
Le parole della canzone di Giorgio Gaber “Libertà è partecipazione” ci fanno capire il valore di andare ai seggi per le consultazioni referendarie dell’8 e 9 giugno prossimi.
Essere contrari alle posizioni di chi ha voluto il referendum su precariato e sicurezza nel lavoro, e quello sull’abrogazione delle misure per ottenere la cittadinanza per le persone extracomunitarie presenti in Italia, non giustifica la propaganda per l’astensionismo. E neppure il boicottaggio di cui è artefice il sistema d’informazione nazionale, della stessa Rai, gradito al governo Meloni. Perché nega il diritto di tutte e tutti a esprimersi e confrontarsi liberamente.
I quesiti su cui è chiesto di esprimersi toccano temi divisivi nello stesso mondo sindacale italiano rispetto a come si intende il mercato e la sicurezza del lavoro. Rispetto alla cittadinanza, queste diversità emergono con forza nell’opinione pubblica in generale, in relazione all’accoglienza dei migranti nel nostro Paese.
Nell’ultimo decennio, in Italia, rispetto alla funzione del referendum come stimolo alla partecipazione attiva alle scelte strategiche per la nostra vita, è avanzata una linea di scetticismo. Troppe consultazioni con quesiti difficili da comprendere? Sovrapposizione con le consultazioni elettorali?
Non credo siano queste le giustificazioni per la mancanza di partecipazione, non si tratta di ‘pigrizia intellettuale’. Da troppo tempo non è più percepito il valore fondamentale del legame tra Libertà e Partecipazione. E’ vero che i picchi di astensionismo alle elezioni, soprattutto quelle politiche nazionali ed europee, ma anche locali, mostrano una struttura sociale del nostro Paese che non crede nello strumento prioritario dell’esercizio della democrazia attraverso il voto. Questo sancisce il distacco tra la politica, partiti e istituzioni, e le comunità di cittadine e cittadini.
Le misure efficaci di contrasto devono partire da una maggiore e convinta capacità di ascolto da parte della politica: i tempi per recuperare la partecipazione e il consenso non saranno immediati. Ma l’assenteismo alle consultazioni referendarie non è direttamente e naturalmente riconducibile alla distanza tra politica e cittadini.
E’ necessario spiegarlo: i referendum, nella stragrande maggioranza dei casi, a partire da quelli dell’8 e 9 giugno prossimi, vedono il protagonismo di associazioni, sindacati e piattaforme civili nella promozione e nella raccolta delle firme a sostegno, animando i luoghi di lavoro e aggregazione e gli appuntamenti della vita sociale.
Esprimersi per la garanzia di un lavoro sicuro e dignitoso, per la tutela dei diritti sindacali, è quello che la Cgil ci ha proposto e che tante e tanti di noi hanno sostenuto, scegliendo il Sì per questi quattro quesiti del referendum abrogativo: si tratta di affermare e difendere principi costituzionali della nostra Repubblica, fondata sul lavoro.
Come attori sociali della solidarietà e cooperazione internazionale non possiamo esimerci dal partecipare alla consultazione, perché nelle nostre attività la garanzia dell’occupazione per tutti è centrale. Al di là delle singole posizioni politiche, andiamo ai seggi.
Il quesito referendario abrogativo sulle misure di accesso alla cittadinanza italiana per cittadine e cittadini extracomunitari è la cartina di tornasole della coerenza tra i principi e le azioni del mondo politico e sociale che sostiene di porre al centro la lotta a disuguaglianze, discriminazioni e negazioni dei diritti fondamentali, che la nostra stessa Costituzione, ancora una volta, pone al centro della tenuta della democrazia. Il Sì al quinto quesito referendario abrogativo delle norme restrittive in atto, prevede che passino da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia necessari a presentare la domanda di cittadinanza che, appena ottenuta, verrebbe trasmessa automaticamente a figli e figlie minorenni.
Circa due milioni e mezzo di persone, molte nate in questo Paese, che vi abitano, lavorano e lo sostengono come noi, potrebbero finalmente avere pari diritti e dignità dei vicini e compagni di scuola, gioco e lavoro, avviare percorsi di studio all’estero, votare, rappresentare l’Italia nelle manifestazioni sportive e culturali, partecipare a concorsi pubblici, svolgere una normale vita sociale. Non ci sarebbero più diritti negati, vivremmo con maggiore serenità e civile convivenza. Non è una favola, è la possibile bellezza della realtà, una volta tanto.
Le organizzazioni della società civile della Rete Nazionale Aoi, impegnate nell’accoglienza e inclusione di migranti e rifugiati e nelle attività umanitarie all’estero e di cooperazione internazionale, credono a questa favola che diventa realtà, ed hanno sostenuto la campagna referendaria per la cittadinanza con la forza della ragione.
Voteremo Sì per un’Italia inclusiva.