Coltano, 2 giugno 2022: una risposta corale per una vertenza esemplare - di Ciccio Auletta

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La manifestazione del 2 Giugno è riuscita a ottenere una partecipazione numerosa e combattiva.

Nel borgo di Coltano e nella campagna circostante, nel territorio del comune di Pisa e all’interno del Parco naturale regionale Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli, c'è stata il 2 Giugno una straordinaria manifestazione, con un grande, festoso e determinato corteo, indetto dal Movimento “No base né a Coltano né altrove”, che si è snodato per otto chilometri tra i campi, per protestare contro il progetto di installare nell’area una enorme base militare dei carabinieri su una superficie di 73 ettari e con 440mila metri cubi di edificato.

Tanto il progetto quanto la manifestazione appaiono emblematici, nel male come nel bene, della fase storica che attraversiamo.

Il colossale progetto è calato come una bomba su Pisa e sul suo territorio del tutto all’improvviso, il 25 marzo, quando è apparso sulla Gazzetta Ufficiale il testo di un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, che annunciava la costruzione della struttura a Coltano, applicando la normativa speciale per le opere destinate alla difesa nazionale che permette di bypassare ogni e qualsiasi vincolo e procedura urbanistica ordinaria.

Come si è capito nei giorni immediatamente successivi, non si trattava tuttavia di un’improvvisata. Mentre infatti Regione Toscana, Comune e Provincia di Pisa, Ente Parco di Migliarino-San Rossore-Massacciuccoli e forze politiche alla guida di queste istituzioni si affannavano a dichiarare la loro sorpresa e la loro indignazione per un progetto così impattante e rimasto chiuso fino all’ultimo istante nei cassetti del governo, il certosino lavoro della coalizione di opposizione nel consiglio comunale pisano Diritti in comune (Una città in comune – Rifondazione Comunista) - la stessa che aveva scoperto e reso pubblico il decreto presidenziale - ha dimostrato come il progetto circolasse in realtà da almeno un anno e che era stato reso noto - se non preliminarmente discusso, come è estremamente probabile - a tutti gli enti interessati almeno da un anno, e precisamente dal 9 aprile del 2021.

Cosa c’è dunque di emblematico, anzi di esemplare, in questa vicenda? Si fa molto presto a dire. Un progetto di ulteriore militarizzazione di un territorio già ampiamente piagato da storiche e colossali presenze militari, in un’epoca in cui il riarmo rappresenta una minaccia sempre più grave sull’insieme dell’umanità e sempre più scandalosa rispetto all’aggravarsi dei problemi planetari. La volontà di realizzare una grande opera di violentissimo impatto ambientale, con una cementificazione e infrastrutturazione assai vasta che va a colpire un territorio già largamente impermeabilizzato. Un insediamento tutto pensato all’interno di un’area naturale protetta, che per definizione non deve essere mai interessata da opere che non siano in armonia con le finalità di tutela ambientale.

Un’operazione pensata nel corso degli anni, accuratamente pianificata, resa nota alle istituzioni - e probabilmente discussa con esse - ma mai resa nota alla cittadinanza né tanto meno fatta oggetto di percorsi partecipativi, anzi al contrario annunciata a cose fatte con decreto a carattere emergenziale. Il ruolo connivente di tutte le istituzioni interessate a mantenere segreta l’operazione, e l’ipocrisia e la menzogna sistematiche mostrate dopo l’esplosione del bubbone. L’ignoranza, o forse peggio il consapevole disprezzo, mostrato da tutti questi soggetti sia verso le vocazioni di un territorio tutelato e di grande pregio, sia verso coloro che vi abitano e vi lavorano, anzitutto i concessionari dei terreni al centro della vicenda, un’azienda di biologico certificato.

Infine - ma l’elenco non è completo - il fatto che l’opera verrebbe finanziata con una cifra enorme - 190 milioni di euro - estratta da finanziamenti che dovrebbero avere tutt’altra destinazione come quelli del Pnrr o del Fondo di coesione sociale europeo, tanto più in un momento di gravissima crisi sociale e in un comune che presenta carenze gravissime dovute a mancanza di fondi pubblici nei campi dell’edilizia popolare, delle biblioteche, degli edifici scolastici, degli asili, della sanità e via enumerando.

Troviamo qui, insomma, intimamente saldati la spinta al riarmo, il ricorso sistematico a legislazioni di emergenza, il disprezzo per le procedure democratiche, il totale disinteresse per la corretta conservazione delle risorse ambientali e per le esigenze di benessere dei cittadini e delle cittadine, l’uso distorto di fondi che sono istituzionalmente destinati a sanare piaghe sociali, la segretezza complice dei vertici istituzionali che - in quanto espressione diretta o indiretta della cittadinanza - sarebbero tenuti all’obbligo della massima trasparenza e anzi del coinvolgimento dell’opinione pubblica.

