Recovery fund e Pnrr: la transizione verde in Italia e in Veneto - di Paolo Righetti

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Le risposte all’emergenza climatica, in tutti i suoi aspetti, devono diventare gli obiettivi strategici e le condizioni imprescindibili del processo di trasformazione economico, produttivo e sociale. Ciò richiede un cambiamento radicale del modello di sviluppo, una ridefinizione delle priorità, un ripensamento complessivo su cosa, come e per chi produrre. I finanziamenti previsti dal Recovery fund sono una straordinaria opportunità per riorientare le politiche ambientali, industriali e produttive e promuovere una ripresa economica sostenibile, per la crescita dell’occupazione e del lavoro di qualità.

Obiettivi strategici, almeno formalmente, al centro dei piani e delle strategie per lo sviluppo sostenibile dell’European Green Deal, e degli strumenti di finanziamento europei e nazionali: il 37% delle risorse del Recovery and Resilience Facility è destinato alla transizione verde; dei 210 miliardi del Pnrr quasi 70 sono indirizzati alla transizione ecologica, 32 alla mobilità sostenibile, anche se in buona parte destinati all’alta velocità ferroviaria. Il Piano, da approvare e inviare alla Commissione europea a fine aprile, non è stato fatto oggetto di confronto con sindacati e società civile, e illustrato alle Camere solo qualche giorno prima della scadenza.

Transizione energetica verso la decarbonizzazione, riqualificazione del patrimonio edilizio, rigenerazione urbana, riconversione ecosostenibile delle produzioni, tutela dell’ambiente e del territorio, agroecologia, economia circolare e mobilità sostenibile: questi sono gli ambiti prioritari su cui investire e programmare le linee d’intervento per la transizione verde. Priorità che abbiamo indicato nei documenti della Cgil nazionale, e ribadito nella Piattaforma per un Veneto resiliente, sostenibile e inclusivo della Cgil regionale, articolata in proposte concrete e realizzabili nel nostro territorio.

Lo sviluppo delle energie rinnovabili, della filiera dell’idrogeno verde, della produzione con residui organici, agricoli e forestali, il risparmio energetico, anche attraverso la riqualificazione dell’edilizia pubblica e privata, sono le misure indispensabili per perseguire gli obiettivi della transizione energetica.

Lo stop totale al consumo di suolo e alla cementificazione, senza ulteriori deroghe e artifici normativi, la rigenerazione urbana, la riforestazione, la tutela delle biodiversità e della fertilità dei suoli, la bonifica delle discariche abusive o non più attive e delle tante aree e siti produttivi inquinati, la drastica riduzione delle sostanze inquinanti in agricoltura e nell’industria, l’efficientamento dei sistemi di depurazione, la messa in sicurezza dell’assetto idrogeologico e delle infrastrutture viarie e ferroviarie, sono i provvedimenti e gli interventi urgenti per la tutela e salvaguardia dell’ambiente, del territorio, delle risorse naturali, della salute e della sicurezza di tutta la popolazione.

La riduzione degli imballaggi, l’incremento della raccolta differenziata, la gestione integrata del ciclo dei rifiuti, il potenziamento della filiera per il recupero e il riuso di tutti i materiali e degli scarti di produzione, sono gli elementi determinanti per sviluppare un circuito integrato ed efficiente di economia circolare.

Il rafforzamento del sistema portuale, fluviale e ferroviario regionale, il potenziamento del trasporto pubblico locale, l’interconnessione delle reti logistiche e di trasporto, l’ammodernamento del parco mezzi pubblico e privato, e la diffusione della rete di ricarica elettrica, sono gli interventi infrastrutturali più necessari per sviluppare la mobilità sostenibile, ridurre le emissioni di Co2 e migliorare la qualità dell’aria, spostando quote significative del trasporto di merci e persone da gomma a ferro.

Sviluppo dell’autonomia, della sostenibilità produttiva e della filiera corta nel settore agro-alimentare, transizione verso la chimica verde, riconversione di ex raffinerie di petrolio, innovazione delle sostanze utilizzate, del sistema di depurazione e del processo produttivo nel distretto della concia, reinternalizzazione delle produzioni di dispositivi e strumenti sanitari: sono solo alcuni esempi di una possibile innovazione tecnologica e riconversione produttiva sostenibili sul piano ambientale, sociale ed economico, supportati dal potenziamento del sistema di ricerca e sviluppo. Una transizione che, per essere “giusta”, deve essere pianificata e accompagnata da percorsi di riqualificazione professionale e da un sistema adeguato di ammortizzatori sociali.

E’ necessario rafforzare la nostra iniziativa per fare assumere queste priorità nel Piano nazionale e per garantire una loro coerente declinazione a livello territoriale, contrastando il tentativo di limitarsi a un efficientamento dell’esistente o, peggio, a privilegiare le vecchie logiche dello sviluppo, del consumo e della produzione senza limiti e vincoli, del gigantismo infrastrutturale e della totale “deregulation” negli appalti e verso i vincoli ambientali e i diritti sul lavoro.

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