Disarmo: i Paesi membri del Trattato Tpnw approvano un piano di azione contro le minacce nucleari - di Sinistra Sindacale

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Il 24 giugno scorso, dopo tre giorni di approfondito dibattito e confronto alle Nazioni Unite a Vienna, i 65 Stati che fanno parte del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw) hanno concluso la prima riunione del Trattato, condannando in modo inequivocabile “qualsiasi minaccia nucleare, sia essa esplicita o implicita e a prescindere dalle circostanze”. Una presa di posizione, anche in risposta alle intimidazioni nucleari della Russia, che costituisce la più forte ed esplicita condanna multilaterale di sempre alla minaccia di usare armi nucleari.

La “Dichiarazione di Vienna” – approvata per acclamazione e con pieno consenso – indica la strada di una nuova alleanza globale che utilizza il quadro di riferimento del Trattato Tpnw per ridurre i rischi di guerra nucleare, definendo passi concreti e comuni per porre fine all’era delle armi nucleari. Fanno parte di questa nuova alleanza i 65 Stati Parti del Trattato, gli altri Stati sostenitori, i sopravvissuti alle esplosioni nucleari, le organizzazioni internazionali, parlamentari, istituzioni finanziarie, giovani e società civile.

La prima riunione degli appartenenti al Tpnw dopo la sua entrata in vigore doveva affrontare vari passaggi per rendere il Trattato realmente operativo. Ma proprio perché non si tratta di un documento vuoto e retorico, il confronto tra gli 83 Stati presenti alla conferenza (diversi solo osservatori, non Parti del Trattato) ha portato ad altri risultati tangibili.

Gli Stati Parti hanno preso decisioni chiave sulla condanna delle recenti minacce nucleari, sull’avvio dei lavori per la creazione di un fondo fiduciario a sostegno delle persone danneggiate dall’impatto delle esplosioni nucleari, sull’istituzione di un comitato consultivo scientifico, sulla fissazione di una scadenza di dieci anni per la distruzione delle armi nucleari, e sull’adesione di altri Paesi al Tpnw, al fine di fermare le minacce, la guerra e la corsa agli armamenti nucleari.

Queste decisioni si sono basate sulla testimonianza e sull’esperienza vissuta da coloro che conoscono in prima persona l’impatto delle armi nucleari. Il Piano d’azione sottolinea l’importante principio del “nessuna decisione che ci riguardi, senza ascoltare le nostre voci”, e garantisce che le persone più colpite siano maggiormente coinvolte nei processi decisionali e di implementazione delle norme del Trattato.

La Dichiarazione e il Piano d’azione di Vienna sono una strada per costruire una potente norma contro le armi nucleari: non attraverso dichiarazioni altisonanti o vuote promesse, ma grazie ad un’azione concreta e mirata che coinvolge una comunità veramente globale di governi e società civile.

“Le armi nucleari devono essere eliminate prima possibile. La Conferenza di Vienna ha sottolineato ancora una volta quanto lavorare insieme società civile, associazioni, attivisti scienziati e governi porti a risultati concreti – ha dichiarato Daniele Santi, presidente della campagna italiana Senzatomica – e continueremo a impegnarci dimostrando quanto sia efficace e potente questo partenariato pubblico-privato. Sono certo che anche in Italia insieme riusciremo a far diventare il disarmo nucleare un tema pubblico e che, come successo per la messa al bando delle mine anti persona e delle munizioni a grappolo, sarà determinante per la loro eliminazione totale”.

Soddisfazione piena da parte della International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (che insieme al Comitato internazionale della Croce Rossa avrà uno status consultivo) e del mondo scientifico, dalle cui analisi sono derivate molte delle scelte prese a Vienna.

Purtroppo, nonostante una risoluzione in commissione Esteri della Camera votata da tutte le forze di maggioranza che chiedeva al governo di valutare una presenza a Vienna, l’Italia non si è presentata. Mancando l’occasione di un confronto costruttivo invece sperimentato da Germania, Belgio, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia… tutti Stati Nato o in qualche modo associati all’ombrello nucleare, che hanno partecipato alla conferenza almeno come osservatori. E che, oltre ad alcune scontate e prevedibili critiche, hanno espresso la volontà di essere coinvolti in un percorso collettivo, in particolare a riguardo dei cosiddetti “obblighi positivi” cioè quei progetti di trasparenza, sostegno alle vittime e rimedio ai danni ambientali che possono migliorare la situazione internazionale legata all’armamento nucleare.

Scelte che anche l’Italia potrebbe fare già ora, come da sempre chiesto dalla società civile, e che anche il Parlamento ha suggerito come strada possibile al governo, atteso a questa scelta da tutti gli Stati del Tpnw e dalla società civile che lo sostiene. Del resto sono molto forti e impegnative le frasi conclusive della Dichiarazione di Vienna: “Non ci fermeremo finché l’ultimo Stato non avrà aderito al Trattato, l’ultima testata non sarà stata smantellata e distrutta, e le armi nucleari non saranno totalmente eliminate dalla Terra”.

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