Brasile: Lula avanti al primo turno delle presidenziali, ma ci sarà ballottaggio - di Vittorio Bonanni

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Incubo Bolsonaro. Il Brasile si è risvegliato lunedì 3 ottobre con un risultato inaspettato e allarmante per almeno metà della popolazione. Il candidato della sinistra alle presidenziali, Lula da Silva, leader del Partito dei Lavoratori (Pt), ex sindacalista della Cut (Centrale unica dei lavoratori) e già Capo dello Stato dal 2003 al 2011, era dato con almeno dieci punti di vantaggio sull’avversario di estrema destra Jair Bolsonaro, il peggior presidente della Repubblica brasiliana, dittatori a parte.

Invece il voto ha dato oltre il 48% al leader della sinistra, contro il 43,2% del suo avversario. Di fatto un paese spaccato in due. Un risultato che dimostra come la perniciosa cultura politica del Trump brasiliano è ben lungi dal cadere nel dimenticatoio. L’obiettivo del presidente uscente, quello di arrivare al ballottaggio del 30 ottobre ed evitare la vittoria del suo avversario al primo turno, è dunque stato raggiunto, e i rischi che il paese viva altri quattro anni catastrofici sono reali.

Ad un certo punto, quando era in corso lo spoglio, Bolsonaro era addirittura dato in vantaggio. A votare Lula sono stati 57.257.473 brasiliani e brasiliane, mentre per Bolsonaro si sono espressi 51.071.106 elettrici ed elettori. Al terzo posto Simone Tebet, uomo di centrodestra, rappresentante del settore agroindustriale, con il 4,16% e 4.915.288 voti. Al palo il laburista Ciro Gomes, già ministro di Lula, in rotta con l’ex presidente, che ha ottenuto solo il 3,04% e 3.599.196 voti. In entrambi i casi si tratta di voti preziosissimi per i due candidati che decideranno così le sorti del paese.

L’altra sorpresa sono i 99 deputati di destra eletti nella Camera bassa, il numero più alto tra i partiti, e l’elezione dei più importanti sostenitori del leader liberale. Al Senato altro buon risultato per la destra che ha conquistato 14 seggi su 27. Uno scenario istituzionale che da un lato, in caso di vittoria di Lula, consolerà il presidente uscente che si farà forte della maggioranza parlamentare, mentre qualora vincesse quest’ultimo la vita per l’opposizione si rivelerebbe ancora più complicata.

È stato eletto anche uno dei protagonisti delle vicissitudini di Lula, l’ex giudice ed ex ministro Sergio Moro, tra i protagonisti dell’operazione “lava jato”, una sorta di mani pulite verde-oro che, come in Italia, ha portato alla luce un sistema di corruzione senza precedenti legata soprattutto alla gestione della società petrolifera statale Petrobras. Fu proprio Moro, in pieno conflitto di interessi vista la successiva adesione alla presidenza Bolsonaro, a far condannare Lula che ha passato 19 mesi in carcere senza poter partecipare alle elezioni del 2018, che secondo i sondaggi avrebbe vinto nettamente.

Che eredità sta lasciando il presidente uscente, un ex militare sostenuto, sia pure con qualche malumore, dall’esercito? Innanzitutto una gestione catastrofica della pandemia, che tuttavia non sembra aver inciso più di tanto nel risultato visto che l’ex ministro della Salute ed ex militare Eduardo Pazuello, la cui politica “di contrasto” dell’epidemia ha provocato circa 700mila morti, è stato il deputato più votato nello Stato di Rio de Janeiro, il terzo più popoloso del paese. Negazionista anche sul tema dei cambiamenti climatici, Bolsonaro ha dato nuovo impulso ad una ulteriore devastazione della foresta amazzonica - rallentata durante le presidenze del Partito dei lavoratori - finalizzata a favorire l’industria agricola, provocando così la reazione di attivisti e indigeni i quali hanno presentato una denuncia di genocidio davanti al tribunale penale internazionale dell’Aja. Oltre che una politica liberista, che ha praticamente annullato i passi avanti delle politiche dei governi di sinistra grazie alle quali, con l’operazione “bolsa familia”, circa 14 milioni di brasiliani e brasiliane erano uscite da una condizione di povertà estrema quanto endemica scesa del 27,7%. Ma ora questo scenario è di nuovo peggiorato anche a causa dell’epidemia. Molte piccole attività hanno chiuso i battenti, con un conseguente aumento della disoccupazione e dei senza fissa dimora che solo nello Stato di San Paolo sarebbero circa 40mila.

Come abbiamo visto, in caso di vittoria al secondo turno, Lula avrà certamente vita più difficile vista la composizione del Parlamento brasiliano. Ma con la sua vittoria aumenterebbe il numero di paesi latinoamericani – Messico, Argentina, Bolivia, Honduras, Cile, Colombia - governati dalle variegate sinistre continentali, dando vita ad un nuovo “rinascimento continentale” dopo quello dello scorso decennio.

 

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