Due piazze, una sola razza: quella umana - di Giacinto Botti

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Il valore e la qualità del lavoro, l’eguaglianza, i diritti universali, la solidarietà, l’inclusione, le persone, l’umanità hanno caratterizzato la manifestazione sindacale del 9 febbraio a Roma e la manifestazione “People” del 2 marzo a Milano. Due piazze politiche, distinte ma legate da un filo rosso. Gente comune, consapevole e preoccupata ma non rassegnata alla deriva valoriale, culturale e anticostituzionale del Paese, al clima di odio, al razzismo, alla xenofobia, al sessismo e alla discriminazione, alimentati da un governo a traino fascio leghista, con la corresponsabilità dei Cinque stelle.

Due piazze, una sola razza: quella umana. Piazze del sindacato, di iscritti, lavoratori, pensionati, giovani, e piazze dell’associazionismo, di chi è impegnato quotidianamente nel volontariato e nel sociale. Piazze dove si sono intrecciate lotta politica ed economica e battaglia culturale e valoriale, per la difesa della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza e la Carta universale dei Diritti dell’uomo.

Milano, “People - Prima le persone”, un antidoto: una piazza di donne e di uomini che è andata oltre gli steccati senza rinunciare alle differenze. Pochi simboli di partito, molte bandiere rosse della Cgil, tanta fantasia, musica, cartelli e striscioni fai da te. Una mobilitazione di pace e per la pace, accogliente e solidale, di passioni e di idealità offese e disconosciute ma non vinte. Un sussulto di partecipazione, un’onda rigenerante e positiva di contrasto all’onda nera. Una massa gioiosa e umana, di legittima difesa contro l’imbarbarimento, la giustizia fatta in casa, il sessismo, l’oscurantismo, e il ritorno al medioevo.

Abbiamo tutti respirato solidarietà, accoglienza, uniti nella diversità, solidali nella differenza, forti di un pensiero alto di futuro per noi e le nuove generazioni. Milano non è un’isola felice, ma è la città simbolo della lotta contro il nazifascismo. Con la sua cultura, i suoi valori solidali, la sua ricchezza di associazionismo, di lotte sindacali, con un sindaco e una giunta espressione di una sinistra ampia, Milano costituisce un argine al vento fascio-leghista che soffia in Lombardia e nel paese. Un messaggio per tutti, ma in particolare per le forze politiche di sinistra, per chi ha governato in questi ultimi anni.

Una festa per l’inclusione contro l’ignoranza, contro lo stereotipo del migrante, del nero come pericoloso invasore e nemico degli italiani.

Le due piazze chiedono nuove e diverse politiche economiche e sociali, chiedono radicalità nei valori e concretezza e coerenza nelle scelte. Chiedono alla sinistra politica di voltare pagina. E’ un popolo non indistinto che, pur se disilluso dalla sinistra di governo e che non sa dove e con chi stare, non ha rinunciato a fare politica e a impegnarsi.

Nessuna illusione, il quadro complessivo non è cambiato e il consenso al governo e alle due forze che lo sostengono è ancora ampio e consolidato grazie anche alla mancanza di un’alternativa credibile. Ma la sinistra, riformista o radicale, da lì deve e può ripartire, da quelle piazze, rimettendo al centro il lavoro e i diritti, eguaglianza e solidarietà attorno a un progetto e una prospettiva diversa di paese e di società.

Nessuna sinistra si ricostruisce se non riparte dai bisogni, dalle richieste, dai valori emersi così chiari da quelle piazze che parlano anche al sindacato, e caricano la Cgil di responsabilità, perché è alla Cgil in particolar modo che sono rivolte aspettative che non vanno deluse. Aprirsi a queste realtà, offrirsi come luogo di ascolto e di crescita nel reciproco rispetto dell’autonomia, come collante ideale e materiale tra lavoro e diritti, tra solidarietà e accoglienza, tra integrazione e coesione, tra eguaglianza e giustizia, questo dovrà fare sempre più la nostra Cgil.

Quelle due piazze si completano, sono il nostro riferimento politico, parte della nostra storia; allargano i nostri confini e danno forza alla nostra rappresentatività generale e alle nostre proposte strategiche: il Piano del lavoro e il nuovo Statuto dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. E’ lì che affondano le radici delle lotte di questi anni contro caporalato e schiavitù, contro lavoro nero e precariato, contro il jobs act, contro le diseguaglianze e le discriminazioni di genere, etniche, religiose e di orientamento sessuale, contro i ghetti, le carceri di tortura libiche e la chiusura dei porti, contro il liberismo e l’Europa dei vincoli finanziari. Contro le controriforme costituzionali, le secessioni dei ricchi, le privatizzazioni dei beni pubblici e la riduzione del perimetro pubblico.

Le piazze di Milano e di Roma sono il punto di partenza, non di arrivo. Chiedono scelte alternative e radicali, perché radicale è lo scontro di classe e strategica la posta in gioco. Chi ha riempito le piazze chiede di sapere su cosa, per cosa e per chi si vuole tornare al governo. Magari chiede anche con chi si vuole governare in futuro, visto che nel sistema elettorale proporzionale devi essere primo partito per imporre e non subire alleanze. Nessuno è autosufficiente e con chi allearsi potrebbe essere una scelta obbligata se vuoi governare, e questo potrebbe portare nuove scissioni o scomposizioni politiche.

Dalle piazze arrivano segnali importanti di fiducia, di partecipazione, nella consapevolezza che la rottura sociale non è ricomposta e il degrado, il qualunquismo sono penetrati nella società come nei luoghi di lavoro. La disgregazione del lavoro rischia di ampliarsi alla vigilia di una nuova crisi economica, dentro la quale l’Italia sarà ancora l’anello debole nella competizione capitalistica internazionale e di mercato. La strada è lunga, c’è da attraversare il deserto.

La Cgil unita e plurale, del noi e non dell’io, deve riaffermare il suo profilo autonomo, la sua identità generale, il suo progetto alto di cambiamento, ha il compito di costruire, con l’unità sindacale e le piattaforme presentate al governo, una nuova stagione di lotte, di ritornare con più forza e credibilità nei luoghi di lavoro per ascoltare, interloquire con i delegati e i lavoratori, riappropriarsi del ruolo di soggetto politico di rappresentanza sociale capace di riunificare il mondo del lavoro di oggi, di rivolgersi ai cittadini, ai pensionati, ai giovani, alle donne, al mondo del precariato, per offrire un luogo, uno strumento, una casa dove ritrovarsi e dove insieme lottare e costruire un futuro migliore.

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