Afghanistan: continuano i progetti di Pangea a sostegno di donne e bambini - di Simona Lanzoni

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Dall’agosto scorso i programmi di Fondazione Pangea Onlus in Afghanistan hanno ricevuto una momentanea battuta d’arresto. Ma Pangea non lascia l’Afghanistan e a settembre ha ripreso a lavorare. Stiamo continuando con le donne afghane rimaste. Con intelligenza e cautela, siamo in attesa di capire come poter riprendere appieno le attività. La scuola per bambine e bambini sordi rimane aperta. Purtroppo non sarà più possibile mantenere le classi miste ma la scuola non chiuderà. Continueremo a garantire i pasti e alcune attività formative. Ascoltando i bisogni delle donne e dei bambini che non sono riusciti a fuggire dal proprio Paese e che in passato erano stati minacciati dai talebani, da inizio settembre forniamo alloggio, vitto e sicurezza in una “casa – rifugio”, dove ricominciare a vivere.

Siamo riusciti a mettere in salvo la gran parte dello staff afghano che in questi anni ha lavorato per aiutare le donne, basando il proprio operato sui diritti umani, principi lontani da quelli del regime talebano. Si tratta di quaranta donne e delle loro famiglie, circa trecento persone, molti i minorenni. Pangea li accompagnerà nell’accoglienza e integrazione nelle diverse regioni d’Italia e, per chi vorrà, faciliterà il raggiungimento delle famiglie in altri Paesi.

Pangea opera in Afghanistan dal 2003, in diversi quartieri periferici di Kabul, dove con il “progetto Jamila” ha attivato un circuito di microcredito e di formazione educativa, sanitaria e sui diritti delle donne. Il progetto si rivolge a donne estremamente povere, per la maggioranza analfabete e con famiglie numerose e problematiche (vedove, orfane, con famiglie estremamente numerose o con familiari malati cronici o con handicap), ma fortemente motivate a voler contribuire alla loro vita e a quella della loro famiglia avviando un’attività di microimprenditoria familiare o individuale.

Le donne hanno l’opportunità di accedere ad un microcredito, da 120 a 500 euro per 12 mesi, utilizzato per l’avvio di un’attività generatrice di reddito. Contemporaneamente seguono corsi di alfabetizzazione, calcolo, diritti umani, igiene e salute, inclusa la salute riproduttiva. Il progetto permette alle beneficiarie con problemi di salute di usufruire gratuitamente di visite mediche specializzate e se incinte di accompagnamento ad una maternità sicura. Durante la durata del prestito, si organizzano incontri e programmi di teatro partecipativo per imparare ad affrontare le quotidiane situazioni discriminatorie e di violenza. Molte hanno seguito corsi di sartoria, parrucchiera e ricamo, svolti ogni anno in base alle richieste.

Dal 2017 a questi percorsi si sono affiancati programmi di raccolta del risparmio per permettere a tutte di realizzare obiettivi diversamente irraggiungibili: far studiare le figlie all’università, acquisto di elettrodomestici, del computer e via dicendo. Sono oltre 7mila le donne che hanno ricevuto un microcredito e seguito i percorsi di empowerment. Inoltre, sono mille quelle che hanno risparmiato in programmi ad hoc. Ogni donna ha alle sue spalle da 7 a12 familiari. Quindi il progetto ha avuto negli anni una ricaduta notevole sulla popolazione di Kabul, coinvolgendo oltre 70mila persone. Le partecipanti hanno raggiunto grandi soddisfazioni: nella sfera personale l’autostima è cresciuta, è aumentato il riconoscimento del loro ruolo nelle famiglie e nelle comunità in cui vivono. La maggioranza ha potuto aumentare il reddito familiare e migliorare la qualità della vita quotidiana: possono curarsi, superare la malnutrizione e educare le figlie e i figli, permettendo loro di uscire dal lavoro minorile e dall’accattonaggio.

Ad Arzan Quemat, quartiere periferico di Kabul, c’è una scuola molto silenziosa ma piena di vita, popolata da 500 tra studentesse e studenti sordi di età da tre a diciotto anni. Provengono da diversi quartieri di Kabul e questa scuola è un po’ un sogno per loro, un luogo speciale che li aiuta a dialogare con il resto del mondo e a non essere completamente emarginati, destinati alla solitudine e ad una violenza familiare e sociale insostenibile. All’interno della scuola lavorano insegnanti e personale dedicato e competente, anch’essi in parte sordi. Insegnano ai bambini il linguaggio dei segni, a contare, a comunicare e ad esprimersi con il corpo, nelle emozioni e nei bisogni, tra loro, con i familiari e con chi è intorno.

Pangea lavora in questa scuola da otto anni, occupandosi della distribuzione del pranzo proteico per le e gli studenti, spesso l’unico pasto della giornata. Poi, svolgiamo corsi di formazione professionale: inglese, informatica, parrucchiera, estetista, barbiere, sartoria e principi di base per fare il meccanico. Abbiamo inoltre facilitato alcune ragazze a proseguire gli studi a livello universitario. Dal 2018, su richiesta delle bambine di poter giocare a calcio come i loro compagni maschi, è nata la squadra delle calciatrici sorde di Kabul. Una richiesta che può sembrare banale ma che a Kabul è la rivoluzione. l


Per contribuire ai progetti: www.pangeaonlus.org, Iban IT54A0501801600000000106392, Banca Etica.

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