La nuova “acqua granda” a Venezia - di Paolo Righetti

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La devastante alluvione di novembre non ci parla solo della fragilità e della salvaguardia di Venezia e della sua Laguna. Per altezza e durata l’alta marea verificatasi è stata senz’altro un evento straordinario. Ma non è straordinario l’incremento della frequenza e dell’impatto delle alte maree nella città. Così come non è straordinaria la frequenza sempre più ravvicinata in questi ultimi anni di fenomeni atmosferici estremi nel Veneto, dall’uragano Vaia, che ha colpito un anno fa le nostre montagne, alle ripetute alluvioni in diverse zone del territorio regionale, alla continua erosione delle coste.

Alla faccia dei negazionisti stiamo toccando con mano, qui e subito, gli effetti del surriscaldamento globale e delle emergenze climatiche. Si rivela in modo sempre più evidente la necessità urgente di un cambiamento complessivo del modello di sviluppo; così come è stata rilanciata con forza dallo straordinario movimento dei giovani, di Fridays For Future. Ed è sempre più urgente ridare priorità alla tutela e alla salvaguardia dell’ambiente e del territorio, superando la logica dell’emergenzialità, programmando e finanziando adeguatamente i necessari interventi strutturali e di prevenzione continua, superando la pratica delle Grandi opere senza valutarne l’utilità, l’efficacia e la sostenibilità economica e ambientale.

Gli effetti e i danni derivanti dagli eventi atmosferici sono fortemente accentuati dalla cementificazione, dall’abusivismo edilizio, dalla mancanza di infrastrutture adeguate, dall’abbandono della manutenzione straordinaria e ordinaria del territorio, dall’inefficacia dei sistemi di salvaguardia idrogeologica. E tutto questo riguarda pienamente anche quanto accaduto a Venezia.

Ci si sta interrogando se i danni sarebbero stati più contenuti se il Mose fosse già stato in funzione, su quanto tempo ci vorrà per completarlo e se funzionerà veramente. L’opera rischia di costare 100-200 milioni all’anno di continua manutenzione, e di essere inadeguata rispetto a tutte le convergenti previsioni sul rapido e progressivo innalzamento del livello del mare. Comunque dovrebbe essere attivata molto frequentemente: con quali conseguenze sull’accesso e la navigabilità in Laguna e sul sistema portuale?

Ci si interroga troppo poco su alternative possibili e praticabili in tempi congrui. Si parla troppo poco di una delle cause principali: gli effetti negativi accumulatisi negli anni sul sistema lagunare derivanti dallo scavo di grandi canali, dalla loro profondità, dal continuo passaggio delle grandi navi, dalla mancata pulizia e manutenzione dei canali e delle “bricole”. Anzi si propone di scavarne di nuovi.

Tutto questo coinvolge le responsabilità politiche delle diverse amministrazioni pubbliche e soprattutto di una giunta regionale che continua a chiamarsi fuori, a scaricare le colpe sugli altri livelli istituzionali, a nascondersi dietro l’alibi della mancanza di maggiore autonomia. Invece è stata pienamente coinvolta nelle vicende giudiziarie del Consorzio Venezia Nuova e nelle relative corruzioni e ruberie nella gestione del Mose, ed è totalmente responsabile della mancanza di manutenzione della Laguna. Per non parlare delle gravi condizioni ambientali di tutto il territorio veneto: pessima qualità dell’aria, elevatissimo consumo di suolo, inquinamento da attività produttive altamente nocive, di cui la vicenda Pfas è solo la più recente punta dell’iceberg.

La Cgil, a tutti i livelli, ha assunto da tempo come priorità strategica la sostenibilità economica, sociale e ambientale. Sta rivendicando e sollecitando un governo integrato delle trasformazioni necessarie e delle fasi di transizione delle riconversioni produttive e dell’innovazione tecnologica: centralità del ruolo pubblico nella programmazione e nell’attivazione di nuove attività e nuove opportunità di lavoro, negli strumenti di incentivazione e disincentivazione, nei percorsi di formazione e riconversione professionale, nei necessari ammortizzatori sociali.

Questa complessità calza a pennello per Venezia, dove la Cgil propone da anni un percorso che individui le soluzioni e gli interventi sulle infrastrutture difensive della Laguna, sulle modalità di accesso e di trasporto, sulla gestione della domanda e dell’offerta turistica e sull’innovazione del distretto manifatturiero, più utili ed efficaci a tenere insieme la salvaguardia dell’ecosistema con le prospettive del tessuto industriale, logistico e commerciale e con le tutele occupazionali.

Se è oggettivamente difficile coniugare tutte queste tutele, è necessario pensare a soluzioni e modalità diverse e nuove per perseguirle, prima che siano frequenza e intensità dei fenomeni meteorologici estremi a renderle impossibili. Alcune priorità sono incompatibili con altre, e serve uno sguardo più lungo e più coraggio anche da parte nostra, per essere protagonisti dei necessari percorsi di cambiamento e sostenibilità.

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