Un nuovo spazio per Syriza - di Vittorio Bonanni

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Che sta facendo Syriza, il principale partito della sinistra greca, che negli anni scorsi tante speranze ha suscitato in Grecia e in Europa? E come sta agendo nel contesto drammatico della pandemia provocata dal Covid-19, gestita dal partito di destra Nea Demokratia?

Torniamo indietro per ricordare come è nata questa esperienza unica nel panorama della sinistra europea, che, all’inizio, è riuscita a mettere insieme diverse realtà come i comunisti del Koe, il gruppo ambientalista ‘Intervento ecologico’ e il Movimento Sociale Democratico e, successivamente, il gruppo trozkista Xekinima. Dopo l’incoraggiante risultato del 2009, con un inaspettato 4,6% alle europee e il 4,6% alle elezioni parlamentari, l’ascesa di Syriza non si ferma più. Nella consultazione elettorale del maggio 2012, capeggiata da Alexis Tsipras, già dirigente del Synaspismos, diventa il secondo partito dopo Nea Demokratia e il primo della sinistra greca, superando il vecchio partito socialista Pasok.

Dopo un tormentato periodo istituzionale, durante il quale non si riesce a formare un nuovo governo, nel giugno 2012, con Syriza trasformato definitivamente in un partito superando l’assetto della coalizione, si torna al voto e il partito si conferma seconda forza politica del Paese. Nel settembre del 2012 Tsipras fa un importante discorso alla nazione, una dichiarazione di guerra all’Europa dei banchieri: “Bisogna dire la verità non solo ai cittadini greci ma a tutti gli europei: le misure di austerità non funzionano. La popolazione greca ha sopportato delle prove durissime senza che in due anni e mezzo la crisi sia stata risolta, e questo è servito solo a salvare le banche”.

Dopo il successo del 2012 gli effetti di questa politica si vedono nel 2014 e nel 2015, quando Syriza vince sia le elezioni europee, con oltre il 26% dei consensi, che quelle nazionali con oltre il 36%. Per la Grecia, stanca dei diktat europei, si apre dunque un periodo pieno di speranze ma anche denso di incognite. Scontento della trattativa con l’Unione europea, Tsipras indice un referendum contro le richieste di austerità. La vittoria dei No è netta, oltre il 61%, ma Tsipras è comunque costretto ad accettare, tra l’altro, un aumento delle tasse e l’allungamento dell’età pensionabile.

Syriza subisce così una scissione a sinistra capeggiata dall’ex ministro delle Finanze, Gianis Varoufakis. Malgrado ciò, nel voto anticipato del 2015, si conferma la forza più importante del Paese con il 35% dei consensi. Ma questo periodo denso di aspettative - che avevano portato per esempio in Italia a presentare alle europee la lista ‘L’altra Europa per Tsipras’ che ha ottenuto tre parlamentari - è destinato a finire, come conferma il voto del 2019 che ha visto vincitrice la formazione di centro-destra Nea Demokratia, capeggiata dal potente leader Kyriakos Mitsotakis.

Pur restando la seconda forza politica ellenica e uno dei partiti di sinistra con più consensi in Europa, ci si è chiesti non tanto il perché di un ridimensionamento fisiologico - il 31% alle elezioni nazionali e il 23% a quelle europee - quanto se Syriza si stesse trasformando in un partito socialdemocratico. Tsipras è stato accusato da una parte dei suoi elettori di un voltafaccia politico dopo il referendum, la cui vittoria non gli ha impedito di arrivare a patti con l’Ue. Secondo il giornalista francese Pierre Haski di France Inter, “il leader di Syriza avrebbe voluto essere giudicato in base al suo operato: la Grecia non è più sotto tutela europea ed è restata all’interno dell’eurozona, ripristinando la crescita economica dopo otto anni di recessione, mentre la disoccupazione è calata di nove punti percentuali pur restando ancora molto elevata”. Ma “gli elettori non hanno giudicato i numeri, ma la vita di tutti i giorni. La classe media, in particolare, ha dovuto pagare in tasse il prezzo del salvataggio del paese, covando una collera che è esplosa” nelle elezioni del 2019.

In un’intervista rilasciata al giornale online Popoff, Filippa Chatzistavron, politologa dell’Università di Atene, sostiene che “la Grecia vive attualmente in uno spazio di non idee di sinistra. Il primo ministro Kyriakos Mitsotakis sta intervenendo con urgenza in questa crisi. Il suo ruolo di vigile del fuoco è generalmente apprezzato dalla società”. Secondo la studiosa, Syriza “invece di rafforzare la sua presenza nei sindacati o a livello locale, ha preferito formare una cerchia di seguaci intorno ad Alexis Tsipras, e passare a un’organizzazione verticale”.

Tsipras e il suo partito – che a Strasburgo fa parte del Gue/Ngl, ovvero del gruppo della sinistra radicale - devono evitare di diventare uno dei tanti partiti socialisti, o progressisti che dir si voglia, incapaci di dire la loro in un contesto ancora dominato dal pensiero liberista e dove il privato continua a prevalere sul pubblico. La pandemia offre ora la possibilità di invertire questa rotta, ma anche Syriza deve saper cogliere questa occasione, pena l’irrilevanza.

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