Coordinamento regionale veneto di Lavoro Società: una discussione approfondita sulla fase politico-sindacale, verso il congresso - di Paolo Righetti

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Alla riunione, il 9 maggio scorso, hanno partecipato una trentina di compagne e compagni. È stata introdotta dal coordinatore regionale Paolo Righetti e, dopo una decina di interventi, conclusa con il contributo del referente nazionale, Giacinto Botti. Il dibattito si è concentrato sulla preoccupante situazione del contesto geopolitico, economico e sociale a livello globale e nazionale, e sulle prospettive del prossimo Congresso della Cgil.

Fermare la devastante guerra in Ucraina, che da oltre due mesi produce morte e distruzione, e la drammatica escalation militare, imprevedibile nella sua estensione e intensità, è stata indicata come la priorità assoluta di questa fase. Bisogna dare continuità ed estendere le iniziative di pace a sostegno di un’azione diplomatica per un cessate il fuoco immediato, che consenta di arrivare, attraverso il negoziato, alla fine delle ostilità, in un quadro di reciproca sicurezza per tutte le parti coinvolte. Bisogna far prevalere questo percorso sulle scelte militariste che stanno prolungando la durata della guerra e le sofferenze del popolo ucraino.

È necessario rilanciare a livello globale una battaglia ideale per far prevalere i percorsi di conciliazione come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, prima di tutto con la riduzione delle armi nucleari e più complessivamente di tutte le spese militari. E per far prevalere la cooperazione e la convivenza pacifica tra gli Stati e tra i popoli sulle mire di espansionismo, sui nazionalismi, sulle contrapposizioni per blocchi, sulla corsa agli armamenti, su una competizione estrema e dissennata ad accaparrarsi le materie prime e i mercati, che produce profonde diseguaglianze tra e dentro gli Stati, che distrugge l’ambiente e consuma senza limiti le risorse naturali e le fonti energetiche del pianeta.

Quanto successo ha già prodotto e produrrà conseguenze pesanti e intollerabili in vite umane e sul piano economico e sociale, come sempre soprattutto sulla popolazione civile, sulle fasce più deboli e povere della società. Accentuando gli effetti negativi di un modello di sviluppo globale che già determina diseguaglianze sempre più ampie e strutturali, un incremento sempre più diffuso del lavoro povero, precario e insicuro, un forte aumento della povertà assoluta e relativa, una drastica riduzione delle risorse e del perimetro di intervento dei sistemi pubblici di tutela della salute, di istruzione e di protezione sociale.

E' un modello di sviluppo, di produzione e produttività che è la principale causa della devastazione e dell’inquinamento dell’ambiente e della stessa catena alimentare, delle emergenze climatiche e sanitarie sempre più frequenti. Un modello fondato sulla prevalenza del profitto e dell’interesse privato sul bene comune, sulla tutela della collettività e dei diritti universali, e sulla stessa salute, come purtroppo è chiaramente emerso anche nella gestione della pandemia e della produzione e distribuzione dei vaccini e dei farmaci anticovid.

Un modello che alimenta una pericolosa regressione valoriale e culturale, caratterizzata da un forte egoismo e individualismo, che porta a far prevalere le scelte personali sui diritti e le tutele collettive, che ha creato un crescente disagio sociale in cui si inseriscono e trovano spazio i processi autoritari e le strumentalizzazioni dell’estrema destra. Fino alle azioni eversive, come l’attacco alla sede della Cgil nazionale, la più grande organizzazione di rappresentanza sociale che mantiene vivo il valore dell’antifascismo, della Costituzione, che fa da argine al diffondersi delle ricette sovraniste, populiste e divisive, che persegue la riunificazione di tutto il mondo del lavoro, l’estensione a tutti dei diritti sul lavoro e delle protezioni sociali.

Si stanno rimettendo in discussione la transizione green e quella energetica; si stanno riproponendo sistemi di produzione energetica vecchi e pericolosi per il clima e per l’ambiente, quando invece sarebbe necessaria una forte accelerazione dello sviluppo delle filiere dell’energia rinnovabile, dell’efficientamento energetico e dell’economia circolare.

Con i decreti energia, aiuti, etc. non si sta intervenendo sulle vere cause, prevalentemente legate alla speculazione e ai meccanismi di determinazione delle tariffe, e sugli effetti dell’aumento esponenziale dei costi energetici, delle bollette, delle spese alimentari, su una pesante crescita dell’inflazione che mette in crisi il sistema produttivo e soprattutto riduce drasticamente il potere d’acquisto dei lavoratori, dei pensionati, delle fasce più deboli della popolazione.

Nella legge di bilancio non sono state date risposte concrete alle proposte e rivendicazioni della piattaforma sindacale unitaria su fisco, previdenza, ammortizzatori e protezioni sociali, riduzione della precarietà, nuove politiche industriali. Insomma, siamo di fronte a un quadro di riferimento politico, istituzionale, di governo che, per la sua natura e composizione, va in una direzione opposta alla prospettiva di un cambiamento radicale di questo modello di sviluppo.

