Gli effetti collaterali del “decreto sicurezza” - di Riccardo Chiari

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Di fronte all’arresto della capitana Carola Rackete della Sea Watch, per aver forzato un blocco navale approdando con 42 migranti al porto di Lampedusa, il giudizio di Massimo Cacciari ha le sue radici nella tragedia sofoclea di Antigone: “Ci sono delle leggi, è evidente che la conseguenza sia quella prevista dalle leggi. Ma questa del decreto sicurezza di Salvini è una legge ingiusta, ed è un onore, per le persone di coscienza, trasgredirla in quanto ingiusta: averla violata va a tutto onore di questa capitana, e a tutta vergogna di Salvini e dei suoi commilitoni”.

Il filosofo veneziano coglie nel segno, guardando ai più elementari diritti umani difesi dalla capitana Rackete. Ma il decreto sicurezza interroga anche il sindacato. Viene ad esempio reintrodotto il reato di blocco stradale, che era stato depenalizzato nel 1999, nei confronti di chiunque blocchi, ostruisca o ingombri la circolazione. Una norma giustificata dal governo con la necessità di fronteggiare gli episodi che compromettono la sicurezza dei trasporti e la libera circolazione. Ma che per molti giuristi è invece finalizzata a punire con l’arresto chi si riunisce in strada per manifestare, o “picchetta” fuori le fabbriche, le scuole o le istituzioni.

Sul periodico “Diritto penale contemporaneo”, gli operatori del settore rilevano il dato di fatto e tirano le somme: “Proprio mentre le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza sovranazionale cercano di orientare gli Stati verso una maggiore mitezza nel calibrare le risposte sanzionatorie alle manifestazioni di dissenso, persino quando si tratti di iniziative non formalmente autorizzate, il legislatore italiano imbocca la strada di senso contrario, imprimendo un giro di vite dal retrogusto autoritario che non riesce a svincolarsi dalla vetusta idea della somministrazione di più pena carceraria come soluzione dei conflitti sociali”.

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