Il nostro impegno contro morti e infortuni sul lavoro - di Massimo Balzarini

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Il 2021 si chiude con un dato infortunistico drammatico, con un aumento delle denunce di infortunio sul lavoro (tra gennaio e dicembre sono state 555.236, +0,2% rispetto allo stesso periodo del 2020), con un calo insignificante dei casi con esito mortale. 1.221 morti sul lavoro in un solo anno, basterebbe questa cifra a denunciare la distanza dalla dignità del lavoro. In aumento anche le patologie di origine professionale: 55.288 (+22,8%).

I dati sono fortemente influenzati dall’emergenza Coronavirus, anche rispetto al ritardo nel riconoscimento del nesso causa-effetto e nella difficoltà di accesso ai servizi competenti da parte degli infortunati.

Le denunce di malattia professionale nel 2021 sono state 55.288, oltre 10mila in più rispetto allo stesso periodo del 2020 (+22,8%) sebbene lo stato di emergenza, le limitazioni alla circolazione stradale e gli accessi controllati a strutture sanitarie di vario genere abbiano disincentivato e reso più difficoltoso al lavoratore la presentazione di eventuali denunce di malattia. Le patologie più frequenti continuano ad essere a carico del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo (36.163 casi), del sistema nervoso (6.337) e dell’orecchio (3.614), seguite dai tumori (1.702) che superano quelle del sistema respiratorio (1.643).

La Lombardia si conferma una regione ad alto tasso infortunistico con 103.823 denunce di infortunio, +24% in itinere, delle quali 164 con esito mortale.

A fronte di questo fenomeno, che da anni denunciamo e sul quale abbiamo provato a misurarci nel confronto con le istituzioni a tutti i livelli, registriamo attenzione da parte della politica e della stampa solo in occasione di eventi particolarmente drammatici. Le nostre proposte sono chiare. Sebbene sia indispensabile rafforzare il fronte ispettivo, sia con aumento degli organici che incrementando le risorse tecniche e strumentali, abbiamo necessità di attuare la prevenzione “efficace”. A partire dalla formazione obbligatoria per tutti i soggetti della prevenzione, datori di lavoro in primis, verificando che i soggetti erogatori siano reali e competenti, evitando il rilascio di attestati fasulli.

Le nostre proposte e le piattaforme unitarie sono molto chiare, ma abbiamo assistito a una politica nazionale debole, che stanzia risorse per soli mille ispettori sul livello nazionale, aumentando uno scontro apparente fra Ispettorato Nazionale del Lavoro e Asl, in realtà ad oggi le uniche competenti sul fronte ispettivo, nel più assoluto silenzio delle associazioni datoriali. Come se il rispetto della dignità del lavoro e preservare la salute psicofisica di lavoratrici e lavoratori fosse solo un “problema” del sindacato. La stessa debolezza la registriamo anche in Regione Lombardia, mentre nel nostro territorio da inizio anno registriamo 10 morti per cause di lavoro.

Per contro dobbiamo continuare la riflessione sul nostro ruolo, sulla nostra capacità di coinvolgere lavoratrici e lavoratori nella percezione del rischio, nella formazione che noi, organizzazioni sindacali, dobbiamo proporre, evitando di delegarla ai tecnici che spesso non conoscono le realtà produttive. Dobbiamo esigere che i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza siano presenti in tutti i luoghi di lavoro, eletti o designati, che abbiano le agibilità necessarie, che siano supportati dalla struttura sindacale, non siano lasciati soli nel difficile compito di difesa della dignità del lavoro.

Prevenzione efficace e tutela dell’integrità psicofisica delle donne e degli uomini che lavorano sono prima di tutto un nostro dovere.

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