Ho il massimo rispetto per la religiosità, la spiritualità e per qualsiasi divinità a cui ogni singolo senta il bisogno di rivolgersi. Per coloro, invece, che, pur di apparire e mostrarsi al grande pubblico, ostentano tutta l’incoerenza con le loro posizioni partecipando a veglie funebri per poi sonnecchiare, ridere o non provare il minimo imbarazzo per la loro mancanza di onestà intellettuale, rimando alle immagini disponibili ovunque…la mimica facciale è più che esaustiva.

La domanda che mi faccio è se abbiamo davvero la necessità di “santificare il papa da sinistra”, cioè se rimarcare gli elementi di rottura rispetto alla storia e al ruolo della chiesa cattolica sia sufficiente per un processo di esaltazione da parte di chi, non aderendo ai dettami del cattolicesimo, lo considera solo un uomo, sicuramente autorevole, ma solo una figura di prestigio.

Diventa quasi banale, nel panorama internazionale, rimarcare l’autorevolezza di papa Francesco, fra uomini soli al comando, guerrafondai, miliardari sprezzanti delle condizioni di vita di donne e uomini la cui povertà è spesso causata dalle loro scellerate politiche. Deportazioni di migranti o nemici della porta accanto, abolizione dei diritti delle minoranze fino alla cancellazione “per decreto” delle differenze culturali e di genere, spregio delle regole istituzionali a cui gli stessi politici hanno prestato giuramento, negazione della conquista delle stesse libertà che consentono oggi, agli stessi politicanti, di negarle ai loro concittadini, sono un orizzonte sempre più disarmante, fuorviante.

In questo contesto, chi mantiene coerenza coi i propri principi, le proprie idee nel rispetto di tuttə, emerge dall’indifferenza generale. Quindi massimo rispetto alla figura del papa scomparso. Ma, sempre con il massimo rispetto, ci sono persone che riescono a far sentire la loro voce per ruolo e autorevolezza e tantə donne e uomini che quotidianamente, ma silenziose, lavorano per il bene comune, la solidarietà, la difesa dei diritti civili e sociali, sforzandosi di estenderli anche a chi, troppi, non li ha. Tante e tanti che quotidianamente chiedono con forza lo stop a tutte le guerre, e chiedono un’economia di pace e stop agli armamenti. Essere persone di pace richiede, a mio avviso, uno sforzo ulteriore. Tutti ci dichiariamo pacifisti, e me lo auguro con forza da parte delle istituzioni religiose. E con questa affermazione confesso la mia ingenuità!

Ma le parole feriscono e uccidono come le armi, in modo silenzioso, ma non sono prive di conseguenze. Ferisce le donne e il loro corpo quando non si rispetta le loro scelte. Affermare “chi sono io per giudicare i gay”, significa comunque confermare una differenza, ancora lontani dal riconoscerla come assoluta normalità. Affermazione che spaventa chi ha necessità di conformarsi ad una normalità “autodefinita”. Al tempo stesso possiamo davvero sorvolare su affermazioni per cui “ci sarebbe troppa frociaggine”?

Sempre a proposito di normalità, siamo ancora a dover difendere il diritto delle donne all’autodeterminazione perché non abbiamo ancora acquisito il fatto che questa dovrebbe essere una condizione “a prescindere”, il cardine della civile convivenza e non un diritto da riaffermare.

Se questa è la premessa, facciamo attenzione a tutte le parole spese contro il diritto all’aborto, dovremmo invertire la logica di “donna-madre-cristiana” come se fossero concetti equivalenti. Usciamo dalla logica del dolore e del sacrificio come espiazione, segno che contraddistingue un certo pensiero religioso. Che “i medici obiettori sono dei sicari” o che “un aborto è un omicidio” sono affermazioni molto violente che si allineano con una certa visione.

Non si può chiedere di più ad un papa? E’ proprio questo uno dei punti da chiarire: sapendo che questa è la loro impostazione, abbiamo necessità di far ricorso a questa figura, sebbene assolutamente autorevole?

Non sono in grado di affrontare la questione spinosa della lotta alla povertà e alle disuguaglianze, ma siamo convinti che questa è la vera sfida, e non dobbiamo limitarci a istituzionalizzare la povertà? E sempre in tema di istituzionalizzazione, altrettanto spinosa è la questione delle scuole cattoliche, equiparate a quelle pubbliche, sovvenzionate dallo Stato costituzionalmente laico, ma non equiparate nei diritti di chi ci lavora. E, ammesso che alle lavoratrici e ai lavoratori siano riconosciuti i contratti nazionali di settore e lo stipendio adeguato, è loro richiesto di aderire alla confessione religiosa e che garantiscano l’assoluta eterosessualità. Lo stesso vale per la sanità, privatizzata a discapito del pubblico, anche a vantaggio delle istituzioni sanitarie religiose.

Il mio è un tentativo di porsi delle domande e soprattutto di rivolgerle a chi vuole e deve costruire un’alternativa credibile alla dilagante cultura dell’individualismo, della violenza, della discriminazione, in una parola alla cultura di destra. A sinistra dobbiamo essere in grado di coniugare i valori morali con quelli civili, senza abdicare al nostro ruolo o delegare le nostre voci.