Bolsonaro verso l’incriminazione per “crimini contro l’umanità”? - di Vittorio Bonanni

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Una scelta. Una volontà indiscussa di portare alla morte centinaia di migliaia di persone diffondendo notizie false sulla pandemia da Covid19 e disattendendo le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità. Non crediamo di esagerare nel definire la politica del presidente brasiliano di estrema destra Jair Bolsonaro - tanto amato dal leader della Lega, Matteo Salvini – “stragista” al punto tale da spingere il 26 ottobre scorso il Senato brasiliano a votare una proposta di incriminazione del capo dello Stato per “crimini contro l’umanità”.

Una politica negazionista che ha provocato - dati dello scorso mese resi noti dal ministero della Salute - 600.425 morti e 21.550.730 contagi, cifre, secondo gli esperti del settore, largamente sottostimate. Coinvolte nella vicenda almeno 64 persone, tra i quali anche ministri, medici compiacenti e addirittura figli dell’inquilino del Palácio do Planalto, uno dei quali, Flavio, avrebbe rapporti con gli assassini dell’attivista Marielle Franco. Una sorta di struttura parallela al ministero della Salute che invece aveva allertato il Paese sudamericano sui rischi che la popolazione stava correndo con un simile approccio alla pandemia.

Questo scenario di morte è secondo solo a quello degli Stati Uniti. Fortunatamente in queste ultime settimane la campagna di vaccinazioni, che finora ha coinvolto solo il 13% della popolazione, ha conosciuto un’accelerazione con un conseguente calo dei morti e degli infettati, ma è evidente che questo non modifica la situazione.

Il rapporto redatto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta (Cpt) del Senato conta ben 1.200 pagine. Bolsonaro si sarebbe reso responsabile di tre tipologie di reati: crimini comuni, crimini di responsabilità e crimini contro l’umanità. Queste accuse saranno valutate da tre organismi: la Procura generale che valuterà un’eventuale denuncia penale contro Bolsonaro per i reati comuni; la Camera dei deputati, che analizzerà i crimini di responsabilità e l’eventuale apertura di un procedimento di impeachment; e la Corte Penale Internazionale che potrà valutare le accuse di crimini contro l’umanità.

Bolsonaro, malgrado il fallimento dei modelli britannici e svedesi, era convinto di combattere il virus attraverso la cosiddetta immunità di gregge, magari corredata da consigli a-scientifici come l’uso della clorochina per combattere il virus, prodotta a livello industriale con il sostegno anche dell’esercito. Come segnala la Corte dei Conti brasiliana anche con un presunto sovrapprezzo nell’acquisto della materia prima per produrre il farmaco.

Secondo quanto riporta e denuncia Altraeconomia “nel 2019 un chilo di siero costava 488 reais (circa 73 euro), nel 2020 è stato acquistato per 1.304 reais (circa 196 euro): un aumento del 167,21%. Tutte le medicine del kit-covid hanno avuto un notevole aumento di prezzo: comparando i dati del 2020 e 2019, Ivermectina ha avuto un aumento pari al 648%, Azitromicina del 106%, Clorochina e Idrossiclorochina 48%”. Per l’Ispi (Istituto studi politiche internazionali) “lo scandalo è emerso dopo che Luis Ricardo Miranda, il responsabile per le importazioni al ministero della Salute brasiliano, aveva fatto notare anomalie nelle fatture, che sarebbero state gonfiate. Miranda ha dichiarato di esser stato costretto da un rappresentante del governo a procedere con gli ordini e che aveva comunicato a Bolsonaro come la trattativa non fosse trasparente. Nonostante le promesse, però, il presidente non avrebbe poi denunciato il caso alla polizia federale”.

Nelle ultime settimane i cittadini sono scesi in piazza per chiedere l’impeachment. Ma non è assolutamente scontato che questa procedura possa essere avviata. Per metterla in atto serve il voto di due terzi della Camera bassa del parlamento, evento improbabile viste le numerose alleanze che Bolsonaro può intrecciare all’interno del Congresso. A nulla potrebbe valere la presentazione di una bozza firmata da cento deputati di diversi partiti per iniziare il processo di impeachment includendovi anche altre azioni che il capo dello Stato ha messo in atto per indebolire le istituzioni democratiche.

Questa condotta criminale di Bolsonaro potrebbe essere un ulteriore elemento a favore dell’ex presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva. In previsione delle elezioni del prossimo ottobre, l’esponente del Partito dei Lavoratori godrebbe secondo i sondaggi del 40% dei consensi contro il 24% di Bolsonaro.

Proprio in previsione dell’appuntamento elettorale Bolsonaro ha messo più volte in discussione l’affidabilità del voto elettronico in vigore dal 1996, ben venticinque anni, e con esso la fiducia nelle prossime elezioni presidenziali. Il suo tentativo di introdurre un sistema misto, urne elettroniche e schede cartacee, è stato respinto l’agosto scorso dai deputati brasiliani. Come già visto negli Stati Uniti con Trump, anche nel Paese più grande di tutto il continente latinoamericano si profilano contestazioni dei risultati elettorali da parte del leader più screditato dell’emisfero occidentale.

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