Unicoop Fucecchio, lavorare la domenica stanca - di Frida Nacinovich

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Te lo do io il mercato. A colpi di sconti, tre per due, fidelizzazioni dei clienti, che significano ribassi solo per chi ha la tessera di quel marchio della grande distribuzione. È una lotta senza esclusione di colpi quella fra le grandi catene agroalimentari (e non solo), che si disputano un bacino di cittadini-acquirenti sempre più vasto ma anche sempre più povero.

Diretta conseguenza di questa situazione è anche il tentativo, specialmente ad opera delle grandi multinazionali estere del settore, di essere più attraenti per i clienti riducendo i diritti di chi nei super, negli iper, nei megastore, ci lavora. E visto che le leggi oramai lo permettono, perché la grande sbornia delle deregulation è ben lungi dall’essere finita, i lavoratori e le lavoratrici del settore sono sempre più costretti a un’esistenza ‘stop-and-go’ tra aperture domenicali, notturne, festive, che si riflette invariabilmente sulla qualità della loro vita, di quella delle loro famiglie.

Nel regno di Unicoop Firenze - che comprende gran parte della Toscana, con la sola esclusione di alcune province della costa - c’è anche il grande punto vendita di Fucecchio, che conta ben 113 addetti. Una coop che ha fatto parlare di sé con articoli sui giornali e servizi sulle tv locali, sulla scia di una grande manifestazione al Centro commerciale di Empoli contro le aperture domenicali.

“Abbiamo organizzato una protesta proprio all’interno della galleria commerciale, con la Camera del lavoro di Empoli, la Filcams di Firenze, le Rsu Unicoop Firenze e dell’empolese Valdelsa, le aziende all’interno del centro”, racconta Federico Ciampalini. Il problema dei grandi centri commerciali è anche quello di vedere sotto lo stesso tetto addetti di aziende diverse, dal negozio x, al punto vendita y, al bar zeta. Con contratti diversi e diversi orari, diverse anche le scelte sul lavoro festivo. Bravi i direttori di orchestra ad accordare tanti suoni.

Delegato Filcams Cgil, eletto nella Rsu, Ciampalini si è sempre battuto conto le aperture indiscriminate nelle feste comandate, Natale, Pasqua, 25 Aprile, Primo Maggio. “Non hanno portato alcun posto di lavoro in più. Sono solo servite a introdurre deregolamentazioni e contratti individuali. Il tutto senza considerare il valore etico della nostra mobilitazione, a favore di un pezzo di vita serena in famiglia, che non va sacrificata sull’altare del consumismo spinto e dell’ipercapitalismo”.

In quindici anni, da quando Federico Ciampalini è stato assunto, ne è passata di acqua sotto i ponti. “I clienti sono sempre più esigenti, la concorrenza è aumentata, è venuta meno la fidelizzazione. Si cerca l’offerta più conveniente”. La crisi ha picchiato durissimo, gli italiani sono sempre più poveri. “All’inizio del secolo Unicoop Firenze era in piena espansione. Questi invece sono stati gli anni del ridimensionamento, della riconversione degli iper in negozi più piccoli. Fortunatamente siamo riusciti a non perdere posti di lavoro”.

Nonostante la crisi Unicoop Firenze ha mantenuto la posizione di mercato, non è stata travolta. “Non possiamo nasconderci che altre catene della grande distribuzione hanno deciso di dare in appalto interi reparti, con meccanismi di vendita che di conseguenza sono stati più convenienti e ci hanno messo in difficoltà. Non è un caso che l’azienda non voglia rinnovare il nostro contratto nazionale, quello della cooperazione. Aspettiamo da cinque anni e ancora non c’è luce in fondo al tunnel”.

In questo lasso di tempo ci sono stati scioperi, mobilitazioni, proteste. “Nel 2015 abbiamo manifestato il 7 novembre a Firenze, il 19 dicembre a Milano. Nel 2017, alla vigilia di Natale, il 22 dicembre, abbiamo scioperato ancora una volta per dare un segnale. L’associazione nazionale delle cooperative ha presentato una lista di richieste che per noi sono inaccettabili”. Inutile dire che aprire vertenze negli anni della crisi non è per niente facile, perché i pochi che il lavoro ce l’hanno hanno anche paura di perderlo. “Sono state fatte pressioni sui lavoratori, organizzate contro-assemblee, colloqui individuali, minacciate alcune Rsu, utilizzati lavoratori part-time per il giorno dello sciopero”.
Nell’universo della grande distribuzione ci sono lavori che mettono a dura prova gli addetti: ortofrutta, carni e pesce, gastronomia, si tratta di spostare carichi pesanti, entrare nelle celle frigorifere, stare vicino ai forni. Ci sono diverse tipologie di contratti: dal full time di 36 ore settimanali, al part-time di 30-24-20 ore (a 20 senza festivi e straordinari non arrivi a fine mese), anche contratti part-time weekend, 8 ore, soprattutto per gli studenti universitari. Una frammentazione sempre più accentuata, specchio di un mondo del lavoro alle prese con i problemi e i dilemmi della contemporaneità.

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