Grande adesione allo sciopero nazionale della filiera Amazon - di Emanuele Barosselli

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Il primo sciopero nazionale della filiera Amazon in Italia, il 22 marzo scorso, proclamato da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Nidil, Felsa Cisl, Uiltempa, è stato una prima importante giornata di mobilitazione, a seguito dell’interruzione delle trattative con Amazon e l’associazione datoriale delle società di distribuzione in appalto.

Il risalto mediatico era scontato; meno la riuscita dello sciopero in termini di adesione e partecipazione. Il sindacato è riuscito ad organizzare presidi di lavoratori davanti ai principali siti di Amazon su tutto il territorio nazionale, sette solo in Lombardia; da Origgio (Va) e Milano, dove quattro anni fa è iniziata la sindacalizzazione dei corrieri in appalto, sino agli stabilimenti del sud, toccando tutte le regioni. Abbiamo riscontrato una adesione altissima, con punte del 100% in diverse station, e ricevuto solidarietà da un numero rilevante di lavoratori esterni, da associazioni, politica, istituzioni, movimenti e collettivi. Una solidarietà non solo a parole, ma con la partecipazione attiva in tutte le iniziative.

Dalle prime luci dell’alba, i presidi si sono popolati di un numero impressionante di lavoratori, molti dei quali con contratti in scadenza e alla loro prima esperienza di sciopero, con tutti i timori che li accompagnavano nel primo scontro diretto col gigante Amazon. Sono bastate poche ore per cancellare ogni paura. I lavoratori e le lavoratrici si sono fatti forza l’uno con l’altro e la massa critica che si è creata, miscelata con la voglia di rivalsa e l’esasperazione per le condizioni di lavoro, ha fatto il resto.

Siamo riusciti a dare vita a decine e decine di presidi determinati, colorati e arricchiti da flash mob e iniziative autorganizzate, che sono proseguiti sino al tardo pomeriggio, bloccando la circolazione dei furgoni e il servizio di smistamento dei pacchi Amazon, e lasciando ferme centinaia di migliaia di consegne in ogni regione e provincia.

La solidarietà alla lotta dei lavoratori italiani della filiera Amazon non si è fermata ai confini nazionali. Grazie al supporto dell’Etf (European Transport Federation) si sono moltiplicate le iniziative di sostegno in tutta Europa con video, comunicati e vere e proprie proclamazioni di sciopero. La rete solidale ha superato l’oceano ed è sbarcata in Alabama: Jannifer Bates, dello stabilimento Amazon di Bessemer, in un video ha augurato “ai fratelli e alle sorelle italiane buona fortuna per lo sciopero, una lotta che non può che avere carattere globale”, e ci ha informato sul referendum tra i lavoratori Amazon dell’Alabama per la costituzione del sindacato.

Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha annunciato l’intenzione di convocare le parti per favorire la ripresa del confronto. E’ accaduto qualcosa di diverso dalla gestione delle tante crisi aziendali. Il ministro infatti ha dichiarato la necessità di convocare le parti per “costruire un percorso di relazioni sindacali normali che porti a dei risultati, laddove, fino a qui non sono venuti oppure non sono stati ritenuti sufficienti”. Parole importanti, da cui traspare la consapevolezza della necessità di arrivare a miglioramenti normativi ed economici che superino e migliorino il Ccnl applicato e ripristino un modello di relazioni sindacali figlio di anni di lotte del movimento operaio italiano.

Quella di Amazon non è solo una battaglia per le condizioni di lavoro. Rappresenta la ferma opposizione dei lavoratori e del sindacato ad un modello fatto di precarietà, flessibilità spinta al limite dell’umana sostenibilità, e assenza di confronto con i sindacati. Uno Stato nello Stato dove mettere in atto la soppressione dei diritti sindacali e del confronto democratico.

Dal giorno dello sciopero, Amazon si è chiusa a riccio ed ha interrotto qualsiasi relazione sindacale, arrivando a disattendere e congelare accordi sindacali sottoscritti nei mesi passati da sindacato e imprese in appalto della distribuzione.

Il sindacato dei trasporti è ben consapevole dell’importanza di questa lotta, non solo per i lavoratori Amazon, ma per tutti i lavoratori della logistica e dell’e-commerce. Non intendiamo arretrare nemmeno di un passo. Allo sciopero di Amazon sono seguite le mobilitazioni dei lavoratori del trasporto pubblico e dei rider del 26 marzo e lo sciopero nazionale della logistica del 29 e 30 marzo per il rinnovo del Ccnl.

Sono segnali forti del fatto che le lavoratrici e i lavoratori dei trasporti - che per tutto il 2020 hanno consentito alle merci e alle persone di circolare nonostante la pandemia e i lockdown e hanno dimostrato la centralità dei settori del trasporto - definiti a giorni alterni angeli, eroi o untori, ora stanno legittimamente chiedendo il conto dei loro sforzi.

Se questi lavoratori sono indispensabili per lo sviluppo e la crescita del nostro Paese è giusto che questo venga riconosciuto non solo a parole ma con atti concreti, mediante il riconoscimento di diritti e tutele, di un’equa retribuzione e con il rinnovo immediato dei contratti nazionali scaduti.

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