Dall’idrogeno verde alle trivelle: no al ritorno al passato - di Paolo Righetti

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La devastante guerra in Ucraina ha prodotto anche conseguenze fortemente negative sull’accesso e sui costi dell’approvvigionamento energetico, ed ha accentuato ulteriormente una intollerabile speculazione sui prezzi e sulle tariffe di luce e gas, mettendo a rischio la tenuta produttiva e i livelli occupazionali e producendo effetti pesantissimi sul reddito dei lavoratori, dei pensionati, delle fasce più deboli della popolazione.

Quanto sta succedendo nel mondo, nello scenario geopolitico, sta rimettendo in discussione anche scelte strategiche che sembravano oramai condivise e consolidate. La salvaguardia dell’ambiente, il contenimento delle emissioni, la decarbonizzazione, lo sviluppo dell’economia circolare, almeno formalmente erano stati assunti come obiettivi prioritari nell’Agenda 2030, nelle strategie di sviluppo sostenibile elaborate a livello europeo, nazionale, regionale, negli stessi obiettivi strategici del Pnrr.

Insomma, anche se ancora con grandi ostacoli, resistenze e gravi ritardi rispetto alla dimensione e alla progressione dell’emergenza climatica, ci si era posti la necessità di intervenire per invertire la situazione, e dare un futuro al pianeta e alle nuove generazioni.

La transizione ecologica e quella energetica, e le loro ricadute in termini di trasformazione, innovazione e sostenibilità sui sistemi di produzione dell’energia, sugli interventi per l’efficientamento energetico, sul sistema delle attività produttive, sui modelli di consumo, erano diventate tra le sfide principali di questa fase storica. Le conseguenze e le ricadute della guerra in corso, con le oggettive difficoltà di approvvigionamento e di costo delle fonti energetiche, stanno invece spingendo verso una frenata, se non verso una vera e propria regressione sulle modalità e sui tempi della transizione energetica ed ecologica. Lo dimostrano i provvedimenti governativi, a partire dal recente Piano nazionale per l’emergenza energetica, che prevedono la continuità e l’incremento della produzione nelle centrali a carbone, il blocco di alcuni importanti processi di riconversione, la costruzione di nuovi rigassificatori e la forte spinta per il ritorno al nucleare.

Lo dimostra anche la riapertura alle trivellazioni nel mar Adriatico, consentendo anche la costruzione di nuovi impianti estrattivi a una distanza ancora più vicina alla costa. Una scelta più ideologica che strategica: secondo Nomisma ci vorrebbe almeno un decennio per aumentare significativamente la produzione di gas italiano, e anche arrivando al massimo della potenzialità estrattiva coprirebbe appena il 10% del fabbisogno energetico nazionale.
Le conseguenze sono invece assai più concrete e fortemente impattanti sull’ambiente, sull’assetto idrogeologico e sul territorio, ancor di più in Veneto, nel Delta del Po e in tutte le aree costiere già da anni esposte al fenomeno della subsidenza.

Per la Cgil queste scelte rappresentano un pericoloso ritorno al passato, la riproposizione di filiere energetiche che non hanno una prospettiva, e che sono ancora molto rischiose e dannose per il clima e per l’ambiente. Al contrario, ancor di più in questa fase drammatica e oggettivamente difficile, serve una forte accelerazione nella transizione energetica ed ecologica, un ambito strategico per quello che proponiamo come un nuovo modello di sviluppo. Un processo certamente complicato ma indispensabile per la salvaguardia climatica, e fondamentale anche per garantire una migliore prospettiva occupazionale in tanti settori produttivi.

Lo sviluppo di energia prodotta dalle diverse fonti rinnovabili esistenti, dal fotovoltaico al geotermico, dall’idrogeno verde alla biomassa legnosa, è inoltre un percorso complessivamente meno costoso, e più veloce nella tempistica degli interventi strutturali necessari a garantire una riduzione effettiva della dipendenza energetica del nostro Paese. Così come altrettanto importante ed efficace sarebbe il contestuale rafforzamento degli interventi per l’efficientamento energetico e per lo sviluppo dell’economia circolare, tutti ambiti che hanno grandi margini e potenzialità di ulteriore e rapida espansione.

Un processo integrato, che va sviluppato utilizzando al meglio la continua innovazione tecnologica, che necessita di politiche industriali e investimenti pubblici adeguati e che deve essere accompagnato da quella che viene chiamata “la giusta transizione”: in termini di tutela del lavoro, dell’occupazione e del reddito, con strumenti mirati e dedicati all’incentivazione e al sostegno economico della produzione energetica da fonti rinnovabili, dei processi di riconversione green delle attività produttive, e dei percorsi di formazione e riconversione professionale dei lavoratori coinvolti.

Un processo che la Cgil deve rivendicare e sostenere a tutti i livelli, a partire dalla vigilanza sul coerente utilizzo delle risorse del Pnrr e dei Fondi di coesione europei e dal confronto e dalla contrattazione sull’elaborazione e l’attuazione dei Piani energetici nazionale e regionali e dei piani industriali aziendali.

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