Una mobilitazione generale per Roma - di Roberto Giordano

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Riceviamo e pubblichiamo 

L’intervento sullo scorso numero di Sinistra Sindacale sulle questioni del territorio romano e laziale, che pure abbiamo apprezzato per i temi trattati, necessita, a nostro avviso, di alcune precisazioni e approfondimenti. La Cgil di Roma e Lazio ha avviato la sua interlocuzione con la giunta Raggi, attraverso l’istituzione di un tavolo generale di confronto chiamato “Fabbrica Roma”. Quel tavolo non ha mai avuto vita, se non per questioni specifiche, e l’intendimento di ragionare sul rilancio di Roma, attraverso una condivisa idea di rispetto dei diritti di chi lavora e di riscatto di chi versa in una condizione sempre più vicina alla povertà, è naufragato miseramente.

Tre anni sono passati e solo oggi ci si decide (nonostante molteplici sollecitazioni) ad una vertenza che è generale soltanto per le società partecipate di Roma Capitale. Al netto dell’esito della manifestazione in Campidoglio, la vera questione sta nella capacità di proseguire una mobilitazione unitaria generale e non settoriale. Mettendo assieme la dimensione romana e quella regionale, probabilmente dovremmo chiarirci su cosa chiedere al Comune: dalle politiche abitative – all’interno delle quali la vicenda annosa delle occupazioni, con circa 15 mila occupanti, in considerevole parte migranti – a quelle sociali, passando per sanità territoriale, mobilità, ciclo dei rifiuti, rapporto fabbrica/ambiente (vedi il territorio di Civitavecchia), e così via. Si tratta di passare dalla modalità “categoriale” a quella “confederale”, con la sua visione generale dei problemi, e con le difficoltà di rappresentanza al tempo della disintermediazione.

Ma si tratta anche di ragionare su quanto un nuovo sindacato confederale sia capace non tanto di aprirsi all’esterno - cosa che facciamo da anni, seppure in maniera carsica – ma di metabolizzare questa apertura attraverso una rivisitazione profonda del proprio modo di confliggere, praticare vertenze, rappresentare interessi. In questo senso va letta la discussione sulla contrattazione inclusiva, che non può essere limitata ai temi del lavoro, ma deve diventare la griglia di lettura della realtà che ci circonda. Attraverso di essa possiamo provare a ricostruire quel legame con la parte più in difficoltà della società la quale, in maniera forse inusitata, oggi tende a guardare a destra più che a sinistra.

Per questo il rapporto con l’esterno - evocato nell’articolo cui si faceva cenno - deve diventare parte strutturante delle nostre relazioni sindacali. Negli ultimi due anni abbiamo provato, con tenacia e caparbietà, a costruire vertenze con il mondo di fuori e, allo stesso tempo, a proporci come interlocutori sul territorio. L’esperienza, ormai nota, di Nonna Roma (joint venture Arci/Cgil) va in questa direzione e diventa paradigmatica. Da esperienza di Banco Alimentare, rivolto alle fasce più deboli della società, Nonna Roma è diventata punto di riferimento per molte realtà territoriali, svolgendo una vera e propria azione politica. Servizio di prossimità dunque, rivolto a rispondere ai bisogni dei meno abbienti, ma soprattutto soggetto che costruisce iniziativa politica per la rimozione delle cause che determinano quei bisogni.

Dai fatti di Casal Bruciato fino a quelli più recenti della Pecora Elettrica a Centocelle, il lavoro dei volontari di Nonna Roma è sempre stato rivolto a ricostruire quel legame con le periferie che, neppure troppi anni fa, era stabile col nostro mondo. Legame significa condivisione di quei valori, a partire da quelli della nostra Costituzione, che fanno di una moltitudine una Comunità. Probabilmente, in questa fase storica, sta in capo a noi più che ad altri l’onere di determinare le condizioni sociali ineliminabili per la ricostruzione di una sinistra politica degna di questo nome.

C’è però anche un altro tema dirimente, tutto sindacale. La questione della rappresentanza confederale, come l’abbiamo conosciuta a partire dagli anni ’90, necessita di un aggiornamento strategico che vada oltre l’unità sindacale – pure fondamentale – con Cisl e Uil. L’apertura verso soggettività esterne alla Cgil deve portare alla ricostruzione di interessi generali di cui non siamo più gli unici portatori. Per questo l’alleanza con le varie soggettività ha dato già luogo a vertenze e all’apertura di tavoli come quello sull’abitare, dove accanto a Cgil, Cisl, Uil c’erano i movimenti per la casa, le associazioni degli inquilini, gli studenti, i costruttori. Non c’è molto da inventare, c’è molto da praticare. La ricostruzione di una rappresentanza generale si potrà ottenere soltanto agendo il conflitto sociale, conservandolo stabile nel tempo.

 

Anche per questo c’è bisogno di una sinistra sindacale unitaria, che superi vecchie incrostazioni e personalismi, realmente rappresentativa, confederale e nazionale, capace di una riflessione innovativa per contribuire a rilanciare la Cgil. Una sinistra sindacale in grado di guardare oltre i suoi tradizionali confini e che diventi soggetto costituente, innovando contenuti ma anche pratiche.

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