E’ inaccettabile l’atteggiamento dell’Europa di fronte al dramma di profughi e migranti. L’accordo fra Consiglio europeo e Turchia è un chiaro mercanteggiamento sulla loro testa e sulla loro pelle. Servono subito corridoi umanitari, il superamento di Dublino, e una politica comune di accoglienza. 

Il 2015 è stato un anno tragico. Abbiamo assistito a un stillicidio di morte di bambini, donne e uomini. E in questo inizio 2016 la situazione continua a peggiorare. Nell’Unione europa non esiste alcuna politica comune, nessuna linea guida condivisa: solo scontri fra i paesi membri e continue violazioni delle direttive comunitarie, dei trattati internazionali e dei diritti umani. Non si può più aspettare: il dramma sconcertante di bambini, donne e uomini che continuano a morire in mare è il volto disumano di una Europa che non è in grado di elaborare una visione comune e soluzioni condivise, e che sta mettendo in pericolo non solo migliaia di vite ma i valori fondanti della sua stessa civiltà. Servono subito corridoi umanitari, il superamento di Dublino, e una politica comune di accoglienza.

Lo scenario a cui assistiamo è straziante e sempre più buio: notizie quotidiane di nuove morti in mare; il rischio di ulteriori perdite di vite umane, a causa del freddo nell’area balcanica, fra chi è rimasto intrappolato dai troppi muri innalzati in questi mesi; il trionfo degli egoismi nazionali e la crescita di forze xenofobe e populiste; il proliferare di deprecabili politiche discriminanti e punitive, come la confisca dei beni ai richiedenti asilo in Danimarca. Di fronte a tutto questo, si registra l’incapacità di elaborare proposte funzionali e utili all’intero territorio dell’Unione. Ne è un esempio il fallimento del pur minimo sforzo previsto dall’agenda Juncker.

L’accordo raggiunto fra il Consiglio europeo e la Turchia, al termine del summit del 17 e18 marzo, è un chiaro mercanteggiamento sulla testa e sulla pelle dei rifugiati e dei migranti. L’accordo prevede che dal 20 marzo tutti i “migranti irregolari” che arrivano in Grecia saranno espulsi in Turchia, dimenticando che la stragrande maggioranza di loro sono siriani, iracheni e afghani, quindi rifugiati.

Un paese come la Turchia, che mantiene tuttora la limitazione geografica alla Convenzione di Ginevra - fatto che esclude siriani, iracheni, afghani dal riconoscimento dello status di rifugiato - non può evidentemente essere considerato “paese terzo sicuro”, dove rinviare persone bisognose di protezione internazionale.

Inoltre, non dimentichiamo che siamo parlando di un paese il cui governo non rispetta i diritti umani, quelli dei lavoratori e dei sindacati, quelli della libertà di stampa e di informazione.

Occorre aprire subito i corridoi umanitari, disegnare una politica di accoglienza comune, e avviare processi di pace per via politica nelle zone di conflitto, insieme a politiche di cooperazione con i paesi messi in ginocchio da crisi economiche e ambientali. Non si tratta di una emergenza, ma di un imperativo da cui dipendono il futuro della civiltà europea e il rispetto di quei valori su cui l’Unione è stata fondata dopo la tragedia della seconda guerra mondiale. Valori di cui oggi sembra essersi dimenticata. 

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