Francia: dopo lo sciopero del 27 gennaio la mobilitazione si allarga - di Lorenzo Battisti

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

Giovedì 27 gennaio la sinistra sindacale francese (Cgt, Force Ouvriere - Fo, Sud) ha proclamato una giornata di sciopero nazionale per l’aumento dei salari. Come in Italia e nel resto d’Europa, l’inflazione è aumentata in maniera considerevole nell’ultimo anno e mezzo: secondo l’Insee (l’Istat francese) i prezzi sono aumentati del 2,8%, con aumenti del 18,5% per i prodotti energetici (al cui interno si assiste a un aumento del 22,6% per i carburanti). Un aumento che però è stato più forte per la parte più povera della società, dove secondo l’Insee i prezzi sono aumentati del 3,1%.

A fronte di questi aumenti, i salari sono aumentati molto meno. Come osserva il capo economista di Allianz, in un articolo su “Le Monde” del 30 gennaio, si attendevano un aumento del tra il 2% e il 4% durante le Nao (le negoziazioni annuali obbligatorie), ma dai primi risultati sembra che queste siano vicine al 2%, con una perdita netta di potere di acquisto. Il tutto a fronte di una crescita economica del 7%. In sostanza, i salari non recuperano neanche l’inflazione, lasciando tutta la crescita nelle tasche degli azionisti.

Le manifestazioni del 27 gennaio sono quindi state organizzate per riportare il problema della divisione della ricchezza al centro del dibattito politico, dopo mesi in cui le piazze sono state occupate solo da manifestazioni di estrema destra contro mascherine e vaccini.

A queste manifestazioni si sono uniti i sindacati dei lavoratori della scuola, già protagonisti di un grande sciopero qualche giorno prima (80% di partecipazione): le condizioni economiche in questo caso si uniscono alla preoccupazione per le condizioni sanitarie nelle scuole e a una lenta distruzione del sistema scolastico francese (gli insegnanti di sostegno sono sempre meno, sempre più precari e pagati a salario minimo). Segno di questo malessere è stata la partecipazione delle associazioni degli studenti medi e superiori così come degli universitari.

Molto forte è stata la mobilitazione dei lavoratori del settore dell’energia, che denunciano i profitti fatti dalle loro aziende e ne chiedono la nazionalizzazione. A tutto questo si aggiunge la campagna che la Cgt porta avanti ormai da anni, per la riduzione dell’orario a 32 ore settimanali a parità di salario. Le manifestazioni hanno portato in piazza 150-200mila persone in tutta la Francia, di cui 20-30mila a Parigi. Se si confrontano questi numeri con quelli di altre mobilitazioni, possono sembrare deludenti. Il governo ha imposto il telelavoro quattro giorni su cinque fino al 3 febbraio, una data bizzarra, perché eravamo prevedibilmente ancora nel mezzo dell’ondata di Omicron. La preoccupazione era dunque tutt’altro che sanitaria, visto che per quella data la maggior parte delle Nao si sono già concluse.

Piuttosto la preoccupazione era quella di rendere difficile la mobilitazione dei lavoratori in telelavoro, impedendo rialzi importanti durante le negoziazioni, e tenere così il costo del lavoro basso e al di sotto dell’inflazione. Infatti i settori non soggetti a telelavoro, come ristoranti e hotel, hanno ottenuto rialzi ben più importanti (16%) dopo una lunga stagione di lunghi scioperi (le donne dell’Hotel Ibis Batignolles di Parigi hanno scioperato e picchettato l’hotel per oltre un anno!), iniziata un anno prima della pandemia.

Il telelavoro ha portato molti lavoratori a lasciare le grandi città e gli appartamenti di 15-20 metri quadri, per lavorare nelle case di origine, spesso in luoghi più ameni e spaziosi. Per questo le cifre dello sciopero restano sotto le potenzialità, ma non insoddisfacenti. Lo si può osservare dalle reazioni successive allo sciopero. L’Unsa, sindacato autonomo moderato, ha deciso di unirsi all’intersindacale Cgt-Fo-Sud per i prossimi scioperi per gli aumenti dei salari. Lo stesso ha fatto il sindacato autonomo quadri e dirigenti aziendali Cfe Cgc (i manager che si uniscono ai sindacati operai per chiedere aumenti salariali…). Ma anche la Cfdt, sindacato ultrariformista che ha cercato di boicottare lo sciopero del 27 gennaio, è stata costretta a indire una manifestazione la settimana successiva, per chiedere il giusto riconoscimento per i lavoratori in prima e in seconda linea durante la pandemia. Il suo segretario afferma che “i padroni dovrebbero dare un po’ indietro quello che hanno ricevuto” (un po’?).

Questo è un segno che la Cgt e gli altri sindacati hanno visto giusto: c’è una forte sofferenza tra i lavoratori, che viene da ben prima della pandemia, e una disponibilità a mobilitarsi e a scioperare; talmente forte che anche chi cerca di spegnere il fuoco è costretto dalla sua stessa base a mobilitarsi in qualche modo. L’intersindacale, ora composta da due organizzazioni in più, si riunirà nei prossimi giorni per determinare le prossime tappe di questo percorso di lotta.

©2024 Sinistra Sindacale Cgil. Tutti i diritti riservati. Realizzazione: mirko bozzato

Search