Ciao Ciano! - L’amico e compagno Giulio Miglio per lunghi anni dirigente sindacale Fisac Cgil

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Faceva caldo quel giorno, il 15 giugno, in cui abbiamo dato l’ultimo saluto al caro compagno Luciano Favaro. O forse ero semplicemente io che poco tolleravo di salutare quel fraterno amico che mi ha accompagnato nella mia storia sindacale, da quando, nel 1995, sono entrato nella Rappresentanza sindacale aziendale della banca per la quale lavoravo. Poi, con la semplicità che lo ha sempre caratterizzato, mi ha detto “uno come te, che è segretario di un circolo di Rifondazione Comunista, deve essere di Lavoro e Società”.

Mi è stato sempre amico, anche dopo che entrambi abbiamo lasciato il lavoro. Ci trovavamo spesso, anche nel lungo periodo in cui quel male che lo ha portato via lo tormentava. Parlavamo di politica e di sindacato, ma anche di tutte le cose che hanno riempito di passione la sua vita. Diverse volte all’anno andavamo ad acquistare il vino in Friuli. Sul Collio e sui Colli Orientali del Friuli. Ciano, sfidando il mostro che lo stava divorando, non disdegnava un buon bicchiere di vino e i piatti della tradizione friulana e della ex Jugoslavia.

Quel 15 giugno, nella Sala del Commiato del Cimitero di Marghera, ho sentito molte persone esaltare le doti politico-sindacali di Luciano, la sua lucidità nel dettare la linea nel corso dei suoi interventi ad assemblee e congressi. Qualcuno ci ha anche parlato della sua vita privata, la sua passione per il pugilato, l’Anpi, i partigiani, la sua famiglia.

Ci sono stati momenti di commozione mentre amici e compagni lo ricordavano, soprattutto nel corso dei due canti che lui ha espressamente richiesto. È stato lucido, come sempre, fino agli ultimi istanti del suo percorso terreno, al punto tale da aver predisposto nei dettagli, come ci ha riferito sua figlia nel corso della cerimonia, quell’estremo saluto che lui ha dato a noi.

In quella triste situazione ho sentito, nelle parole di chi è intervenuto, che molti hanno avuto con lui rapporti conflittuali. Devo confessare che, pur avendo assistito, nel corso della mia attività sindacale, a qualcuno di questi “scontri”, tra lui e me ciò non è mai accaduto, e non certo per meriti miei. Sembrava che Luciano facesse tutto praticando gli insegnamenti che impartiva ai giovani pugili di quella UnionBoxe di cui era presidente. Certo i guantoni li indossava, ma ai suoi giovani allievi non ha mai insegnato l’aggressione. Saliva sul ring della vita indossando i guantoni ma, come tutti i grandi pugili, saltellava sul quadrato, metteva in atto schermaglie con gli “avversari” e poi, solo se aggredito, colpiva, sempre con lucidità. A volte, se non poteva farne a meno, sferrava il colpo del knock out.

Nelle nostre discussioni lo tenevo a distanza con alcuni jabs, le dimensioni della sua mano mi hanno sempre un po’ impressionato! Poi, come la nostra storia ci ha insegnato, c’era la sintesi e, senza alcun rancore, con un calice di vino si risolveva il match.

Oggi Luciano Favaro non è più tra noi. Sono però presenti i suoi insegnamenti, il suo coraggio, la determinazione nel fare le cose, la chiarezza e la profondità delle idee e delle riflessioni. Vorrei dire che oggi sono pochi i dirigenti politico/sindacali in grado di lasciare un segno così profondo.

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