Il 29 maggio scorso è stato presentato, a Roma, il XXI Rapporto Antigone sulle condizioni di detenzione nel nostro paese. I rapporti Antigone sono, da sempre, una preziosissima fonte di documentazione e informazione per tutti coloro che, a vario titolo, si occupano di carcere, ma anche per tutti coloro che hanno a cuore il tema dei diritti delle persone, comprese quelle che si trovano in misure limitative della libertà personale. E dovrebbe essere portato a conoscenza di tutti, a maggior ragione in tempi come questi, dove la narrazione dominante è improntata ad un giustizialismo sfrenato, a invocare pene sempre più severe ed afflittive.

Il Rapporto, anche quest’anno, fornisce un quadro impietoso e profondamente preoccupante delle condizioni in cui versano le carceri, in cui si trovano a vivere, o meglio, a cercare di sopravvivere, quando non decidono altrimenti, le persone ristrette. Ed in cui sono costretti a lavorare gli operatori, tutti.

Già il titolo del rapporto, “Senza respiro”, assume un significato particolare. E’ un titolo che non è una metafora: senza respiro sono le persone in carcere, per gli spazi in cui sono costrette a vivere, per la carenza di offerte formative, lavorative, per le limitazioni nei rapporti affettivi. I numeri, i dati del Rapporto lo dimostrano con evidenza. E non può non riportare alla mente quanto affermato dal sottosegretario Del Mastro, che gioisce nel sapere come vengano lasciati senza respiro coloro che stanno nei mezzi in dotazione delle forze dell’ordine, dietro vetri oscurati.

Antigone ha visitato 95 istituti penitenziari per adulti, e alcuni istituti minorili, in ogni regione del paese.

Al 30 aprile di quest’anno i detenuti erano 62.445, a fronte di una capienza regolamentare di 51.280 posti. I posti effettivamente disponibili sono però di meno, per inagibilità di tanti spazi, per cui il tasso reale di sovraffollamento è del 133%. Questo significa che sono circa 16mila le persone in più presenti negli istituti penitenziari.

Da quando questo governo si è insediato, la popolazione carceraria è cresciuta di oltre 5mila unità, e questo è dovuto al fatto che sono stati introdotti nuovi reati, senza minimamente intervenire con misure di prevenzione, rendendo reati anche comportamenti che non si configurano come tali. Di fatto sostituendo allo stato sociale lo stato penale. E’ significativo, infatti, che la maggior parte delle persone ristrette si trovi in carcere per reati minori, con pene brevi, che dovrebbero dare luogo a misure alternative. Il 51,2% dei detenuti con condanna definitiva ha pene da scontare inferiori a 3 anni, e oltre 1.370 persone sono in carcere per pene inferiori ad un anno.

Da sottolineare anche il dato della custodia cautelare: sono 9.475 le persone ristrette in attesa di giudizio e, secondo il Rapporto, nel 12% dei casi il detenuto non sarà condannato.

In più, per la prima volta nella storia del nostro paese, anche i minori ristretti negli Istituti Penali Minorili hanno raggiunto un record preoccupante: sono 611, una cifra mai raggiunta. Alla fine del 2022 erano 381. Come non pensare a cosa hanno significato, in questo senso, i decreti Caivano, Rave, visto che, e sono dati ufficiali del ministero dell’Interno, nel 2023 le segnalazioni a carico di minorenni sono diminuite del 4,15% rispetto al 2022.

Il carcere come discarica sociale, così è stato da molti definito, è descritto dai numeri: gli stranieri in carcere sono il 31,6%, e il 29% di questi è in custodia cautelare. I detenuti con problemi legati all’uso di sostanze sono circa il 33%.

Insieme a questi dati, emerge prepotente il dramma dei suicidi: 91 quelli documentati e certificati, con un tasso che è più del doppio della media europea.

Anche dal punto di vista del personale la situazione è drammatica: mancano 96 direttori, manca il 16% degli agenti previsti in pianta organica, gli educatori sono in media meno di uno ogni 64 detenuti.

Nel corso della presentazione, il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, ha sollecitato una alleanza istituzionale, fra tutti i soggetti che hanno a riferimento la nostra Costituzione, perché si costruiscano percorsi di informazione, mobilitazione, che provino a riportare il carcere nel dettato dell’articolo 27 della Costituzione, perché si riesca a ragionare di una giustizia giusta, che mai è rivalsa, mai è vendetta, pensando davvero a misure alternative, a provvedimenti deflattivi, a provvedimenti di clemenza e indulto.

Come si legge in premessa, il sistema penitenziario deve tornare a respirare, altrimenti rischia una pericolosissima implosione. Questo chiede anche alla nostra Confederazione un rinnovato impegno, a promozione e tutela dei diritti di tutte le persone, per una società più giusta e inclusiva, in grado di rispondere ai vecchi e ai nuovi bisogni, alle domande di giustizia che sempre più emergono con forza, nel solco della nostra Costituzione.

A questo link il rapporto completo: https://www.rapportoantigone.it/