Occuparsi di cosa accade nella Chiesa cattolica come istituzione, come Potere, gerarchia e struttura millenarie non è perdere tempo. Interessa noi, di sinistra sociale e politica alternativa. Perché da come si muove questa entità dipendono molti destini, molta politica, molto assetto geopolitico, molta cultura anche.

In un mondo per più versi abbondantemente secolarizzato, soprattutto in Occidente, Usa ed Europa, il bisogno religioso sopravvive. Nella secolarizzazione imperfetta qui si esprime con altri mezzi, in forme anche non-religiose. In gioco è la sempre umana ricerca di identità e di appartenenza, anche in forme alienate. E questo avviene in sette esoteriche, nei consumi, nel tifo sportivo, nella cosiddetta new age, in maghi e maghe, cartomanti, santoni, nella cultura del corpo, nella cultura del narcisismo ecc.

Soprattutto in ciò che rimane del mondo rurale del Nord Globale, nelle forme tradizionali, la Chiesa cattolica come seguito di fedeli, resiste. Ma molto resiste nelle periferie del mondo.

La Chiesa è un’organizzazione piramidale nata come religione di Stato nel 380 d. C. con Teodosio e dal disfacimento dell’impero romano, ereditandone struttura e monarchia assoluta. Anche nel solo titolo del capo come Pontefice Massimo. Struttura complessa e molto articolata, non solo in cardinali, vescovi, presbiteri, preti, diaconi ecc. Soprattutto in ordini religiosi, congregazioni, uffici, settori ecc., a loro volta con le proprie gerarchie e articolazioni.

La Chiesa comprende tutto. Dall’Inquisizione e dalle torture e dai roghi per eretici e per le “streghe”, ai vescovi feudatari, ai papi capi di eserciti combattenti, ai feroci colonizzatori e oppressori nei vari continenti, alle gerarchie ecclesiastiche benedicenti i fascisti italiani, i franchisti in Spagna, le bandiere naziste in Germania, a Marcinkus e allo Ior, alla finanza cattolica, a Calvi ecc. Ma comprendente anche preti e gerarchie coinvolte nelle eresie, nel francescanesimo, nel solidarismo cattolico, nei movimenti di liberazione, fino alla Teologia della Liberazione.

Comprende Opus Dei, Legionari di Cristo, Comunione e Liberazione, Cammino neocatecumenale, ma anche Focolarini, Comunità di Sant’Egidio ecc. E’ banale dirlo, un conto è il gaudente abusatore Alessandro VI (papa Borgia), il gaudente Marcinkus, l’anticomunista fanatico Wojtyla, e un conto è Francesco d’Assisi, Fra’ Dolcino, Thomas Müntzer, don Milani, dom Franzoni, Gustavo Gutierrez, Leonardo Boff e via elencando.

Jorge Mario Bergoglio

Lo spettacolo di ipocrisia dispiegato da potenti, governanti, media in occasione della morte e delle esequie di papa Francesco rimane come marchio indelebile a futura memoria.

La vicenda di Jorge Bergoglio è esemplare. Viene dal potente processo inaugurato dal Concilio Vaticano II, voluto da Giovanni XXIII e proseguito da Paolo VI. Con la pietra miliare dell’enciclica “Populorum Progressio”, nel senso della necessaria e purificatrice “decolonizzazione” e della liberazione dei popoli oppressi. Viene dopo il reazionario Wojtyla e dopo il curiale e conservatore Ratzinger. Viene dalle periferie del mondo.

Ancor prima di essere il massimo esponente di un’istituzione così compromessa qual è stata ed è la Chiesa cattolica, Bergoglio-Francesco è stato ed è un essere umano, con la sua storia: quello che riceve dai suoi familiari, dalla sua comunità, dal contesto sociale in cui si viene a trovare, dalle sue esperienze, dallo spirito del suo tempo.

La Teologia della Liberazione ha sempre sostenuto che il prete, oltre a evangelizzare, a dare testimonianza del sovversivo messaggio evangelico, è evangelizzato a sua volta. I poveri, gli oppressi, gli ultimi lo convertono, lo evangelizzano. Se si attarda a vivere nei privilegi, invece di servire, invece di essere al servizio, viene servito, allora viene cooptato dalle infinite sfumature del Potere.

Jorge Bergoglio nasce nel contesto argentino, in un ambiente sociale al confine tra élite dominante e classi sociali dominate. È discendente da immigrati italiani. Conosce la condizione del migrante. Diviene gesuita. È gesuita. Poi le periferie, le favelas di Buenos Aires, i diseredati di quel mondo così abbandonato lo costringono a fare la scelta definitiva. Al momento giusto, quando viene scelto papa, diviene Francesco.

Essere gesuita nella seconda metà del Novecento significa ricevere la lezione di padre Pedro Arrupe e in seguito del cardinale Carlo Maria Martini, il quale ha costituito la figura esemplare del “teologo” e del “pastore” uniti e non disgiunti. Capace di scardinare molti blocchi della Chiesa. La vicinanza ai lavoratori e alle lavoratrici, alle donne (il primo della gerarchia che abbia parlato di sacerdozio delle donne…), il suo appello alla “collegialità” (oggi si dice “sinodalità”) per farla finita una buona volta con la monarchia assoluta, retaggio dell’Impero.