E’ stata questa complessa esemplarità a fare di questo ulteriore intervento di “cementificazione armata” della Piana pisana uno scandalo inedito, con fortissimo impatto sull’opinione pubblica non solo pisana e toscana, ma anche nazionale.

Non è indispensabile entrare nei dettagli di come la vertenza si sia sviluppata tra gli ultimi giorni di marzo e il 2 Giugno, con un moltiplicarsi di partecipazione ed eventi quotidiani in città. Quel che conta osservare è che l’abnormità e l’intrecciarsi di tutti questi elementi e la loro pubblicizzazione hanno da un lato costretto le istituzioni locali e i partiti che le governano a una serie di atti e comportamenti goffamente difensivi, che non hanno comunque mai condotto a un accantonamento del progetto che da loro stessi viene definita una “opportunità” per il territorio.

Da un altro lato hanno consentito a un ampio ventaglio di soggetti di costruire un movimento, il Movimento No Base, aperto e plurale, capace in poche settimane di costruire una mobilitazione efficace e sentita che travalica di gran lunga i confini locali e regionali, e che ha il suo centro anzitutto nel Comitato per la difesa di Coltano, cioè in un ampio nucleo di abitanti della frazione e della campagna circostante. Una battaglia locale ha quindi la possibilità e la capacità di diventare nazionale e - viceversa - istanze di grande respiro politico e ideale possono venir fatte proprie - e vengono fatte proprie - sul territorio dai soggetti direttamente investiti dal progetto.

La manifestazione del 2 Giugno è stata a sua volta esemplare perché è riuscita a raccogliere - in tempi estremamente brevi e in un periodo dell’anno poco adatto a iniziative di questo tipo - una partecipazione numerosa e combattiva, composta da una grande varietà di soggetti di tutti i livelli, da quello locale di Coltano a quello cittadino, fino a quelli regionale e nazionale.

Al di là dell’indignazione e dell’emergenza - come ha confermato l’assemblea tenuta sempre a Coltano il giorno seguente - riguardanti la vicenda specifica che ha fatto da catalizzatrice, quel che si è visto all’opera in modo efficace sono il concetto e la pratica della convergenza: istanze territoriali, pacifiste, antimilitariste, femministe, ambientaliste, legate alle condizioni di vita e di lavoro, di orientamento sociale della spesa pubblica, hanno trovato il modo di confluire su una vertenza che, come quelle della Tav Torino-Lione, come quella della Gkn, o come quella No Keu degli sversamenti di sostanze tossiche nella Zona del Cuoio, è in grado di mostrare l’interconnessione tra crisi ambientale, crisi della democrazia e attacco alle condizioni di vita dei soggetti che non hanno accesso diretto alle leve del governo, cioè la stragrande maggioranza della popolazione, in tutto il mondo.

La manifestazione del 2 Giugno insomma costituisce un’altra tappa di quella ricostruzione di un tessuto democratico diffuso in atto da qualche tempo, che spinge con forza verso una ridefinizione delle priorità collettive in direzione della pace, della tutela ambientale, della giustizia sociale, dei diritti. Ciò non è di per sé, naturalmente, garanzia di successo del movimento in generale né degli abitanti di Coltano e di chi a Pisa e in Toscana si sta battendo contro la nuova mega-base. Questo successo dovrà essere necessariamente costruito nei mesi e forse anni a venire, con un lavoro tenace e intenso come quello fatto in questi due mesi. Ma questa vertenza sarà vinta e assumerà anch’essa il carattere paradigmatico che merita – com’è già avvenuto nel caso della Tav Torino-Lione e della Gkn - se attorno ad essa si costruiranno un consenso, una solidarietà e un dibattito nazionali.

Per fare questo è necessario però che “sciolgano le vele” troppi soggetti che sono rimasti fino a questo momento stranamente a guardare, fermi in porto: dal mondo della conoscenza più consapevole e impregnato di valori civici, al sindacato confederale (a partire dalla stessa Cgil), dal grande associazionismo ambientalista e dei parchi fino all’associazionismo democratico (su tutti l’Anpi), che in altre fasi storiche della vita del paese sono stati protagonisti di grandi battaglie per la pace, i diritti, l’ambiente. Questa la sfida delle settimane e dei mesi a venire.

 

 
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