Piemonte, il centralino della sanità è rovente - di Frida Nacinovich

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Una telefonata salva la vita, o quantomeno la allunga. La cultissima pubblicità della vecchia Sip oggi Telecom, con Massimo Lopez davanti al plotone di esecuzione, fotografa come meglio non si potrebbe l’oscuro ma essenziale lavoro dei Cup - acronimo per centro unificato di prenotazione. Sono le operatrici e gli operatori che rispondono al telefono quando in famiglia c’è bisogno di fissare una visita da un medico specialista, un esame diagnostico, insomma tutto quanto è utile per la prevenzione dalle malattie, e dirti come e quando cercherai di risolvere il tuo problema.

Luigi Romeo lavora per il servizio di prenotazione Sovra-Cup Piemonte, che una volta era interno all’organizzazione dell’azienda sanitaria locale, ma che poi è stato appaltato. Una dinamica abituale, nelle pieghe dei tagli al Servizio sanitario nazionale, tali ormai da rendere ‘spezzettato’ il settore. “Faccio questo lavoro da tredici anni - racconta Romeo - per i primi quattro sono stato ‘interno’ all’azienda, nel 2010 fu presa la decisione di fare l’outsourcing del servizio. Da allora, quasi inutile dirlo, sono cambiate molte cose”. Un effetto diretto della sempre più marcata aziendalizzazione della sanità italiana, con tutti i problemi che ne sono conseguiti.

Una delle istantanee dei lavoratori del Cup piemontese, scattata all’inizio dell’anno, li ritrae davanti all’assessorato regionale alla Sanità, con bandiere e fischietti. Ritardi nel pagamento dello stipendio da parte della società Diamante, che aveva l’appalto del servizio. “La situazione è esplosa a fine gennaio - precisa Romeo - quando abbiamo saputo che la Diamante aveva aperto la procedura fallimentare. Telecom, capofila dell’appalto, aveva deciso di affidare l’incarico a una nuova società, ma nel frattempo ci è stato detto che non sarebbero stati pagati gli ultimi stipendi, il trattamento di fine rapporto, le ferie e i permessi accumulati”. Tradotto in vile denaro, si tratta di oltre 2.000 euro a testa, più il Tfr.

In questa brutta storia sono coinvolte 67 persone, una cinquantina a Torino, le altre a Novara, quasi tutte donne. “Abbiamo chiesto un incontro con Telecom e la Regione come garante, almeno per recuperare il trattamento di fine rapporto. Abbiamo la necessità di tutelare un servizio pubblico importante come il nostro - dice ancora Romeo - visto che le prenotazioni telefoniche che facciamo e le mail che inviamo servono anche ad accorciare le liste d’attesa della sanità regionale”.

Il Sovra-Cup piemontese è in funzione dal lunedì alla domenica, ogni giorno della settimana, dalle otto alle venti. Orari sostenutissimi. “Siamo il primo Cup italiano a lavorare anche la domenica. La Diamante aveva partecipato al bando estendendo il servizio al giorno festivo, proprio per assicurarsi un maggior punteggio ed aggiudicarsi la gara”. Fra i sessantasette addetti di Torino e Novara ci sono solo quattro uomini, le altre sono donne. “Una particolarità”, sottolinea Romeo, delegato sindacale sotto le bandiere della Filcams Cgil. “Si tratta di un lavoro di responsabilità - spiega - parli al telefono con cittadini comprensibilmente sotto stress. Devi capire la maggior o minor urgenza del caso, essere pronto a registrare le rinunce per inserire al loro posto qualcuno che necessita della stessa prestazione. Spesso le liste di attesa sono lunghe, non è facile spiegarlo all’interlocutore”. Si tratta insomma di comporre le tessere di un grande mosaico, con attenzione e delicatezza.

Il Cup non è il classico call center. “Tredici anni fa, quando ho iniziato, era un lavoro diverso, di ben altro tipo. Venivamo assunti direttamente dalle Asl, avevamo il contratto della funzione pubblica. Eravamo ‘interni’ all’azienda. Problemi come quelli che stiamo vivendo oggi erano inimmaginabili”. Romeo riflette amaramente sul mondo delle esternalizzazioni e degli appalti. “Il gestore di turno guadagna sul numero delle telefonate. Più chiamate prendiamo, più aumentano gli incassi. Siamo per così dire sollecitati a stare al telefono lo stretto necessario”. Ma gli affari non guardano in faccia nessuno.

Gli addetti del Sovra-Cup piemontese lavorano su turni, come in ogni call center. “È stato mercificato un lavoro da impiegato amministrativo. La produttività, ossia il numero di telefonate ricevute, è diventato il principale parametro per valutare il lavoro, senza guardare al grado di soddisfazione degli utenti, senza tener conto della delicatezza del servizio”. Per fortuna la clausola sociale ha permesso alle lavoratrici e ai lavoratori di essere inquadrati nella nuova società E-digital. “Ma dobbiamo ancora recuperare i nostri soldi”. L’età media degli addetti è fra i quaranta e i cinquant’anni, non è difficile capire come gli stipendi non pagati pesino sui bilanci familiari. Non è un bel biglietto da visita, per il centralino della sanità pubblica.

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