Protagonisti milioni di uomini e donne, operai, contadini, intellettuali e soldati che hanno segnato la storia mondiale del XX secolo.

Per ogni generazione, la formazione degli anni giovanili è decisiva delle scelte della maturità. Anche il modo di leggere gli avvenimenti passati, sul piano sentimentale è legato a quegli anni, anche se temperato e talvolta – non nel mio caso – radicalmente corretto dalle esperienze e dalle cose apprese successivamente.

Il mio primo impatto con la Rivoluzione d’Ottobre non è stato sui libri di scuola (a scuola non si insegnava, a dire il vero, e non so nemmeno se venga insegnata ora, se non come accadimento periferico della prima guerra mondiale), è stato con la letteratura. Da ragazzino ho divorato “Il placido Don” di Šolochov e “Il dottor Živago” di Pasternak. Poi, già politicizzato, “Così fu temprato l’acciaio” di Ostrovski. La lettura di questi romanzi ci preparava ad una visione allo stesso tempo realistica ed entusiastica della Rivoluzione, le cui idee ci appartenevano perché erano universali, perché le avevamo ritrovate nei romanzi “militanti” di Pratolini, ma anche di Steinbeck o di London. Mentre ci affacciavamo alla politica la nostra Bibbia era “I dieci giorni che sconvolsero il mondo” di John Reed, e ci commuovevamo fino alle lacrime nei cineforum nei quali si proiettavano “La corazzata Potemkin” e “Ottobre”.

Poi, da militante attivo dei movimenti, sono venuti lo studio e la lettura dei protagonisti di quella rivoluzione, anche se i “protagonisti” veri sono stati quei milioni di uomini e donne, di operai, soldati, contadini, intellettuali, militanti socialisti che quella rivoluzione hanno fatto e difeso, nella convinzione di dare un assalto al cielo per il loro riscatto. Consiglierei a chi non ne avuto l’occasione di leggere i testi di Lenin, di Troskij, di Stalin, di Bukharin e degli altri. Ottime letture anche per i militanti di oggi.

In questo 2017 mi sarei aspettato che il centenario di quella Rivoluzione che ha segnato la storia del XX secolo su scala mondiale - perché ha influenzato non solo la storia europea, ma ha prodotto a partire dalla India e dalla Cina un processo di ribellione dei popoli coloniali - fosse celebrato e ricordato con grande enfasi. Così non è stato. Eppure l’influenza della Rivoluzione d’Ottobre sul movimento operaio è evidente: la giornata di 8 ore, l’obbligo del riposo festivo, le ferie, il divieto del lavoro dei fanciulli, la tutela delle donne in maternità e delle lavoratrici madri. Tutti decreti del primo governo sovietico. Qualsiasi lavoratore ancora oggi ne coglierà l’importanza. Ancora, la legislazione sulla famiglia, il divorzio, l’aborto, l’eguaglianza di figli legittimi e illegittimi: cose per cui ci battiamo ancora oggi in tanta parte del mondo democratico.

Non è poi possibile dimenticare la denuncia dei “trattati ineguali”, strappati ad aristocrazie corrotte, nei paesi di Asia, Africa e America latina, con il diritto all’autodeterminazione dei popoli e delle nazioni: un’idea potente che purtroppo non prevale più, come vediamo oggi, visto che quelle stesse bandiere sono state impugnate in nome del passato, di un oscurantismo religioso che sovrasta la nostra grande ideologia internazionalista di fratellanza e uguaglianza senza distinzioni di razza o religione.

Quando “Sinistra sindacale” mi ha chiesto un pezzo sul centenario dell’Ottobre, mi stavo preparando ad una iniziativa della Camera del Lavoro fiorentina sulla Rivoluzione Sovietica. Per questo ho deciso di scrivere queste righe: non un pezzo agiografico e di maniera e neppure – ché forse non ne sarei nemmeno capace - un saggio. Ci sono compagne e compagne con maggiori capacità e conoscenze in grado di farlo.

Ho cercato piuttosto di rendere vive non solo una convinzione profonda sulle ragioni, le nostre ragioni, di militanti del movimento operaio, nel celebrare quella che è stata una grande vittoria del proletariato internazionale, ma anche i sentimenti che ci animano. Sentimenti nobili che nascono da quegli ideali di libertà e uguaglianza e che ognuno di noi cerca di far vivere nell’agire quotidiano: mentre partecipiamo ad un’assemblea, ad un picchetto, ad uno sciopero; quando cerchiamo di comprendere e risolvere qualche problema, anche minuto, con un lavoratore ed anche quando partecipiamo a qualche interminabile, noiosa, rituale riunione di apparato.

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