Un patto con il diavolo senza i diretti interessati - di Sinistra Sindacale

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Non il mercato e l’economia ma la vita e la salute rimangono le nostre primarie emergenze. Senza prevenzione, salute, sicurezza, cura e assistenza, non c’è cittadinanza né vita sociale e ripresa economica. Nella pandemia sentiamo la mancanza del rapporto diretto, della vicinanza con le lavoratrici e i lavoratori. Pesa pure il mancato confronto diretto tra di noi, la condivisione delle scelte importanti per la nostra attività sindacale e di militanti di una Cgil democratica, della contrattazione e del protagonismo delle lavoratrici e dei lavoratori.

Questo protagonismo, purtroppo, non è avvenuto sul “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”, firmato “in solitudine” dai segretari generali di Cgil, Cisl, Uil con il presidente Draghi e la regia del ministro Brunetta. Non sappiamo come e quando i contenuti del “Patto” saranno calati nella realtà della Pa, ma ne vediamo l’utilizzo politico di presentazione ai partner europei di una versione concertativa della “riforma” della Pubblica amministrazione. È importante che la narrativa sul lavoro pubblico sia formalmente cambiata, ma preoccupano i richiami all’impresa e al privato.

Sul metodo “ademocratico” e sul merito del “Patto” sul nostro sito si trova un’articolata riflessione collettiva delle compagne e dei compagni di Lavoro Società della Flc e della Fp, già diffuso in tutta l’organizzazione.

Sta a noi, ora, far cambiare davvero anche le politiche generali. Il Recovery plan costituisce un’occasione unica per cambiare il paradigma, per affermare un nuovo ruolo dello Stato in economia, un modello di sviluppo alternativo, una organizzazione del lavoro innovata ridando centralità al lavoro e al suo valore, dando risposte al dramma della disoccupazione di massa, della povertà diffusa e della precarietà di vita che colpisce in particolare le donne, i giovani, il Mezzogiorno.

La pandemia ha reso più evidente la necessità di una nuova centralità della sanità pubblica, della scuola pubblica, dell’università, della ricerca e della formazione permanente. Rompendo la pratica di un regionalismo che ha già pesantemente differenziato l’universalità dei diritti sul territorio nazionale, alimentando nuove diseguaglianze.

Consideriamo un cattivo segnale l’enfasi, anche nella Pa, sul welfare contrattuale, che in questi anni ha contribuito a depotenziare il sistema pubblico, e a differenziare tra lavoratori e tra loro e pensionati e disoccupati.

La sfida era e resta enorme. Non abbiamo “governi amici” da assecondare, né aperture di credito da spendere – tanto più verso un governo spostato a destra, che  vara l’ennesimo condono fiscale - ma una autonomia da esaltare e progetti, piattaforme, diritti universali, cambiamenti da conquistare. Con nuovi rapporti di forza, con un forte protagonismo di lavoratrici e lavoratori e delle loro rappresentanze unitarie, dentro la visione generale di radicale cambiamento, per il nuovo modello sociale e economico che la Cgil unitariamente rivendica.

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