
Abdullah Ocalan ha compiuto un passo storico il 27 febbraio scorso con il suo “Appello alla pace e alla società democratica”. Ha anteposto il cambiamento e la trasformazione al Pkk, il quale ha annunciato che avrebbe agito in conformità a tale appello. Ocalan ha affermato: “Il Pkk dovrebbe convocare il suo congresso, sciogliersi e porre fine alla lotta armata”. Il Pkk aveva annunciato in una nota il suo congresso dal 5 al 7 maggio 2025. E lunedì 12 maggio ha annunciato che avrebbe posto fine alla lotta armata per aprire la strada e creare il terreno per nuove emergenze e organizzazioni, molto più forti e assertive di quelle che avevano caratterizzato la fondazione del Pkk.
La resistenza e l’organizzazione durate mezzo secolo sotto la guida del Pkk hanno creato una grande crescita di coscienza e consapevolezza sulla cui base il movimento si ristrutturerà per la nuova era. Ciò richiede un cambiamento e una trasformazione radicali.
Mentre il popolo curdo e le sue organizzazioni stanno attraversando un periodo di cambiamento e trasformazione, la Turchia e il Medio Oriente non possono restare gli stessi. Anche la Turchia deve affrontare cambiamenti e trasformazioni. Dal punto di vista politico e giuridico, lo Stato turco deve posizionarsi in modo da includere i curdi.
Se lo Stato turco vuole essere lo Stato dei curdi, deve abbandonare la negazione e la repressione; deve subire un mutamento intellettuale e giuridico. Se il processo viene sabotato o interrotto, è chiaro che inevitabilmente si creerà un clima conflittuale.
Ocalan si è assunto una responsabilità storica, sebbene il governo di Ankara non abbia adottato misure serie e non abbia apportato modifiche legislative. Non sappiamo se coloro che governano la Turchia comprenderanno l’importanza e la natura storica di questo evento e agiranno di conseguenza. Finora le loro dichiarazioni sembrano positive. Ma staremo a vedere se a quanto detto seguiranno i fatti.
Se Ankara fa pace con i curdi del Kurdistan settentrionale e ne accetta l’esistenza, ciò avrà naturalmente ripercussioni anche sulle altre parti del Kurdistan, le zone più caratterizzate dalla loro presenza: il Rojava e la Siria nord-orientale. Perché il lavoro, la resistenza e l’organizzazione svolti in questa regione sono stati in realtà ispirati dai pensieri e dalla lotta di Ocalan. Stiamo parlando di una regione in cui Ocalan è rimasto e si è organizzato per vent’anni.
Al contempo, anche lo Stato turco ha lavorato costantemente e in molti modi: ha attaccato, invaso e costruito alleanze per spezzare l’influenza di Ocalan ed eliminare le conquiste della rivoluzione. C’è stata una guerra feroce e un assedio in Rojava. Lo Stato turco ha sempre chiamato questi attacchi “lotta contro il terrorismo”. Tuttavia, in un contesto in cui il Pkk è stato sciolto e la lotta armata è terminata, non vi è alcuna giustificazione per la sua ostilità e per i suoi attacchi contro il Rojava. Se la Turchia applica la legge della fratellanza ai curdi nel suo stesso Paese, la sua insistenza sull’ostilità verso i curdi in Siria non avrà alcun senso.
Il progetto di Ocalan prevede di proseguire con la soluzione adottata in Turchia anche in altre parti del Kurdistan. Il suo obiettivo è l’Unione Democratica del Kurdistan. In altre parole, l’obiettivo è quello di creare un’unione democratica, non uno Stato o una federazione separati. Questa soluzione è nell’interesse anche di altri Stati. In questo modo la questione curda cesserà di essere oggetto di contraddizioni e conflitti nella regione. Si aprirà la strada alla pace e alla trasformazione democratica per la regione. Anche qui non ci sono perdenti; al contrario, vincono tutti.
La soluzione del leader curdo include anche la democratizzazione del Medio Oriente. Non sappiamo però se questa soluzione verrà attuata o se la Turchia tornerà alla sua situazione abituale. In Siria, il governo turco non considera i curdi una forza alleata; ha fatto la sua scelta a favore di Hts (Hay’at Tahrir al-Sham). Ha attaccato Tishrin e altre regioni per mesi. Il suo obiettivo era quello di conquistare tutta la Siria settentrionale e orientale ed eliminare l’autonomia del Rojava. Non è ancora chiaro se cambierà posizione da ora in poi.
L’Amministrazione autonoma e le forze rivoluzionarie non dovrebbero abbassare la guardia solo perché per il momento gli attacchi sono cessati e c’è stato un certo ammorbidimento. Perché la Turchia non ha sciolto i gruppi armati e le bande che aveva radunato sotto il nome di Smo (Esercito Nazionale Siriano), coalizione composta da vari gruppi jihadisti emersi dopo l’inizio della guerra nel luglio 2011, ufficialmente costituita nel 2017, con la Turchia che ha fornito finanziamenti, addestramento e supporto militare.
In questa fase, sia l’Amministrazione del Rojava che la popolazione devono continuare a rafforzare la propria autodifesa ed essere preparati a tutte le eventualità.