Una mobilitazione che deve continuare! - di Sinistra Sindacale

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Una settimana di scioperi a livello regionale, dal 12 al 16 dicembre, con iniziative in tutti i territori, per la maggior parte promosse insieme da Cgil e Uil, come fu per lo sciopero generale del 16 dicembre 2021. Non è una protesta “contro”. È una protesta “per”, che richiede dunque continuità nei prossimi mesi.

Una mobilitazione, oggi, per una legge di bilancio “più giusta per le persone, più utile per il Paese”, come dice la Cgil. Mentre è la manovra del governo Meloni ad essere “contro”, contro il lavoro dipendente e i pensionati, contro le fasce più deboli della popolazione.

Chiediamo riforme vere, ispirate dai criteri di solidarietà e giustizia sociale, fondate sulla qualità e la stabilità del lavoro, sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e su nuove politiche industriali ed energetiche, sulla trasformazione digitale e la riconversione verde, su uno stato sociale più forte e qualificato.

In cima alle richieste della Cgil c’è l’esigenza di innalzare i salari, anche detassando gli aumenti dei contratti nazionali, portando la fiscalizzazione dei contributi al 5% per i salari fino a 35mila euro per recuperare almeno una mensilità, e introducendo un meccanismo automatico di indicizzazione delle detrazioni all’inflazione (recupero del drenaggio fiscale).

È fondamentale partire dal diritto al lavoro, ridare tutele a tutte le forme di lavoro, con un valore generale ai contratti collettivi nazionali, sancendo così anche un salario minimo e diritti normativi universali.

Oltre ad esigere la rivalutazione delle pensioni, risorse per il diritto all’istruzione e per la sanità pubblica, che ha affrontato e sta affrontando gli effetti drammatici della pandemia, rimane l’obiettivo della cancellazione della legge Fornero, introducendo l’uscita flessibile dal lavoro a partire dai 62 anni, il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori, la pensione di garanzia per i lavoratori a solo sistema contributivo e per chi ha carriere discontinue e “povere”, il riconoscimento del lavoro di cura e delle differenze di genere, l’uscita con 41 anni di contributi.

Ma questa manovra – sottolinea la Cgil - “proprio mentre l’inflazione sta mangiando il potere d’acquisto di retribuzioni e pensioni, premia gli evasori e, con la flat tax fino a 85mila euro per il lavoro autonomo, rende ancora più ingiusto il sistema fiscale, sempre più scaricato sul lavoro dipendente, che a parità di reddito paga il triplo”. Non si fa una seria riforma fiscale che faccia pagare le tasse a tutti per pagare meno, e redistribuisca la ricchezza accumulata.

Sono evidenti i favori al proprio blocco sociale elettorale e la spinta a trasformare quanti più posti di lavoro – “in basso” e “in alto” - in nuove partite Iva, premiate fiscalmente ma prive di ogni altro diritto sociale e sul lavoro.

La legge di bilancio trasforma le tasse sugli extraprofitti frutto della speculazione sul caro energia in “contributo di solidarietà straordinario”, e cambia platea e metodo di calcolo, riducendo gli 11 miliardi attesi in precedenza a 2,6 miliardi. Questa legge, iniqua e classista, aumenta la precarietà di giovani, donne, del Mezzogiorno, allargando l’utilizzo dei voucher che considerano il lavoro merce, senza diritti e senza tutele. E taglia le risorse a sanità e scuola pubbliche, che pagano pesantemente il prezzo dell’inflazione; colpevolizza e colpisce i più poveri, andando verso l’abolizione del reddito di cittadinanza; non stanzia adeguate risorse per i rinnovi contrattuali pubblici.

Il governo usa ancora una volta i pensionati come bancomat, tagliando l’adeguamento all’inflazione delle pensioni di chi ha lavorato 40 anni; rende ancora più penalizzante e discriminante l’opzione donna e peggiora la situazione attuale con quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi).

La lotta di questi giorni non può che essere l’avvio di una mobilitazione contro un governo di destra che – al di là delle chiacchiere – di “sociale” non ha nulla, si prepara a stravolgere la Costituzione e quel che resta dell’universalità dei diritti con la secessione dei ricchi dell’autonomia differenziata, imposta dalla Lega e sostenuta anche da “governatori” dem, e con un presidenzialismo autoritario è prono all’industria bellica e al peggiore e subalterno atlantismo.

Al contrario, abbiamo bisogno di continuare a collegare la lotta per la giustizia sociale alla mobilitazione pacifista per far cessare la guerra in Ucraina come tutte le guerre, contro il riarmo e l’invio di armi che alimentano la guerra e distruggono vite e territori.

Con queste lotte e questi impegni si chiude l’anno. Con questi obiettivi e nuove lotte continueremo nel 2023.

 

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