Con tutti i suoi limiti, contraddizioni e ritardi, la Cgil è stata l’unico grande soggetto di rappresentanza generale che ha tentato di contrastare questa regressione e ha provato a delineare un cambiamento radicale nelle politiche ambientali-economiche-sociali. Lo ha fatto a partire dal Piano del lavoro e dalla una nuova Carta dei diritti universali del lavoro, una proposta fondamentale e strategica da rilanciare con determinazione, con l’azione importante a tutela della salute e del reddito svolta in tutta la fase della pandemia e della campagna vaccinale. Con una scelta netta a sostegno della salvaguardia climatica e della trasformazione e riconversione ecologica di energia, infrastrutture e produzioni, accompagnandola con una giusta transizione che garantisca adeguate tutele occupazionali, lavorative e sociali. Con le tante iniziative e mobilitazioni di questi anni, fino allo sciopero generale del 16 dicembre 2021, per la riduzione della precarietà, per contrastare delocalizzazioni e dismissioni, per la qualità, i diritti e la sicurezza sul lavoro, per rinnovare i contratti, per salvaguardare e rafforzare i sistemi pubblici di salute, istruzione, previdenza e protezione sociale, per garantire l’accesso universale a beni primari e servizi essenziali, per un sistema fiscale più equo e progressivo. Con la posizione netta per la pace, per fermare al più presto la guerra in atto, per “abolirla” come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Il prossimo congresso sarà importantissimo per ribadire e attualizzare la linea politico-sindacale e contrattuale della Cgil. Per questo serve una grande partecipazione di iscritte e iscritti, lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, che richiede tempi adeguati, soprattutto per lo svolgimento delle assemblee di base.

Per il coordinamento regionale veneto di Lavoro Società è necessario confermare e rafforzare le priorità strategiche definite in questi ultimi anni e dare continuità al percorso di rivendicazione e iniziativa sindacale dell’ultimo sciopero generale. Vanno salvaguardate l’autonomia progettuale e di iniziativa e la coerenza dell’azione indispensabili per l’estensione del nostro consenso e del rapporto con l’insieme della nostra rappresentanza. Va data una forte accelerazione ai processi politico-organizzativi di maggiore confederalità, rafforzamento dell’insediamento nei luoghi di lavoro e nel territorio, capacità di contrattazione inclusiva, contrattazione sociale e territoriale, rappresentanza generale, ribaditi all’assemblea organizzativa di Rimini, ma che incontrano ancora resistenze e forti spinte alla verticalizzazione delle strutture.

Come Lavoro Società, con le nostre difficoltà e i nostri limiti, abbiamo svolto, a livello nazionale e veneto, una funzione importante di analisi, proposta e sollecitazione, contribuendo attivamente a far assumere a tutta la Cgil gli obiettivi, le posizioni, le decisioni e le iniziative di questi ultimi anni. Priorità e scelte strategiche che non sono scontate, perché la discussione nell’organizzazione è stata ed è complessa, le valutazioni e gli orientamenti sono articolati e diversificati, alcune posizioni ancora troppo ambigue o superficiali. Soprattutto, le pratiche negoziali e contrattuali spesso non sono coerenti con le scelte strategiche approvate.

La riunione ha condiviso l’orientamento del coordinamento nazionale di proseguire la nostra esperienza collettiva anche in questo congresso, confermando la collocazione nell’ambito della maggioranza e della sua articolazione plurale, portando come sempre un nostro contributo di analisi e proposta, a partire dalla commissione politica nell’elaborazione del documento congressuale. È utile dare continuità a un’aggregazione programmatica che, da sempre, non si propone come mera testimonianza o sterile contrapposizione autoreferenziale, ma vuole far assumere all’intera Cgil obiettivi e posizioni più avanzate, iniziative coerenti e tempestive.

Il tutto sapendo che dovremo conquistare il riconoscimento della nostra rappresentanza nella discussione politica, la nostra presenza negli organismi e negli esecutivi delle diverse strutture in rapporto alla nostra reale dimensione. Perché c’è una crescente insofferenza dell’organizzazione a riconoscerci come rappresentanza collettiva: il valore del pluralismo si predica molto ma si pratica poco. Delimitandolo al riconoscimento delle posizioni congressuali alternative, o sviluppandolo come dinamiche di potere e alleanze tra gruppi dirigenti o contrapposizione tra strutture, invece che come confronto trasparente e collettivo sul merito.

Il coordinamento regionale ritiene necessario che, a tutti i livelli, si sviluppi in tempi stretti un confronto con le strutture della Cgil su tutti gli aspetti congressuali, la condivisione delle priorità politiche, le garanzie di una corretta considerazione della nostra rappresentanza e presenza negli organismi, la valorizzazione delle compagne e dei compagni di Lavoro Società nei ruoli di direzione politica.

 

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