La scuola, solo a parole una priorità per il Paese - di Raffaele Miglietta

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La riapertura delle scuole superiori, a lungo pronosticata per giovedì 7 gennaio, alla fine non c’è stata, ed è stata rinviata a lunedì 11 gennaio con una presenza in classe degli studenti al 50%, e per la parte restante in didattica a distanza. Ma anche questa riapertura rischia di essere del tutto provvisoria poiché se le regioni nei prossimi giorni verranno dichiarate in zona arancione o rossa, sulla base dei nuovi indici epidemiologici, le scuole torneranno a chiudere.

In ogni caso sono già numerose le Regioni (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche, ecc) che, senza attendere i dati e temendo che il rientro in classe di insegnanti e studenti possa provocare un aumento dei contagi, hanno già disposto la chiusura delle scuole fino al termine del mese. Da questa situazione si salvano solo le scuole del primo ciclo che riprenderanno con le attività didattiche in presenza, ma anche qui con alcune importanti eccezioni come la Campania.

Si tratta di un disastro annunciato poiché per tutti i decisori politici – nazionali e regionali- la scuola è considerata a parole una priorità, ma nei fatti non lo è. Nonostante il solenne impegno assunto il 23 dicembre 2020 in sede di conferenza Stato-Regioni a predisporre tutte le misure necessarie - a partire dal sistema dei trasporti pubblici - per garantire la ripresa delle attività didattiche in presenza, così non è stato. D’altronde ciò che non si è riuscito a realizzare in tanti mesi, compresi quelli della pausa estiva, era improbabile che venisse realizzato nei pochi giorni della pausa natalizia.

Neanche l’attivazione dei tavoli prefettizi si è rivelata risolutiva, poiché le decisioni assunte a questi tavoli spesso sono state definite senza coinvolgere i diretti interessati, in primo luogo le scuole, per cui le soluzioni adottate si sono rivelate da subito poco funzionali. Tra queste la previsione degli ingressi scaglionati rigidamente per tutte le scuole alle 8 e alle 10, per cui molte scuole – con 6 ore di lezione giornaliere - dovrebbero terminare le attività dopo le ore 16.00 costringendo gli studenti - specie i pendolari più distanti - a rientrare a casa in serata. Senza contare che per estendere gli orari di funzionamento delle scuole al pomeriggio occorrerebbe disporre di personale aggiuntivo, quando è nota l’inadeguatezza degli attuali organici – sia docenti che ata - i quali risultano in molti casi ancora incompleti stante le difficoltà a reperire i supplenti.

Tutto questo senza contare che la mobilità delle persone e i tempi di funzionamento delle città non si conciliano facilmente con le esigenze di chi frequenta le scuole, e le necessità dei primi alla fine finiscono per prevalere su quelle dei secondi, specie se il sistema di trasporto - già fragile e carente in molte regioni - nei mesi scorsi non è stato adeguatamente potenziato. Ma il problema non riguarda solo i trasporti, molte altre sono le esigenze non soddisfatte necessarie a potenziare le misure a tutela della salute degli insegnanti e degli studenti, al fine di garantire lo svolgimento delle attività in presenza e in condizioni di sicurezza. Ad esempio non è stata prevista per le scuole nessuna attività sistematica di screening, né una corsia preferenziale per il tracciamento dei contagi, né la possibilità di effettuare i tamponi rapidi, né una priorità nella campagna vaccinale, tutte misure che avrebbero potuto mitigare i rischi connessi alla riapertura delle scuole.

Per queste ragioni, a fronte del rischio di incremento dell’indice dei contagi, la prima misura a cui si ricorre è la chiusura delle scuole, perché la scuola per i nostri governanti sarà anche importante ma alla fine sono altre le priorità. Francamente non tutte sempre comprensibili e condivisibili. In questi giorni stiamo assistendo ad una accesa diatriba politica che rischia di determinare perfino una crisi di governo, alquanto inopportuna considerando il periodo emergenziale che stiamo attraversando, di cui si fatica a comprendere le vere ragioni e tra le quali, comunque, il tema della scuola è del tutto assente.

Di fronte ad una diffusa incapacità – a volte anche irresponsabilità - della classe politica a tutti i livelli ad assumere le decisioni necessarie, spetta al sindacato, e in particolare alla Cgil, mobilitarsi per portare l’attenzione sulle effettive priorità del Paese. Scuola, salute e lavoro sono sicuramente tra le priorità per contrastare le diseguaglianze economiche e sociali che la crisi sanitaria sta determinando.

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