di inquadramento. A questa si aggiungono progressioni economiche legate all’anzianità di servizio – i cosiddetti differenziali stipendiali – che rappresentano un riconoscimento della crescita professionale interna. Non mancano, inoltre, varie indennità legate alla specificità delle mansioni svolte, oltre a premi di risultato o di produzione, mirati a incentivare l’efficienza e il raggiungimento degli obiettivi.
Questa struttura però non riesce a nascondere l’evidente asimmetria: mentre la retribuzione media degli impiegati e dei funzionari si mantiene su livelli medio-bassi (25-30mila euro lordi annui, un funzionario può arrivare ai 35-45mila euro, a seconda del comparto e dell’anzianità), i dirigenti della Pa percepiscono stipendi ben più consistenti, compresi tra i 150mila e i 200mila euro lordi all’anno.
I premi e le indennità non riescono certo a compensare il divario con i vertici amministrativi. Una forbice salariale che, in un’epoca di crescente attenzione all’equità sociale, suscita interrogativi e alimenta il dibattito pubblico. Questa situazione si riflette anche sulla motivazione del personale e sulla capacità della Pubblica amministrazione di attrarre nuovi talenti. Se da un lato le retribuzioni elevate dei dirigenti mirano a garantire competenze di alto profilo nella gestione della macchina pubblica, dall’altro lato il persistente gap rischia di minare la coesione interna e la percezione di giustizia salariale. In un contesto in cui si parla sempre più di riformare la Pubblica amministrazione per renderla più efficiente ed attrattiva, la questione delle retribuzioni – e soprattutto della loro distribuzione – appare centrale.
In un periodo in cui, almeno a parole, si punta al rilancio della Pubblica amministrazione anche attraverso l’uso dei fondi europei e del Pnrr, il rafforzamento delle strutture locali passa inevitabilmente anche da una revisione delle politiche retributive. Senza un adeguato riconoscimento economico, il rischio è di indebolire proprio quel presidio amministrativo che, ogni giorno, rappresenta il volto più immediato dello Stato per milioni di cittadini.
Che fare? Per tutelare il potere d’acquisto dei dipendenti delle Funzioni locali, e valorizzarne economicamente la professionalità, è strategico il ruolo svolto dai sindacati nella contrattazione di primo livello (Contratto collettivo nazionale di lavoro) e di secondo livello.
A livello nazionale la Fp Cgil si sta battendo per un rinnovo del Ccnl delle Funzioni locali – parte economica – che dia dignità al comparto e che tuteli il potere di acquisto dei dipendenti in un momento in cui l’inflazione lo sta fortemente erodendo. Recentemente, l’approvazione dell’emendamento al decreto legge Pubblica amministrazione permetterebbe di aumentare il fondo per la contrattazione decentrata, a patto che gli enti siano virtuosi. Si potrebbe quindi incrementare il fondo per il salario accessorio. Qualche collega si è chiesto: “… ma il Comune di Milano è virtuoso?”. Il Comune di Milano non è messo troppo male, ma potrebbero essere fortemente penalizzati i Comuni del sud Italia. Serve quindi una politica retributiva di riequilibrio tra comparti, aree professionali e territori.