Louise Michel, eroina della Comune di Parigi - di Marco Rovelli

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La Comune di Parigi è la grande madre di tutte le rivolte. In quei due mesi di potere dal basso si sognò un mondo nuovo, e si tentò di metterlo in pratica. Quell’immaginazione fu la guida per tutti i visionari sovversivi che sarebbero venuti in futuro.

Il simbolo della Comune sarebbe divenuta Louise Michel, consacrata da una poesia a lei dedicata dal suo mentore Victor Hugo in occasione del suo processo dopo il massacro della “Settimana di sangue” che mise fine ai due mesi comunardi, che lei aveva passato in trincea, al fronte. Poi sarebbe stata deportata in Nuova Caledonia, dove si spese anche per i diritti dei popoli che allora erano considerati “selvaggi” perfino dai suoi compagni socialisti.

Qualche anno fa ho scritto un romanzo, “Il tempo delle ciliegie”, per guardare alle conquiste della Comune attraverso lo sguardo di Louise Michel: “Si andava a combattere per la Comune, per un’idea che finalmente diventava pratica. Lo aveva già dimostrato con i suoi primi decreti, che agli occhi di Louise confermavano che era giusto attendere da questo evento miracoloso un cambiamento d’epoca per il genere umano. Il giorno dopo la sua proclamazione, la Comune aveva abolito esercito e polizia, sostituiti dalla Guardia Nazionale, composta da lavoratori. Non solo: per alleviare le sofferenze causate dalla guerra e dall’assedio, aveva abolito gli affitti arretrati a partire dall’ottobre dell’anno precedente. Il 2 aprile, poi, aveva sancito un principio fondamentale, che i membri della Comune erano responsabili e revocabili: si tentava di fare nella pratica quello che i giacobini si erano limitati a proclamare sulla carta, ovvero una democrazia diretta, in cui fosse davvero il popolo il sovrano. E poiché non si dà vera democrazia se non anche con un’eguaglianza materiale, era stato stabilito che gli stipendi dei più alti impiegati non dovessero superare la paga di un operaio qualificato.

(…) Louise aveva scritto una proposta di riforma educativa basata sulle sue pratiche: ai bambini, diceva, non deve essere data un’istruzione fatta di lunghi discorsi dalla cattedra. Bisogna usare molti metodi che li coinvolgano, a cominciare dagli strumenti visivi, che sono di grande aiuto per lo sviluppo dell’intelligenza del bambino. E coinvolgendoli, diceva, dovremo rinunciare a punizioni e premi: l’unica possibile ricompensa dev’essere il sentimento del dovere compiuto, o del comportamento sbagliato. E tutto questo, diceva, andrà fatto in una scuola pubblica, sottratta ai preti.

(…) Le trincee di Clamart sono l’avanguardia della colonna di Eudes, protetta dall’alto dai cannoni del forte, senza i quali Louise e gli altri sarebbero ben esposti agli attacchi dei versagliesi. Sono in pochi i comunardi in quelle trincee, di sicuro i versagliesi pensano che siano di più, altrimenti attaccherebbero. Tra loro c’è Louise, che ci resterà per tutto il tempo, fino agli ultimi giorni della Comune.

(…) A lei toccava il fronte, la difesa contro l’oppressore, il suo ruolo era quello di chi offre la sua vita in nome della Vita. A Clamart arrivavano le notizie, i giornali che davano conto delle misure che venivano prese in città. Louise le commentava insieme agli altri, con entusiasmo.

(…) Un decreto della Comune aveva sancito la separazione tra Stato e Chiesa (e in base a questo principio sarebbe stato stabilito il diritto al divorzio, e riconosciuta l’unione libera: la pensione delle guardie nazionali uccise in combattimento sarebbe stata versata alla compagna anche se non sposata, e ai figli anche non legittimi), e i religiosi vennero sostituiti da insegnanti laici, ai quali venne aumentato lo stipendio. Un’istruzione pubblica era fondamentale, in uno Stato in cui fosse il popolo il sovrano. La scuola primaria doveva essere obbligatoria e gratuita per tutti. La maestra Louise Michel, che aveva auspicato tutto questo, era radiosa.

(…) E si continuò, dalla trincea, a osservare con gioia le tappe per l’edificazione del tempo nuovo, mentre lo si difendeva. Il 16 aprile, quando le fabbriche e le industrie abbandonate dagli imprenditori furono trasmesse alle società di produzione operaie, laboratori cooperativi autogestiti, organizzati secondo il principio dell’uguaglianza salariale tra uomini e donne. Il 25 aprile, quando vennero requisiti tutti gli appartamenti sfitti e vennero dati ai lavoratori della periferia. Il 27 aprile, quando vennero proibite le multe da parte degli imprenditori sui salari degli operai. Il 6 maggio, quando venne ordinata la restituzione gratuita di 800mila oggetti impegnati al Monte di Pietà dai più poveri. Il 13 maggio, quando vennero prese misure di salvaguardia per i disoccupati, e stabilito un minimo salariale per gli operai. Il 20 maggio, quando un decreto stabilì il passaggio dei teatri dagli impresari privati nelle mani degli artisti e dei lavoratori dello spettacolo.

Certo, Louise avrebbe voluto seguire da vicino quei dibattiti. (…) Ma Louise si sentiva nel luogo dove doveva essere, ed era proprio nel fuoco degli eventi”.

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