
Un rinnovo coerente con le indicazioni della piattaforma. Resta il nodo delle condizioni di lavoro negli appalti.
Un rinnovo contrattuale è da sempre una tematica dibattuta, data la sua intrinseca complessità normativa e le sfaccettate casistiche derivate dalle diverse mansioni che caratterizzano tutto il comparto ferroviario.
Bisogna considerare che al tavolo della contrattazione con le associazioni datoriali non si siede una sola organizzazione ma sei, tutte con un loro modo di intendere e interpretare il lavoro e tutte con idee e strumenti diversi per affrontare la trattativa. Da questa varietà consegue un’oggettiva difficoltà a coniugare al meglio modi diversi, allungando le tempistiche e restringendo i punti di incontro sui quali impostare poi il confronto e tenere unito il tavolo sindacale.
Altro punto è il contesto nel quale viene discusso il rinnovo. Ad inizio negoziazione è stato subito messo in chiaro dalle controparti datoriali che questo non sarebbe stato un rinnovo esclusivamente economico, ma che ci sarebbero stati degli argomenti normativi sul tavolo.
Un altro tema sono le difficoltà riscontrate all’inizio, con il tavolo di confronto ritardato per aspettare il ricambio del board del gruppo Fsi e fin da subito scontrandosi con la distanza tra le parti, rallentando così i lavori.
Ma, passando ad un’analisi dei contenuti, ne emerge un contratto nazionale che deve adattarsi a più situazioni, non è più un vestito cucito su misura del solo gruppo Fsi, ma deve aderire a quelle che sono le forme più complesse di un corpo come gli appalti ferroviari, da sempre fragilmente in bilico tra la solidità del primo livello e il dirupo rappresentato dagli altri Ccnl applicabili.
La prima importante sfida era quella di intervenire sui minimi contrattuali per adattarli al contesto economico: 230 euro medi sono un incremento che si può considerare adeguato al recupero del potere d’acquisto eroso. Aumentarli ulteriormente avrebbe reso più difficile la tenuta dei comparti più delicati.
Un Ccnl deve essere il più appetibile possibile per le tutte aziende che lo applicano: se così non fosse i lavoratori delle aziende più fragili sarebbero ulteriormente penalizzati, e non rimarrebbero al passo con gli altri.
Guardando invece alla normativa, emergono novità sul personale mobile. Qui il rinnovo è particolarmente sentito da lavoratrici e lavoratori proprio perché si introducono importanti cambiamenti. Si è tentato di fare un passo avanti sulla conciliazione tempi di vita-lavoro. Diciamo “tentato”, perché la sensazione in categoria è di un malumore generale già presente che il rinnovo non è riuscito a placare, a causa degli evidenti limiti di una contrattazione di questa portata. Il doppio binario economico-normativo nelle trattative presenta questioni che le associazioni datoriali sono restie a dirimere.
Il malumore viene alimentato da alcune organizzazioni che, ad inizio contrattazione, millantavano di poter ottenere aumenti decisamente più sostanziosi, illudendo il personale e tralasciando volontariamente tutti gli elementi oggettivi che erano di ostacolo a soluzioni evidentemente troppo ottimistiche. Una discussione costruttiva necessita di onestà intellettuale e della competenza per poter leggere scelte, azioni e loro conseguenze nel medio e lungo termine. La polarizzazione delle posizioni e la logica delle tessere sposta il piano della discussione e la rende frivola, talvolta perfino becera.
Purtroppo non si può far finta di non vedere l’elefante nella stanza, che negli ultimi anni sta diventando fin troppo ingombrante e di cui si sente parlare troppo poco. Gli appalti ferroviari hanno normative diverse, create ad hoc per consentire alle aziende a cui vengono affidati i vari lotti di poter generare profitto nonostante gare costantemente al ribasso, con la colpevole complicità di un gruppo Fsi che non ha alcun interesse ad occuparsi dei suoi appalti.
In particolare, si sta notando una crescente tendenza a ricorrere a contratti part-time, per sostituire tutti quei lavoratori a tempo pieno che progressivamente vanno in pensione. Il vantaggio per le aziende è duplice: da una parte si riducono i costi del lavoro del personale, dall’altra si può usufruire del lavoro supplementare per sopperire alle mancanze di organico che queste scelte producono. Con il risultato che i lavoratori assunti a part-time, già principalmente in livelli di inquadramento più bassi, sono sotto ricatto economico delle aziende che “generosamente” offrono la possibilità di integrare lo stipendio ricorrendo allo straordinario.
La scelta più saggia appare quindi quella di intervenire sulle percentuali di utilizzo dei part-time, provando a ridurre il gap esistente tra la retribuzione del lavoro supplementare e quella dello straordinario, per arginare il più possibile questo fenomeno. Oltre ad aumentare il minimo retributivo bisogna lottare per il contratto a tempo pieno per tutte le persone disposte ad averlo, per renderlo davvero uno strumento di lotta all’inflazione.
Sfortunatamente nei precedenti rinnovi non ci si è occupati, come sindacato, di risolvere questo problema. Nel 2018 la legge ha innalzato la retribuzione del lavoro supplementare al 15%, tuttavia tale percentuale non è stata aggiornata rimanendo nel nostro Ccnl ancora al 10%. In questo rinnovo sono state aumentate del 5% le percentuali di utilizzo del lavoro parziale, acuendo un problema che minaccerà sempre più lavoratrici e lavoratori delle aziende che vi ricorrono. Questo rende particolarmente conveniente per le aziende il ricorso al lavoro a tempo parziale, e di conseguenza rende gli aumenti salariali pleonastici per retribuzioni già basse di chi non lavora a tempo pieno.
Si è tentato di ovviare alla carenza strutturale di contratti di secondo livello migliorativi fissando un valore del ticket per il pasto a 7 euro. Anche qui bisogna sottolineare sia l’importanza in sé dell’aumento (non particolarmente per l’entità quanto per la risoluzione di un problema che era sempre più sentito), che l’occasione persa di un valore superiore. Un valore di 8 euro sarebbe stato senz’altro più sensato, soprattutto se consideriamo la situazione degli appalti ferroviari.
Questo è un rinnovo che cambia la normativa, adattandola al meglio possibile per il personale di tutte le aziende coinvolte. Tuttavia è doveroso considerare che negli ultimi anni le persone si stanno sempre più allontanando dal sindacato, e che tale fenomeno non può e non deve essere scaricato su di loro, ma deve portarci a una riflessione critica di tutto il nostro sistema.
Nel complesso, con le considerazioni fin qui fatte, non è il rinnovo perfetto e nemmeno il migliore possibile, porta senz’altro dei benefici economici e dei riposi più godibili per tutto il gruppo Fsi, ricordando che, contestualmente al rinnovo nazionale, ci sarà anche il contratto aziendale.
Resta il rammarico per un comparto, quello degli appalti, che ne esce forse un po’ più ricco economicamente, ma sicuramente impoverito da quelle tutele che danno dignità ai dipendenti, tutele che non valgono 1,80 euro di aumento del buono pasto. Rimane il dubbio se, con un sacrificio di parte dell’aumento retributivo, sarebbe stato possibile lavorare maggiormente per combattere l’abuso del lavoro parziale.