Sabir e le alternative alla Fortezza Europa - di Sinistra Sindacale

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A Lecce la VII edizione del Festival diffuso delle culture mediterranee.  

Si è conclusa il 30 ottobre a Lecce la settima edizione del Festival diffuso delle culture mediterranee Sabir, dal titolo “Le frontiere dei diritti e la pandemia”. Promosso da Arci, insieme a Caritas Italiana, Acli, Cgil, con la collaborazione di Asgi, Carta di Roma, A Buon Diritto, ha visto la partecipazione di oltre 500 persone in presenza, ma altre mille hanno seguito a distanza i 43 eventi, tra cui 33 convegni e cinque presentazioni di libri con circa130 relatori, tra presenti e da remoto. Inoltre due concerti, tre spettacoli teatrali, tre proiezioni a cura di Ucca, e sei mostre fotografiche.

Il Festival, partito da Lampedusa (1-5 ottobre 2014), è passato da Pozzallo (11-15 maggio 2016), Siracusa (11-14 maggio 2017) e Palermo (11-14 ottobre 2018). Dal 16 al 19 maggio 2019, uscito per la prima volta dalla Sicilia, è approdato in Salento, dove è tornato, dopo la scorsa edizione solo on-line, per la VII edizione che si è tenuta dal 28 al 30 ottobre ancora nel capoluogo salentino.

Il Festival è stato e continua ad essere un luogo di condivisione, scambio e proposta. Un luogo che ha dato voce alle associazioni, ai movimenti e alle organizzazioni sociali del Mediterraneo che attraversano Africa ed Europa e si incontrano sulle sponde del Mediterraneo.

Tra i temi affrontati la situazione in Afghanistan e la risposta europea e italiana a questa crisi. La tragedia afghana ha fatto emergere i limiti e le contraddizioni di un Occidente e di un’Europa sempre più egoisti e chiusi. Davanti a una situazione che era già drammatica prima degli eventi dello scorso agosto, l’Ue e i suoi stati membri devono rispondere in termini di solidarietà e accoglienza, anziché continuare ed esternalizzare la protezione umanitaria sulla pelle di rifugiati e esuli.

La solidarietà tra stati membri, verso i paesi terzi e soprattutto verso rifugiati e migranti deve diventare parte delle politiche dell’Ue e degli Stati non solo nella loro azione esterna, facilitando chi ha diritto di essere accolto con vie d’accesso legali, ma anche dentro i propri confini, con la lotta al caporalato e allo sfruttamento dei e delle migranti: tutti temi al centro dell’impegno delle organizzazioni promotrici di Sabir.

La dichiarazione finale si inserisce in un processo aperto e partecipato che si propone di costruire una piattaforma che riunisca le reti e i soggetti impegnati sul piano nazionale e internazionale a contrastare le politiche di esternalizzazione dell’Unione europea. La preoccupazione per la direzione sbagliata e tragica che i governi stanno prendendo in materia di diritto dell’immigrazione e dell’asilo impone di ricercare un terreno unitario, il più ampio possibile, che possa anche trovare, per essere più efficace, una sponda nelle istituzioni internazionali e nazionali, nonché tra le comunità del mondo dell’immigrazione e dei rifugiati.

“Non vogliamo e non possiamo più assistere alle morti in mare, ai respingimenti lungo la rotta balcanica e alla frontiera tra Bielorussia e Polonia, né tanto meno alla chiusura di ogni via d’accesso al diritto d’asilo in Europa”, si legge nella dichiarazione finale. “Ciò che auspichiamo – continua la dichiarazione – è che, partendo da esperienze concrete, come i corridoi umanitari, le operazioni di salvataggio nel Mediterraneo centrale delle Ong, le tante forme di solidarietà e vertenza alle nostre frontiere, si costruisca una alleanza di società civile per un “Patto europeo per i diritti e l’accoglienza”, e si apra un confronto stabile tra la dimensione nazionale delle vertenze e quella europea, con il coinvolgimento di quei parlamentari, nazionali ed europei, che vorranno contribuire a determinare un cambiamento reale”.

 

“Il 2021 – si legge ancora nella dichiarazione – è stato un anno drammatico e complesso sia per gli effetti della pandemia che per le conseguenze della crisi ambientale che costringe a un esodo forzato milioni di donne e uomini, mentre sono tante le persone che hanno subito e continuano a subire violenze e persecuzioni in tutto il mondo. Il Mediterraneo è una delle regioni del mondo intorno a cui si concentrano tante delle criticità e delle contraddizioni di un modello di sviluppo diseguale che, oltre a compromettere pesantemente l’equilibrio e il futuro del pianeta, produce povertà, discriminazioni e diseguaglianze. È necessario costruire alternative partendo dalla società civile, dalle sue organizzazioni, e da relazioni orizzontali tra comunità locali”.

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