
Migliaia di persone hanno detto “mai più” di fronte al genocidio dei palestinesi.
Il 15 giugno scorso si è svolta “Save Gaza: marcia nazionale da Marzabotto a Monte Sole”, iniziativa promossa dal Comitato regionale per le onoranze ai Caduti di Marzabotto, dal Comune, dall’Anpi e dall’Associazione familiari vittime eccidi di Marzabotto, dalla Scuola di Pace di Monte Sole, dall’Ucoii e da tutte le reti pacifiste nazionali (alle quali aderisce anche la Cgil).
L’orrore di Gaza sta smuovendo, con colpevole ritardo, anche quella parte di opinione pubblica che, quando ci si riferisce alle responsabilità di Israele nella violazione dei diritti umani e nelle violenze verso la popolazione civile palestinese, ha sempre trovato giustificazioni per il suo comportamento, paventando il rischio di antisemitismo. Un rischio che, nell’Europa della shoah e dei riemergenti fascismi, è tutt’altro che infondato ma che non c’entra niente con la denuncia della violazione sistematica dei diritti umani e del diritto internazionale, dei crimini di guerra compiuti da Israele nei decenni di occupazione del territorio palestinese, fino alla mattanza che si sta consumando oggi a Gaza e che solo per ipocrisia non si vuole chiamare genocidio di un intero popolo.
Le circa ottomila persone (numeri degli organizzatori) che hanno sfidato un caldo feroce e sono salite a Monte Sole, a occhio sono in prevalenza quelle che tradizionalmente e da molti anni si mobilitano per la pace e per i diritti del popolo palestinese. Ci sono anche molti giovani, ma molti di più sono quelli che si sono incontrati tante volte negli ultimi decenni in occasioni come questa. Parlando con Michele Bulgarelli (giovane) segretario della Camera del Lavoro di Bologna, abbiamo forte la percezione che la determinazione e la convinzione che anima i partecipanti alla marcia si accompagnino ad un sentimento di frustrazione e di impotenza, di fronte alla impermeabilità del potere politico in Italia ed in Europa alla domanda di giustizia e di pace che esprimono i movimenti pacifisti e tanta parte della società civile.
Più che un appello per la pace, e oltre la richiesta di fermare subito il massacro di civili inermi, la richiesta forte che si alza da Monte Sole, espressa nei tanti interventi dei protagonisti, è una richiesta di giustizia. Quella giustizia negata al popolo palestinese, ma anche la giustizia negata del diritto internazionale, violato impunemente da Israele e ormai ignorato dalla comunità internazionale.
Forse anche per questo (non solo per il caldo) non c’è il clima festoso di tante altre manifestazioni per la pace, troppo presente ed intenso il dolore delle famiglie massacrate a Gaza e la tragedia di tutte le vittime civili delle guerre in corso che ci viene presentato in diretta tv tutti i giorni.
A rendere più forte il legame di solidarietà e la consapevolezza dei partecipanti alla marcia c’è anche il fatto che l’iniziativa si svolge a Marzabotto, nei luoghi degli eccidi nazifascisti di Monte Sole, che videro in pochi giorni morire trucidati quasi 800 tra donne, bambini e anziani.
“Mai più”, urlarono le generazioni sopravvissute a quella tragedia. Anche per questo Monte Sole è il luogo più adatto dove ripetere oggi con forza quel “mai più”. Come viene detto nel manifesto di convocazione della marcia – concetti ripresi anche nell’intervento della sindaca di Marzabotto, Valentina Cuppi – dobbiamo gridare di nuovo oggi quel “mai più”.
Dobbiamo gridarlo “di fronte all’uccisione di migliaia di civili, che ripropongono gli orrori della guerra, dell’annientamento della dignità umana, della pulizia etnica, della deportazione, dello sterminio fino al genocidio, infine del razzismo e del suprematismo. La memoria – proprio della shoah – a questo deve servire: non a giustificare il silenzio di fronte al male che si ripresenta nella storia, ma ad essere di grande monito per non cessare di combatterlo. Quando avvennero le stragi a Monte Sole nessuno poteva immaginarsi cosa stesse succedendo. È precisa responsabilità, oggi che sappiamo, fare tutto quel che possiamo per fermare lo sterminio di una popolazione innocente, proprio come i civili inermi che abitavano a Monte sole ottanta anni fa”.