Una bella storia operaia, di quelle che fanno pensare che il futuro non sia scritto. Perché Leandro Quattrone, colleghe e colleghi che lavorano nella grande catena di supermercati Lidl di Siracusa e Avola, hanno scioperato insieme, nonostante contratti da venti, venticinque ore, che rendono deboli e vulnerabili non solo sotto il profilo salariale, anche per quel che riguarda i diritti.

“Tutti vorrebbero lavorare un maggior numero di ore per guadagnare di più. Sono soldi che servono per arrivare a fine mese”, osserva senza infingimenti Quattrone. Ma i meccanismi dell’organizzazione del lavoro nel 2025, non solo nella grande distribuzione organizzata, sono a loro modo infernali. Perché di braccia c’è bisogno, ma quando si tratta di salario e diritti la gara è sempre al ribasso.

Eppure Lidl è un colosso del settore, stiamo parlando di una catena europea di supermercati di origine tedesca, che fa parte dello Schwarz Gruppe. Come hanno fatto ad avere successo? Prezzi bassi e qualità non disprezzabile, anche e soprattutto con i propri prodotti, quelli a marchio Lidl, nel solco di una strategia di mercato che ha fatto proseliti anche in Italia, da Coop a Esselunga. Le migliaia e migliaia di punti vendita nella vecchia Europa, anche fuori di essa, dimostrano che gli affari sono andati più che bene. Lidl vende principalmente generi alimentari, ma non può rinunciare al classico assortimento di un supermercato, dai prodotti per l’igiene personale a quelli per la casa, fino ad arrivare ai piccoli elettrodomestici e utensili per bricolage.

L’altra faccia della medaglia è rappresentata dalle condizioni materiali di chi in Lidl lavora. Di qui una vertenza che ha portato a una mobilitazione su scala nazionale, a cui addette e addetti siracusani hanno risposto non solo con una massiccia adesione, ma anche rilanciando su problemi più strettamente territoriali. “I sindacati contestano a Lidl di negare una giusta redistribuzione degli utili”, sintetizza il segretario provinciale della Filcams Cgil, Alessandro Vasquez. In Italia l’azienda ha infatti registrato un fatturato di oltre 7 miliardi di euro e un utile ante imposte di circa 1,3 miliardi negli ultimi cinque anni.

A fronte di questi numeri, le offerte aziendali – buoni spesa da 200 euro, poi aumentati a 300, e una tantum di 100 euro lordi – sono state giudicate irricevibili da Filcams, Fisascat e Uiltucs. Al centro della protesta non solo le questioni economiche, ma anche carichi di lavoro eccessivi, flessibilità esasperata, assenza di programmazione soprattutto per il personale part-time che costituisce circa il 75% della forza lavoro complessiva. “La partecipazione di Siracusa è un segnale forte – sottolinea il segretario Vasquez – I lavoratori non chiedono privilegi, ma dignità, certezze e una equità nei contratti con persone assunte da anni a 20 ore e neoassunti già a 25 ore settimanali”.

In Sicilia sono circa 1.300 addetti, in 65 punti vendita Lidl. Leandro Quattrone fa parte della rappresentanza sindacale aziendale per la Filcams Cgil e da sette anni lavora nel supermercato di via Elorina a Siracusa, lì dove sono state issate le bandiere della protesta. “I nostri part-time sono involontari – ricorda – Abbiamo quasi tutti contratti a venti ore settimanali, ma c’è chi arriva a 25 o 30. Questa situazione, va da sé, crea disparità. E anche competizione fra colleghi, che non dovrebbe mai esistere. A Siracusa – spiega – ai due negozi storici se ne è aggiunto un terzo. In quest’ultimo sono stati fatti subito contratti a 25 ore. Colleghe e colleghi degli altri negozi, che magari sono lì da quasi vent’anni ma restano inchiodati alle 20 ore settimanali non l’hanno presa bene, e si può capire”.

Quattrone ha 37 anni, e lavora in Lidl da quando ne aveva 30. “Avevo già esperienza nel settore e questo mi ha favorito. Perché per lo più la politica aziendale è quella di assumere giovanissimi. I pochi anziani che ci sono vorrebbero andare in pensione, ma con le leggi attuali è sempre più difficile”. Il sindacalista della Filcams è fiero di avere assolto al meglio al suo compito, sindacalizzando il punto vendita in cui lavora, anche se, come purtroppo succede in moltissime realtà produttive della penisola, chi fa sindacato è sempre visto con sospetto. “Pensano di creare un nuovo centro logistico – rivela – non possono farci credere alla favola per cui non ci sono soldi”.

Quando si parla di organizzazione del lavoro il re finisce per essere invariabilmente nudo, e non è mai un bello spettacolo. “I negozi sono aperti sette giorni su sette, festivi compresi. I punti vendita restano chiusi solo a Natale, Santo Stefano, Capodanno e il giorno di Pasqua. Non abbiamo un reparto particolare, facciamo tutto e di tutto, anche il pane, siamo addetti alla vendita, al negozio, alla cassa, ci occupiamo di mettere in ordine la merce, di controllarla, facciamo anche le pulizie. E siccome il tempo non basta e gli straordinari non esistono, se un giorno non riesci a finire, l’indomani devi preoccuparti anche di quello che è rimasto in sospeso. Non chiediamo la luna, ma almeno cinque ore in più. Sono necessarie e le meritiamo”.