Come una pulce bagnata. La grande truffa della sanità calabrese - di Pierluigi Pedretti

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Santo Gioffrè, “Ho visto. La grande truffa della sanità calabrese”, pagine 62, Castelvecchi, euro 6,90  

Se è vero che il Covid sta scoperchiando il peggio (e speriamo al più presto anche il meglio) del nostro Paese, la lettura del piccolo ma denso libro di Santo Gioffrè è imprescindibile per tutti coloro che hanno a cuore la sorte non solo della Calabria ma dell’intera Italia. Eh sì, perché proprio l’estrema regione meridionale rappresenta il sintomo del malessere della comunità nazionale. Se c’è qualcosa che non funziona basta guardare alla Calabria, e tutto balza agli occhi immediatamente.

Disoccupazione, corruzione, burocrazia incapace, criminalità pervasiva, (in)giustizia e scarso rispetto delle regole… . Insomma una tragedia, in cui la questione sanitaria riveste la parte della protagonista. Il 70% del bilancio regionale è assorbito dalla sanità eppure la Calabria, da oltre un decennio commissariata, non riesce a curare efficientemente i suoi abitanti, figurarsi a prevenire o rimediare ai danni del Covid 19.

Ci voleva un virus per far emergere finalmente la testimonianza di Santo Gioffrè, fino ad ora praticamente inascoltato. Medico, in passato consigliere comunale e assessore provinciale per la sinistra, ma anche scrittore: tra i suoi romanzi, “L’opera degli ulivi” (Castelvecchi) e “Artemisia Sanchez” (Mondadori), da cui la Rai ha tratto una fiction di grande successo.

Quella di Gioffrè non è solo la denuncia di una delle più grandi truffe mai perpetrate in Italia, ma è anche una coinvolgente narrazione del male che alligna in Calabria. L’incipit è letteratura pura: “Il cuore di Roma era calpestato. Quell’uomo che sarebbe arrivato aveva un piede pesante, forse più delle migliaia che ripetutamente passano sui sampietrini. Non sapevo chi fosse (…) ‘Leggo, in questi giorni, un continuo vostro lamento per il fatto che vi hanno cacciato dall’Asp di Reggio Calabria … di una vostra voglia di lottare e denunciare che siete stato sollevato proprio mentre stavate per scoprire tante malefatte nell’Asp … lasciate stare … godetevi la vita. E’ andata così e, invece di rovinarvi il fegato, baciate ogni giorno la terra che vi sorregge senza scomodare i santi, visto che voi siete un non credente’. Fece un pausa, poi continuò, di getto: ‘Il vostro destino, dopo le cose che avete scoperto a Reggio, non era quello di starvene qui ora e neanche altrove’”.

Nel 2015 Gioffrè viene nominato commissario straordinario dell’Azienda sanitaria di Reggio Calabria dall’allora presidente Mario Oliverio (Pd): accetta con molte titubanze, sa cosa rischia, ma non avrebbe mai pensato di trovare un abisso di debiti non contabilizzati, e un verminaio di intrecci affaristici attorno a cui ruotavano ‘ndrangheta, medici e massoni. Per sei mesi, resistendo a indicibili pressioni, fa tremare l’organizzazione responsabile della voragine nei conti, prima di essere destituito dall’Autorità anticorruzione guidata allora da Raffaele Cantone che, in base ad una norma della legge Severino, mai applicata prima per casi analoghi, prevedeva l’impossibilità di nominare colui che è stato candidato alle elezioni.

Dove si nascondeva in verità il bubbone? Nelle “fatture eterne”, come le chiama l’autore, causate da omissioni contabili, da registri incompleti, da atti non impugnati; il male risiede, insomma, nella tecnica con cui si liquidavano le stesse fatture più volte. Come è stato possibile? Perché non esisteva alcuna contabilità, anzi una c’era: quella “orale”.

I responsabili di tutto questo erano i titolari di aziende e strutture private, banche, commercialisti, faccendieri vari, burocrati inerti o consenzienti, politici conniventi, governo assente. Caso emblematico è quello di Villa Aurora, su cui aprì gli occhi al novello commissario l’avvocato Paolo Gangemi, che era stato direttore generale dell’Asp di Cosenza nonché legale della clinica in questione. Un giorno gli si presentò per spiegargli cosa accadeva in quella struttura privata: “Con tono sempre pacato mi annunciava che Villa Aurora (passata da poco di proprietà, ndr.) già nel 2009 aveva ricevuto quelle stesse somme (6 milioni di euro, ndr), attivando decreti ingiuntivi, per quelle stesse fatture che ora erano nuovamente oggetto di transizione. Mi raccontava, insomma, di una ulteriore colossale truffa ai danni dell’Asp, e una notizia di reato gravissima”. La morte prematura per cause naturali dell’avvocato, e la destituzione da commissario dell’Asp di Reggio Calabria, non permisero all’autore il prosieguo dell’azione amministrativa e legale.

 

E’ un libro necessario e pessimista questo di Gioffrè, perché spiega l’impossibilità per la Calabria di rientrare dai debiti, fa capire l’emigrazione sanitaria e la distruzione della sanità pubblica a vantaggio di quella privata, anche nel silenzio, purtroppo, di molti cittadini calabresi, che hanno accettato, pur subendolo, lo stato delle cose. Se non curiamo la Calabria, l’intero corpo Italia muore.

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