Agroindustria veneta: ricchezza a scapito di ambiente e lavoro - di Mariapia Mazzasette

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Il 2019 è stato l’anno dei Fridays For Future, che mobilitando centinaia di migliaia di giovani e ragazzi in tutto il pianeta hanno imposto il tema del cambiamento climatico, e chiesto con forza provvedimenti conseguenti alla gravità del problema. La politica non ha potuto ignorarli e ha cercato di dare qualche timida e parziale risposta. Questo senso hanno sicuramente alcuni provvedimenti della legge di stabilità, ma soprattutto il Green Deal della Commissione europea. Eppure servirebbe un deciso cambio di rotta, soprattutto nel modo di produrre.

In Veneto vi è una importante produzione agricola, e collegate lavorazioni di prodotti agricoli importanti, sia in termini quantitativi, che qualitativi (vino e ortofrutta). La questione ambientale è strettamente connessa all’economia regionale. La produzione agricola lorda in Veneto è pari a 6,1 miliardi di euro all’anno (media 2016-2018), l’11% della produzione nazionale. Genera un valore aggiunto di 3 miliardi di euro e si colloca al 4° posto tra le regioni italiane (9,1% del valore aggiunto nazionale). Il tasso di crescita in questo settore negli ultimi anni è di circa l’1,5%, superiore a quello dell’economia veneta nel suo insieme, che è dell’1,1%.

Il Veneto si caratterizza come sistema di trasformazione con una forte specializzazione nell’esportazione di prodotti alimentari a più alto valore aggiunto. L’industria alimentare rappresenta l’8,3% del totale manifatturiero, con una crescita tendenziale nell’ultimo quadriennio superiore al 3% annuo. Verona è la prima provincia italiana per export di ortofrutta e vino, seconda per export di prodotti alimentari. Il valore delle esportazioni di prodotti di colture agricole è di 536,5 milioni di euro, l’export di prodotti alimentari è pari a 1.518,3 milioni di euro, mentre per le bevande (quasi esclusivamente vino) raggiunge la quota di 984,4 milioni di euro.

Questi i dati economici di una regione ricca e laboriosa. Ma il Veneto è la regione che in Italia nel 2018 ha consumato la maggiore quantità di suolo: 923 ettari dei complessivi 4.821 consumati in Italia. La provincia di Verona, nella regione, ha il più alto consumo di suolo (243 ettari), in Italia è seconda solo a Roma. Ancora, il Veneto è la regione con il più grave inquinamento da Pfas (sostanze perfluoro alchiliche) mai conosciuto, un inquinamento delle falde acquifere, che tocca pesantemente le province di Vicenza, Verona e Padova. La sparizione delle piccole aziende con sistemi di produzione più tradizionali e la presenza di aziende sempre più grandi con produzioni di tipo intensivo comportano tra le altre cose un massiccio uso di prodotti chimici (pesticidi e fertilizzanti), che a loro volta producono un forte inquinamento.

Di fronte a tutto questo vi è stata in questi anni da parte della Regione una forte minimizzazione – se non addirittura negazione – del tema degli inquinamenti. Si nega l’emergenza ambientale, così come si nega nei fatti l’emergenza climatica.

L’intervento regionale si è sempre basato sulla distribuzione di incentivi a vario titolo, che finiscono prevalentemente a favore delle grandi aziende agricole e risarcimenti a fronte di calamità naturali, le sempre più frequenti alluvioni, trombe d’aria, grandinate eccezionali, fino ad arrivare alla disastrosa tempesta Vaia del 2018. Anche in questo caso la Regione ha scelto la gestione dell’emergenza appaltando in fretta e furia i lavori di ripristino e rimozione degli alberi abbattuti, senza un vero progetto di reale ripristino ambientale.

Il territorio genera ricchezza, ma lo sfruttamento delle colture intensive ne provoca l’impoverimento. Le stesse attività che producono grandi volumi d’affari si basano su di un lavoro povero, precario, sempre più sfruttato. I lavoratori agricoli in Veneto sono per oltre l’80% lavoratori stagionali (a tempo determinato), si utilizzano i lavoratori stranieri per pagarli meno e farli lavorare di più. Sono sempre più frequenti situazioni di vero e proprio sfruttamento, e iniziano a comparire fenomeni di caporalato.

Affrontare questi temi non è più rinviabile. Tutti parlano di Green New Deal, ma nella migliore delle ipotesi si pensa a qualche intervento spot. È necessaria una vera e propria riconversione ecologica, a partire da come e cosa si produce, anche e soprattutto in agricoltura.

In Veneto è urgente pretendere innanzitutto il riconoscimento dei grandi inquinamenti che affliggono il nostro territorio, a partire dai Pfas, e affrontare immediatamente la bonifica ambientale. Sono necessari interventi legislativi regionali che, partendo dalla reale tutela dell’ambiente, sostengano e incentivino le produzioni “alternative” alla coltura intensiva, che spesso sono anche produzioni di qualità. E non ci può essere produzione di qualità, rispettosa dell’ambiente, senza vi sia anche rispetto del lavoro e delle persone che lavorano.

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