Essere uomo. Bergoglio vuole essere Francesco come simbolo della semplicità, dell’umiltà e della povertà, e ciò aggiunge molto al suo essere gesuita. La scelta radicale per la pace, contro la guerra e i fabbricanti di armi, per i migranti, per gli omosessuali, per i carcerati, per il dialogo interreligioso, per la giustizia sociale e la giustizia ambientale, per le periferie del mondo ecc. gli hanno procurato tanto consenso, tanta simpatia, da credenti e da non credenti, da uomini e da donne di buona volontà.

La profetica enciclica “Laudato si’” del 2015 rimane come documento fondativo di una radicale visione e pratica del mondo, quasi da “altermondialista”. Contro la logica del capitalismo e del neoliberismo, contro l’imperialismo, per la giustizia sociale e la giustizia ecologico-climatica, per la fratellanza universale, tra esseri umani e tra esseri umani e natura. Documento così “divisivo”. Accolto con entusiasmo da sinistra, da chi lotta per la giustizia sociale, per la protezione del bene comune, dagli ambientalisti, da chi lotta contro il cambiamento climatico, da chi difende le lavoratrici e i lavoratori.

Il clerico-fascismo, i reazionari, le gerarchie irriformabili, in primo luogo della Curia romana, invece, si sono dati da fare per non far circolare tra i fedeli e far discutere nelle parrocchie l’enciclica.

Francesco è stato “divisivo”. Parola e contenuto così avversate dagli ipocriti del politically correct, dai contemporanei scribi e farisei. Egli ha separato. Inevitabilmente. Tutti i residui del clerico-fascismo, oltremodo attivi entro il cattolicesimo, tutti i benpensanti liberali lo hanno avversato. I guerrafondai lo hanno deriso, anche odiato. Tanti cardinali e tanti vescovi statunitensi, ambienti della curia romana, il Potere per eccellenza, sionisti e massacratori israeliani, con la solita accusa di antisemitismo, atlantisti che non gli perdonano le sue parole, soprattutto all’inizio della guerra, la sua equidistanza nella stessa guerra in Ucraina. La “Nato che abbaia alle porte della Russia”…

Ha reso omaggio nel 2017 a don Lorenzo Milani in occasione dei 50 anni dalla sua morte e da “Lettera a una professoressa”. Salendo a Barbiana e, solitario, pregando sulla sua tomba.

Certo, anche i profeti hanno i loro limiti di tempo e di spazio. Chiedere a Bergoglio di respingere tutte le sirene dei “falsi difensori della vita”, di pronunciarsi su aborto, eutanasia e fine vita, sul sacerdozio delle donne, sulle finanze, palesi e occulte, del Vaticano, sui dossier di Emanuela Orlandi, l’andare fino in fondo sugli abusi sessuali di esponenti della Chiesa ecc. è chiedere un po’ troppo. L’inerzia storica della Chiesa-istituzione è un blocco, un macigno troppo grande. I tempi della Chiesa-istituzione non sono tempi umani. Bergoglio, rivoluzionario quanto basta.

Bergoglio-Francesco ha scardinato molto. Troppo, dicono i liberali benpensanti alla Paolo Mieli, alla Massimo Franco del ‘Corsera’. Con la ridicola svalorizzazione di Bergoglio quale “pastore”, con poca cultura, non “teologo” alla Ratzinger. Francesco al contrario è stato “pastore” e colto, fine teologo della Chiesa nel mondo, nel secolo, nel cammino di Liberazione.

Robert Francis Prevost

Di contro ai fiumi di parole, a tutte le analisi dispiegate attorno alla figura di Robert Francis Prevost, oggi papa Leone XIV, un poco di sobrietà.

Occorre sempre capire quali trattative e quali scambi sono intercorsi prima nelle Congregazioni e poi dentro il Conclave. Non sapremo mai. Alla fine, con sorpresa, viene eletto questo cardinale. Il primo statunitense, ma anche il primo peruviano come seconda nazionalità.

La doppia natura di Leone XIV. Sembra che sia stato designato dallo stesso Francesco, anch’egli con l’esperienza delle favelas e dei diseredati nel suo essere missionario in Perù. Agostiniano, e quindi molto vicino alla semplicità e alla povertà dei francescani. Ma secondo taluni, liberali benpensanti, il vero partito dell’ordine, e veri e propri reazionari, Prevost è incaricato di riportare tutto alla Chiesa-istituzione, con tutti i suoi riti, i suoi simboli, dopo la “avventura” di Francesco. Di aprirsi al mondo e ai suoi problemi, certo, ma con un’attenzione particolare alla vita interna della Chiesa. Teologia e non pastoralità. Occidente e non Oriente e Sud Globale.

Ha parlato da subito di pace, di sinodalità, di continuità rispetto a Francesco. Ma alla prova dei fatti lo attendiamo. Pace e guerra, Palestina, le sfide geopolitiche, la povertà della Chiesa, l’ascolto del popolo dei fedeli, il dialogo interreligioso, il dialogo col mondo, con i tanti non-credenti, ma alla ricerca di spiritualità, di giustizia in un mondo senza cuore e senz’anima, pericolosamente alla deriva.

I suoi primi passi rivelano comunque che la politica estera del Vaticano cambierà rispetto al coraggio e alla radicalità di Francesco. Che ne sarà di Pietro Parolin e di Matteo Zuppi?

I punti essenziali per noi. Il Vangelo del Gesù storico, delle strade e dei villaggi della Galilea povera, di un povero tra i poveri e gli emarginati. Contro il Tempio, dei Sadducei e degli scribi e farisei. La teologia come atto secondo, rispetto a un pastore militante “che ha lo stesso odore del suo gregge” (come diceva Francesco). Il potente messaggio del Vangelo reso vivo e operante nel mondo contemporaneo.