Le ragioni per cui è fondamentale andare a votare l’8 e 9 giugno sono molteplici e tutte importanti. In un contesto sociale alla deriva il voto è un diritto che appartiene a ciascuno di noi, ma è anche un dovere civico. Così dice espressamente la nostra Costituzione.

È importante andare a votare, inoltre, perché si tratta non solo di decidere su cinque specifici quesiti, ma anche sul futuro nostro e dei nostri figli e nipoti, ed è importante per dare un’impronta decisiva ed importante sulle politiche migratorie.

Dopo decenni, con la vittoria del Sì le politiche che hanno prodotto una crescente precarizzazione del lavoro subiranno una forte battuta d’arresto a seguito dell’esito referendario. Ognuno di noi deve decidere se continuare a lasciare ad altri il campo libero sul futuro del lavoro, nelle sue diverse forme, e sulle politiche migratorie, o se invece crediamo che sia giunto il tempo di dire la nostra: battere almeno un colpo. Perché in questo referendum non votiamo “contro” qualcuno ma votiamo a nostro favore e per il futuro dei nostri giovani.

Ognuno di noi dovrebbe porsi il quesito: “che mondo vogliamo per i nostri giovani?”. Il referendum possiede in sé una potenzialità di mutamento, un plusvalore democratico, che non può essere sottovalutata.

Il “Lavoro” nel nostro paese, e come recita la Costituzione, è un diritto e deve essere dignitoso per sé e per le nostre famiglie. Con i referendum possiamo passare da una cultura che fino ad ora ha privilegiato le ragioni dell’economia di mercato, a quella che invece privilegia l’idea della dignità del lavoro definita nella nostra Costituzione. Possiamo abbandonare le politiche di rifiuto dell’altro per adottare quelle di integrazione e rispetto dei diritti costituzionali delle persone, secondo i dettami della nostra Carta fondamentale. Un cambiamento di rotta e un inizio di cambiamento rispetto alla deriva attuale.

Raggiungere il quorum nei referendum può rappresentare un forte ostacolo ai progetti regressivi e inquietanti che la classe politica, e soprattutto l’attuale governo, ci propinano da anni e che ci cala dall’alto, con tutte le pessime conseguenze che viviamo quotidianamente. Dovrebbe bastare questo per convincere tutti quelli che sono preoccupati dello stato delle cose presenti ad andare a votare.

Dovrebbe convincerli, soprattutto, se la seconda carica dello Stato, già alle cronache per i suoi rigurgiti autoritari, invita ad “andare al mare”.

Dobbiamo abbattere la “libertà” di farci mettere in catene. Impegnarci con il voto per i nostri diritti e per i diritti di chi non ne ha oggi ha un significato importante: si tratta di ricostruire la collettività ed abbattere con uno strumento democratico l’individualismo tanto caro ai neoliberisti. In fondo anche se non siamo lavoratori precari, anche se non siamo migranti senza cittadinanza, non possiamo rinunciare a questi diritti.

Le previsioni dei sondaggi dicono che ancora il quorum non è disponibile? Bene, a loro rispondo, come diceva il più grande rivoluzionario del ‘900, che “chi lotta può perdere, ma chi non lotta ha già perso”, in questo caso vale per la partecipazione al voto. Andiamo a votare, per cortesia, e portiamoci più gente possibile raccontando loro il merito dei quesiti referendari.