Francia: cresce la mobilitazione per il salario e contro la guerra - di Lorenzo Battisti

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La situazione in Francia non differisce da quella degli altri paesi europei. Le conseguenze del coinvolgimento indiretto del nostro continente nel conflitto ucraino sono la radice comune dell’aumento dei prezzi e della crisi economica che verrà. L’aumento dei prezzi è stato qui limitato dal tetto imposto per legge al prezzo del gas e dell’elettricità per le famiglie. Ma questo non ha impedito che anche i redditi dei lavoratori fossero erosi dall’inflazione.

Già l’anno scorso le Nao (negoziazioni annuali obbligatorie) non erano riuscite a recuperare l’inflazione: secondo i dati riportati da Le Monde, a fronte di un’inflazione nazionale del 2,8%, i salari erano aumentati in media del 2%. In sostanza ogni lavoratore ha già regalato nel corso dell’anno due giorni di lavoro gratuiti alla propria azienda. Ma la situazione è ulteriormente peggiorata quest’anno.

Questo ha dato il via a una serie di scioperi in moltissime aziende e nel settore pubblico: non si potevano aspettare le negoziazioni di fine anno quando già in molte grandi città non si riusciva ad arrivare a fine mese. L’aumento del salario minimo, indicizzato all’inflazione, ha coperto parzialmente i redditi più bassi (che però faticano come prima ad arrivare alla fine del mese). Ma per tutti gli altri si è verificata una perdita netta di potere d’acquisto.

Gli scioperi, come spesso in Francia, sono duri. Non si tratta di qualche ora o di un giorno, ma di bloccare l’attività per giorni e settimane: resistere un giorno più del padrone. E così è stato in tante aziende. Già in estate, un periodo inusuale, la Cgt e Sud avevano lanciato una giornata di sciopero intercategoriale per unire queste lotte. Il successo di questi scioperi aveva spinto la confederazione moderata Cfdt a indire una giornata di riflessione sul tema, dove si sosteneva che dopo gli aiuti ricevuti in pandemia le aziende dovessero ora rendere un po’ alla società (non commento l’inadeguatezza di questa posizione …).

Ma il movimento si è esteso dopo l’estate. Il punto più alto finora è lo sciopero ad oltranza delle raffinerie e delle centrali nucleari. Le prime stanno creando da settimane una scarsità di carburante che colpisce quasi tutto il paese: i centri commerciali sono vuoti (le persone non possono andarci), i taxi fermi, ci sono code chilometriche alle stazioni di servizio aperte. Diverse centrali nucleari sono state occupate dai lavoratori da giorni, in una situazione in cui i due terzi degli impianti sono in manutenzione e obbligano la Francia a comprare elettricità dall’estero.

La risposta da parte del governo è stata feroce. Per le centrali è stata inviata a molti lavoratori la requisizione, provvedimento con cui il governo può obbligare al rientro al lavoro a fronte di un interesse nazionale colpito dallo sciopero. Il ricorso in tribunale della Cgt non è stato accolto, ma le raffinerie continuano ad essere in maggior parte bloccate dai lavoratori. Alcuni lavoratori delle centrali nucleari invece sono stati arrestati dai servizi segreti anti terrorismo e portati in cella. Un provvedimento assolutamente anti democratico e simbolico di come si vuole affrontare l’ondata di scioperi autunnale.

Per questo la Cgt, Sud e i sindacati del lavoro pubblico hanno lanciato una prima giornata di sciopero nazionale il 28 settembre scorso: per creare un movimento nazionale per l’aumento dei salari e la condivisione di ricchezza. E poi una seconda giornata il 13 ottobre, che ha visto la partecipazione aumentare sensibilmente. E ancora una giornata il 27 ottobre (organizzata dalla sola Cgt, a cui appartengono gli scioperanti delle raffinerie e delle centrali elettriche) per continuare il 10 novembre, quando l’obiettivo è bloccare in maniera sensibile l’economia del paese. I lavoratori dei trasporti mirano a che non una metro e non un treno circolino nel paese.

Siamo probabilmente all’inizo di una grande mobilitazione dei lavoratori francesi, decisi a non lasciare che la guerra e il governo si mangino i salari.

Per vincere è necessario che la mobilitazione si estenda, tanto in Francia quanto negli altri paesi europei. La solidarietà internazionale è alla base da sempre del movimento sindacale europeo e sarà fondamentale nei prossimi mesi. O i lavoratori europei vinceranno insieme la lotta per il salario, e appunto queste esperienze francesi saranno di esempio per altri, oppure saremo costretti tutti a pagare i costi di questa folle partecipazione bellica.

Una guerra che deve terminare il prima possibile. Pace e salario devono essere al centro dell’azione di tutti i lavoratori europei.

 

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