Supermario non cambia passo - di Sinistra Sindacale

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Di fronte al dilagare della pandemia, il governo di Supermario Draghi non poteva che continuare nel solco delle misure del Conte II. Sono ridicole le pretese di “discontinuità” della ministra Gelmini per due giorni di anticipo nell’uscita del nuovo Dpcm. Inquietanti invece, nell’evidente spostamento a destra dell’asse politico, alcune delle nomine di sottosegretari (compreso il leghista Morelli, già vicino a Casa Pound) e dei nuovi commissari, tra cui un generale. Una scelta che fa riflettere: il Paese deve affidare alle forze armate la campagna vaccinale?

Senza dubbio sui vaccini c’è una grave ritardo e non si intravede alcun “cambio di passo”. La responsabilità primaria è della Commissione europea, che si è legata mani e piedi agli interessi delle multinazionali del farmaco, come denunciato con efficacia al Parlamento europeo dalla Sinistra del Gue/Ngl. La pandemia non ha insegnato niente. Men che meno potrà proporre un cambiamento un governo a guida tecnocratica-restauratrice come quello di Draghi, che nella prima uscita europea si è caratterizzato per negare una quota di vaccini ai Paesi più poveri, pur nell’ambito del progetto Covax che l’Ue si era impegnata a sostenere.

Non usciremo dalla pandemia e dalle ricorrenti varianti del virus senza la vaccinazione di tutte le persone in tutto il mondo, senza strutture sanitarie preventive e territoriali universali, senza un’industria pubblica, in Italia e in Europa, di vaccini, liberi da brevetti, come chiede l’Iniziativa dei Cittadini Europei. Un banco di prova dirimente per la Commissione europea e per il governo italiano, incapace perfino di tacitare le componenti negazioniste della sua maggioranza, incluso qualche presidente di Regione del Pd.

Il governo Draghi è chiamato anche alla prova delle misure economiche e sociali, dimostrando di non essere subalterno alla Confindustria e alle spinte corporative e lobbistiche. La pandemia va aggravandosi e purtroppo non finirà a breve, la priorità deve essere la salute di cittadini e lavoratori, con le chiusure necessarie, l’estensione della cassa integrazione e del blocco generalizzato dei licenziamenti fino alla fine di questo 2021.

I “sostegni” per le aziende, nei settori più colpiti come il commercio e il turismo, vanno commisurati a quanto dichiarato al fisco, evitando nuovi condoni, mascherati dietro il rinvio delle scadenze fiscali. C’è bisogno di una riforma fiscale progressiva, di lotta serrata all’evasione, della tassazione delle grandi ricchezze, per indirizzare risorse pubbliche verso il lavoro e lo stato sociale.

La Cgil e il sindacato confederale, in piena autonomia, devono riprendere la mobilitazione, sia per garantire la priorità della salute e del reddito per tutti, sia per stringere il governo al confronto sul “Piano di ripresa e resilienza”, ora diventato oggetto riservato del premier e dei suoi tecnocrati, anzi, peggio, di quelli della McKinsey. Non ci sono patti da realizzare ma obiettivi e diritti da conquistare. E’ in gioco il futuro del Paese, e della stessa qualità della democrazia.

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