Contrattare e tutelare lo smart working - di Lorenzo Fassina

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Il 12 febbraio scorso si è svolto il quarto seminario annuale della Consulta giuridica della Cgil nazionale dedicato, quest’anno, a “Smart working: tutele e condizioni di lavoro”. Le relazioni e gli interventi hanno confermato che il tema dello smart working (sw) non è più di nicchia né solo emergenziale, ma destinato a strutturarsi come tassello della nuova azienda 4.0.

Naturalmente le caratteristiche di questa strutturazione saranno profondamente diverse in ragione della natura pubblica o privata degli enti di riferimento, del settore produttivo, della rete economica in cui si colloca l’azienda, delle figure professionali coinvolte, dato il diverso impatto del fenomeno per i lavori digitali, per quelli amministrativi, per l’immissione dati, per i restanti lavori. Di ciò la relazione di Daniele Di Nunzio (Fondazione Di Vittorio) ma anche gli interventi hanno dato conto.

Da tutti i contributi è emerso anche quanto altri hanno già evidenziato: la polarizzazione tendenziale nelle applicazioni dello sw. Per un verso si sviluppano uffici ove si lavora su obiettivi e non per prescrizioni; obiettivi spesso complessi che si collocano a valle di una attività altrettanto complessa di informazione, progettazione e pianificazione. Al polo opposto le tecnologie digitali, veicolate dall’algoritmo, confermano le produzioni standardizzate enfatizzandone gli aspetti tayloristici di scomposizione delle mansioni e di saturazione dei ritmi.

Oltre agli aspetti organizzativi, le relazioni e gli interventi hanno focalizzato gli effetti sul rapporto di lavoro a partire dalla qualificazione giuridica in termini di subordinazione attenuata per il polo “alto” del fenomeno; oppure di subordinazione classica per la realtà neo-tayloristica, come ben evidenziato da Carla Spinelli e Paola Saracini.

Le relazioni e gli interventi hanno poi messo in evidenza i temi cruciali della saturazione dei tempi di lavoro e del diritto alla disconnessione, reso peraltro incerto dalla normativa euro-comunitaria e nazionale (Andrea Allamprese), e invece sancito dalla contrattazione di categoria (Susy Esposito, per il credito).

Non minore è l’importanza di ridefinire una diversa incidenza della retribuzione incentivante rispetto a quella a tempo, non certo in termini sostitutivi, bensì aggiuntivi. Ancor più grave è il tema dei rischi di salute e sicurezza, nel telelavoro a carico del datore ed ora invece addossati al lavoratore in smart working. Di qui le opportune osservazioni di Piera Campanella sulla necessità di aggiornare e dettagliare il testo unico 9 aprile 2008 n. 81, mediante un riferimento esplicito e cogente alla responsabilità del datore di lavoro, almeno nei casi di allocazione dello smart working nella abitazione del lavoratore e negli spazi di co-working pre-identificati.

In ultimo, ma non certo minore, è l’importanza dei temi ulteriori: l’isolamento del lavoratore in smart working, la sovrapposizione tra tempi di vita e tempi di lavoro, l’angustia degli spazi dedicati, l’alternanza tra presenza in azienda e permanenza altrove: temi che diversamente contraddistinguono i casi, con evidenti differenziazioni (e aggravamenti) per figure professionali, per settore, per genere.

Tutto ciò induce a sottolineare anche l’aspetto sociale, oltreché lavoristico, del fenomeno: qui si manifestano i nuovi impegnativi compiti del sindacato. Certamente non scompare la contrattazione nazionale e aziendale sullo smart working: occorre attivare al meglio i diritti di informazione e poi di contrattazione sui processi di sw e di esternalizzazione, sulla alternanza lavoro in presenza e a distanza, sulla strumentazione e sugli obblighi di sicurezza, sulla ripartizione dei costi e sulla retribuzione incentivante, sui carichi di lavoro, sulla privacy, sulla formazione permanente, e soprattutto sui nuovi inquadramenti delle figure professionali informatizzate.

Occorre tuttavia integrare tale contrattazione con quella territoriale, dialogante con i municipi e gli altri enti che insistono nel territorio.

Per fare tutto ciò è certamente fertile il dialogo interdisciplinare che la Consulta ha avviato con questo convegno, con l’intento di allargare la cerchia degli interlocutori, oltre le figure dei giuslavoristi, dei sociologi, dei sindacalisti, investendo anche gli ingegneri informatici e quelli gestionali. Del resto è questo l’intendimento della Consulta Giuridica e l’impegno di chi vi partecipa, a cominciare da chi ha interloquito durante il Seminario, innanzitutto nel ricordo di Gigi Mariucci, indimenticabile, rara figura di politico, intellettuale, umanista, curioso e partecipe della vita e dei problemi di chi è costretto a lavorare per vivere, senza poter aspirare a vivere per lavorare.

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