Acea: l’accordo elimina il jobs act - di Claudio Zinanni

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Il 7 febbraio abbiamo sottoscritto un’importante ipotesi di accordo in Acea, dopo una trattativa durata sei mesi. Si tratta di un accordo certamente rilevante, che introduce temi innovativi di interesse congiunto, ma che si caratterizza indiscutibilmente per il fatto che, tra gli altri, prevede la non applicazione dei tre articoli della legge 300/70, il 4, il 13 ed il 18 così come erano stati modificati dal jobs act.

Entrando nel merito, l’intesa, poggia su un nuovo sistema di relazioni industriali che intende essere sviluppato tra le parti. L’azienda ha proposto a dicembre scorso un ambizioso piano industriale pluriennale che è stato valutato positivamente dalle borse europee. Per raggiungere l’obiettivo di perseguirlo con successo, l’amministratore delegato si è dichiarato convinto che le parti sociali sono un elemento fondamentale, anzi imprescindibile. Ha chiesto quindi una fattiva collaborazione alle organizzazioni sindacali per attuarlo, rispettando di certo i rispettivi ruoli e la propria indipendenza, ma cercando di riuscire a condividere quei percorsi che si possono portare avanti per il bene comune dei dipendenti, dell’azienda stessa e di tutta la clientela alla quale quotidianamente offriamo quei servizi che devono divenire sempre migliori. Un cambio di strategia deciso, quello del nuovo ad Stefano Donnarumma, soprattutto rispetto alla precedente gestione con la quale avevamo vissuto momenti decisamente critici.

Oltre ai rinnovi economici del premio di risultato e del valore del buono pasto che erano scaduti a dicembre, abbiamo trattato argomenti quali: introduzione di una flessibilità gestionale tra le 2 aree, idrica ed elettrica, da poter utilizzare in casi straordinari (ad esempio l’emergenza idrica); welfare aziendale, con la possibilità da parte dei dipendenti di poter destinare su base volontaria una quota parte o integralmente il proprio premio di risultato in previdenza complementare o in attività/servizi; introduzione in via strutturata del lavoro “agile” o smart working; istituzione di una commissione per la definizione delle attività distintive dell’azienda; possibilità di utilizzo dell’art.4 della legge 92/2012 cosiddetta “isopensione”; istituzione di commissioni bilaterali su temi quali: formazione, sicurezza e welfare; classificazione del personale come demandato dai contratti nazionali Elettrico e Gas/Acqua: nascita di una nuova forma di inserimento nell’azienda, volta a creare occupazione stabile, che prevede la possibilità di attrarre personale anche al di là dell’ormai consueta soglia dei 29 anni oltre la quale si è considerati vecchi per il mondo del lavoro; non applicazione delle misure intervenute con l’introduzione del cosiddetto jobs act nei riguardi degli articoli 4 e 13, per i quali si dovrà necessariamente realizzare un accordo sindacale, e dell’articolo 18, per il quale varrà l’applicazione della legge 92/2012 per tutti i dipendenti del perimetro storico.

Proprio quest’ultimo punto è quello che ha sollevato di più il clamore mediatico. Indubbiamente, come Filctem Cgil, siamo onorati di averlo portato a casa. La nostra, sull’articolo 18, è una battaglia che avevamo condiviso con la raccolta delle firme referendarie e che era stata fermata solo dalla Consulta. Oggi, attraverso la contrattazione, siamo riusciti ad ottenere un ritorno alla democrazia sindacale, un modo concreto per riavvicinare vecchie e nuove generazioni di lavoratori, una conquista per tutto il mondo del lavoro in Italia.

Non è il primo caso di aziende che non hanno voluto seguire quella legge. Ricordiamo che siamo stati i primi in Italia, come comprensorio Filctem Roma 1, a bloccare il decreto jobs act in Trelleborg. Altre società del settore privato lo hanno fatto, come ci ricordano anche i quotidiani, ma esserci riusciti in una azienda la cui governance è al 51% pubblica è indubbiamente un segnale ancora più incisivo che ci auguriamo possa avere una larga diffusione.

Le assemblee in corso in questi giorni tra i lavoratori, per illustrare e far votare l’ipotesi di accordo, stanno avendo un andamento plebiscitario, come era facilmente prevedibile immaginare. Concludo ironicamente ma non troppo: avessimo trovato l’uovo di Colombo? Che siano davvero la cura del benessere e della stabilità occupazionale dei propri dipendenti, la volontà di unire il personale anziché dividerlo in caste, l’integrazione per generare il senso di appartenenza, la ricerca della fidelizzazione dei propri lavoratori e delle proprie lavoratrici, le formule dell’elisir magico che servono per aumentare la produttività nel mondo del lavoro?

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