Pizzinato: “Nazisti e comunisti sullo stesso piano? Sbagliato e fuorviante. Contro la storia” - di Frida Nacinovich

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I più giovani forse non lo conoscono, ma Antonio Pizzinato, ottantasette anni ben portati, può entrare a buon diritto nell’album dei protagonisti della storia democratica del paese. Apprendista metalmeccanico nelle officine Borletti a quindici anni, iscritto alla Cgil e al Pci, dirigente della Fiom di Sesto San Giovanni e di Milano, segretario generale della Camera del lavoro milanese e poi dell’intera confederazione. Ancora, parlamentare a più riprese nelle file del Pds-Ds, con ruoli di governo, è stato presidente dell’Anpi della Lombardia. Con voce squillante, quando gli si chiede di commentare la risoluzione dell’europarlamento che equipara il comunismo al nazismo, risponde senza esitazione: “Un fatto grave”.

Pizzinato, come è potuta succedere una cosa del genere? Quale dio ha travolto la mente degli europarlamentari?
“Il fatto più grave è che questa risoluzione sia stata approvata, con il voto di deputati che sono lì da poco più di un anno. L’Europa dovrebbe costruire la sua identità e la sua unità sulla base di valori condivisi, uno di questi è il rispetto della memoria storica. Battendosi contro il nazismo, sono state create le condizioni per allontanare la follia della guerra dal vecchio continente dopo secoli e secoli di conflitti sanguinosi. Tutti i protagonisti della seconda guerra mondiale, quelli che si batterono contro il nazifascismo, hanno contribuito a salvare l’Europa. Senza i trenta milioni di morti dell’Unione sovietica, senza il loro sacrificio contro le armate hitleriane non avremo potuto costruire un’Europa democratica”.

Il sogno europeo, dopo la Seconda guerra mondiale, non era certo nato su queste basi.
“Già durante il conflitto mondiale due antifascisti come Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, mandati al confino per la loro opposizione alla dittatura, scrissero il manifesto di Ventotene, che aveva come sottotitolo ‘per un’Europa libera e unita’. In quell’isola erano state confinate ottocento persone, cinquecento di loro classificati come comunisti”.

E non per caso, quando nel 1979 ci furono le prime elezioni europee, Altiero Spinelli era capolista, pur da indipendente, del Pci.
“È l’ennesima dimostrazione che si tratta di una risoluzione completamente sbagliata, votata senza un dibattito parlamentare dal quale sarebbe potuta facilmente emergere la falsità dell’equiparazione tra nazifascismo e comunismo. Nel nostro paese, ma anche nel resto del continente, soprattutto nelle nazioni dell’est, hanno preso piede atteggiamenti xenofobi, non di rado apertamente razzisti. In questo quadro l’Europa dovrebbe non soltanto reagire ma anche evitare scelte, come la risoluzione, che mettano in discussione la storia e i valori su cui si fonda la comunità continentale”.

Domanda tendenziosa: di fronte all’enormità di quanto accaduto, alcuni parlamentari hanno fatto marcia indietro. C’è chi come Massimiliano Smeriglio si è rifiutato di votare la risoluzione, chi come Piero Bartolo, medico di Lampedusa, ha detto di aver sbagliato. Lo stesso Davide Sassoli, presidente del parlamento, ha definito quello che è successo “un’operazione pericolosa”. Lacrime di coccodrillo?
“Lo ripeto, il voto è stato un fatto grave. E altrettanto grave è stata la mancanza di un’articolata discussione fra forze che si dicono democratiche. Siamo di fronte a un arretramento storico e culturale, e questo proprio in una fase in cui i valori della nostra Costituzione dovrebbero essere la bussola di ogni atto politico”.

Certo nel nostro paese è da trent’anni e passa che si è aperta una sorta di ‘caccia al comunista’. Cominciò Craxi, ha continuato Berlusconi, hanno finito per collaborare perfino ex iscritti al Pci, addirittura ex dirigenti del Partito comunista italiano.
“Guardiamo alla storia: noi comunisti siamo stati protagonisti della lotta antifascista e abbiamo contribuito allo sviluppo della democrazia. Siamo sicuri che senza la Resistenza, per altro non solo dei comunisti, non solo italiana, il nostro paese sarebbe diventato una Repubblica democratica e parlamentare, con una Costituzione come quella del 1948, ancora oggi considerata all’avanguardia?”.

Un’ultima domanda. Specialmente le giovani generazioni, di fronte a questa risoluzione, rischiano di essere fuorviate, assumendo come verità storica una fake news. Che fare?
“È necessario aprire una nuova stagione, a partire dalle nostre istituzioni, dal parlamento e dai consigli regionali. E poi dalle scuole, nei luoghi di lavoro. Perché la democrazia sia cosa viva, vissuta ogni giorno, è necessario ripartire dalla verità storica. Come quella di una guerra di Liberazione dal nazifascismo costata all’Europa e alla Russia in particolare milioni e milioni di morti. L’Anpi ha subito preso posizione denunciando la risoluzione”.

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