#StopEuMercosur - di Monica Di Sisto

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Ci sono 8,7 milioni di tonnellate di gas climalteranti in più l’anno rispetto ai livelli di emissione pre-Covid, e solo con le maggiori importazioni di manzo, formaggio, etanolo (da canna da zucchero), latte artificiale, pollame, riso, latte scremato in polvere e zucchero, che danneggeranno i produttori italiani già messi a dura prova dai cambiamenti climatici e dalla pandemia. Un “via libera” di fatto all’agrobusiness argentino e brasiliano, e al governo Bolsonaro che lo sostiene, consentendogli di espandere piantagioni e allevamenti, disboscando la foresta amazzonica al ritmo di 490 campi di calcio al giorno. Un pericolo non solo per la nostra salute e per l’ambiente, ma per indigeni, donne, contadini e attivisti che subiscono agguati e attentati sempre più gravi e numerosi, perché difendono le loro terre e le risorse naturali.

Queste sono solo alcune delle buone ragioni per le quali, con il nuovo report di Stop Ttip Italia “Pianeta Svenduto” (https://stop-ttip-italia.net/2020/06/28/#stopeumercosur:-non-svendiamo-il-pianeta-e-la-nostra-salute) e una lettera firmata da 265 organizzazioni europee e latinoamericane, tra cui Cgil, è partita la Campagna #StopEuMercosur. Per fermare uno dei trattati di liberalizzazione commerciale più tossici mai formulati, negoziato dall’Ue con i Paesi del mercato comune sudamericano (Mercosur): Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay. Le emissioni legate al commercio di questi prodotti tra l’Ue e il Mercosur (25,5 milioni di tonnellate), cresceranno nel complesso del 34%. L’espansione delle produzioni intensive nell’area amazzonica è strettamente connessa alla deforestazione, che nel solo 2019 con la presidenza Bolsonaro è aumentata del 54%.

Parliamo di prodotti che, come denunciano le organizzazioni del settore, Coldiretti e Cia, e i sindacati come Flai Cgil, potranno entrare nel mercato europeo a prezzi così bassi da colpire duramente gli operatori italiani, già danneggiati dalla pandemia. Il manzo refrigerato e il pollame dal Brasile si sono classificati, per i casi di escherichia coli-shigatoxin, nella top ten 2018 Coldiretti dei cibi più pericolosi. Sempre in Brasile sono stati approvati 211 pesticidi, molti dei quali vietati in Europa, che l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare ha rintracciato negli sporadici controlli a campione condotti su container da lì provenienti.

C’è poi la competizione con le eccellenze italiane: su un totale di 297 prodotti agroalimentari e 523 vini protetti da indicazione geografica dall’Ue, l’accordo ne tutela dalla concorrenza sleale meno del 7% (57 tra alimentari e bevande), che dovranno in molti casi convivere per sempre con le “brutte copie” sui mercati sudamericani, come Fontina, Parmesan, Parmesano, Parmesao, Reggianito e Grana. Intanto con il Covid l’export italiano di beni è crollato di un ulteriore 34,5% in aprile, (-16,3% a marzo), la caduta è diffusa ai principali mercati, e gli ordini esteri indicano una risalita da maggio, ma su livelli molto bassi.

Ci vuole il coraggio di cominciare a invertire le priorità del modello di sviluppo del nostro Paese, con una moratoria degli accordi commerciali in essere e in fase negoziale. In termini assoluti di valore solo il Brasile entra tra i primi trenta destinatari dell’export italiano, ed è appena 26esimo con 3.964 milioni di euro di valore dell’export nel 2019, lo 0,8% dell’export globale italiano. Per quanto riguarda l’import, il Brasile è solo 29esimo con 3.151 milioni di euro nel 2019, lo 0,7% dell’import globale italiano. A fronte di questo valore non determinante, ci sono le preoccupazioni per l’impatto di questi nuovi flussi commerciali sul mercato europeo soprattutto dei prodotti agricoli, e di conseguenza sui livelli e sulle garanzie occupazionali. Le anticipazioni Istat dei dati dell’export verso i paesi Mercosur del mese di maggio sono negative, con un calo del 51,7% su base annua e un calo del 14,1% delle importazioni. Esporre il mercato europeo e italiano a un impatto concorrenziale disastroso già in fase pre-crisi sul settore agroalimentare non è una scelta ragionevole.

Al governo italiano, al premier Conte e al ministro Di Maio chiediamo un cambio di paradigma nell’intero comparto industriale e commerciale, su cui riflette anche Confindustria, che ci conduca verso una minore dipendenza dalle esportazioni e che dimostri una maggiore resilienza agli shock esterni. Le organizzazioni del comparto agricolo e i sindacati hanno chiesto già prima del Covid di non esporre con questo trattato il mercato europeo e italiano a un impatto concorrenziale disastroso sul settore agroalimentare, e proteggere la nostra salute da una riduzione esponenziale dei controlli sui prodotti importati. Come già proposto dai giovani dei Fridays for Future nella campagna “Ritorno al futuro” (https://ritornoalfuturo.org/le-proposte/) e da larga parte della società civile italiana, chiediamo loro di sostenere una moratoria e un ripensamento degli accordi commerciali in essere e in fase negoziale, come già dichiarato, ad esempio, dai governi di Francia e Olanda.

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