“Per noi siciliani resistere alla mafia equivale a resistere al fascismo”. Saverio Cipriano non ha dubbi. Il portavoce siciliano di “Le Radici del Sindacato”, area alternativa in Cgil, è orgoglioso di organizzare ogni anno, con compagne e compagni arrivati a Cinisi da tutta Italia, due giornate di dibattiti, memoria ed elaborazione politica nel nome di chi ebbe il coraggio di affrontare Cosa Nostra con le armi dell’ironia, dello sberleffo e della denuncia sociale. “Per noi ricordare Peppino Impastato non è soltanto un doveroso atto di omaggio, ma un gesto profondamente politico. È il riconoscimento del suo ruolo centrale nella lotta alla mafia, nella denuncia delle connivenze tra potere criminale e potere istituzionale, e della sua capacità di farlo con linguaggi nuovi, radicali, irriverenti. Ma è anche l’affermazione del bisogno di custodire la memoria viva e attiva di quella battaglia”.

Quello in memoria di Impastato è diventato un appuntamento fisso. “Proviamo a tenere insieme memoria, analisi e proposta. Pensiamo che la forza del sindacato stia anche nella sua capacità di essere spazio aperto, inclusivo, critico. È dal confronto che può nascere un’idea di futuro all’altezza delle sfide che viviamo, a partire dall’appuntamento del referendum dell’8 e 9 giugno, che chiama ognuno e ognuna di noi a un’assunzione di responsabilità”. Non per caso quest’anno l’iniziativa ha avuto per titolo “Referendum, Lotte, Contratti, Democrazia, Pace”.

“Abbiamo un rapporto storico con Peppino – sottolinea Cipriano – dopo la sua morte, un assassinio di mafia con depistaggi incredibili, ci fu una frattura fra i ragazzi di Cinisi, gli amici di Peppino, con la Cgil e il Pci. In quel periodo, alla fine degli anni ‘70, il Pci si era attestato su posizioni molto dure nei confronti di qualsiasi forma di terrorismo, le forze dell’ordine ne approfittarono, dissero che Peppino stava preparando un attentato. Una falsità, denunciata solo da alcuni compagni del partito come Nino Mannino, che era della vicina Carini e all’epoca era stato eletto deputato. Mannino fu subito chiaro: ‘Questo è un omicidio di mafia. Conosco Peppino e conosco l’ambiente, non ci sono dubbi’. Ma per un lungo periodo Pci e Cgil restarono quantomeno tiepidi, erano le compagne e i compagni di Democrazia proletaria a tener viva la memoria di Peppino. E noi c’eravamo”. Sono le radici della memoria e della lotta, che il sindacalista siciliano rivendica con orgoglio.

“Anche grazie a iniziative come questa, la Cgil negli anni ha abbracciato pienamente la storia e la memoria di Peppino. Poche settimane fa a Cinisi sono arrivati i segretari nazionali Giove e Ferrari, c’era l’intera segreteria regionale. Due pezzi di storia che si sono reincontrati. In passato dal balcone di Impastato, della casa dove viveva e dove spesso era visto parlare con cittadini e giornalisti, sono intervenuti pure Camusso e Landini”.

Cipriano conosce bene quelle zone, è di Casteldaccia. “Qui nel 1944 la mafia assassinò il primo sindacalista, Andrea Raia. Era segretario della Camera del Lavoro e si opponeva ai mafiosi che volevano appropriarsi del ‘granaio’ del popolo. Davide Aiello, pronipote di Raia, oggi è parlamentare del Movimento 5Stelle, e quest’anno è tornato a Cinisi per collegare quell’omicidio a quello di Peppino, alla lotta alla mafia e al sangue versato in Sicilia dal movimento dei lavoratori”.

La mafia ha sempre combattuto le organizzazioni dei lavoratori. “Per sua natura la criminalità organizzata è sempre stata collegata all’oppressione, ai padroni. Basta pensare alla strage di Portella della Ginestra, a tutti i sindacalisti ammazzati dal dopoguerra a oggi, quasi ogni paese della provincia di Palermo ha visto assassinare un segretario della Camera del Lavoro. La Cgil in Sicilia ha dato un contributo di sangue nella lotta alla mafia, che è anche una lotta al padronato, per i diritti, la dignità di un popolo e per la libertà. Una forma di resistenza. Non abbiamo avuto i partigiani, abbiamo avuto la resistenza civile, popolare, contro l’oppressione mafiosa e del padronato”.

Anima siciliana de “Le Radici del Sindacato”, Cipriano riflette sullo stato dell’arte della Confederazione e sull’esigenza di un pluralismo interno che non sia di facciata. “Anche attraverso iniziative come questa, diamo un senso a un pluralismo sancito dallo Statuto che deve rimanere sul merito delle questioni, per contribuire alla discussione interna e spostare a sinistra l’asse del sindacato”.

Nel sottolineare l’importanza dell’appuntamento referendario, Cipriano tiene a rimarcare che grazie al voto dell’8 e 9 giugno il lavoro è tornato ad essere protagonista del dibattito pubblico. “Ed anche il quinto referendum, quello sulla cittadinanza che non abbiamo promosso noi della Cgil, parla di lavoro, di dignità e diritti. Giuseppe Di Vittorio diceva che l’importante è perseguire una causa giusta, che va combattuta a prescindere dal risultato e dalle previsioni più o meno ottimistiche sul suo raggiungimento. Andiamo avanti, possiamo farcela”.