Costituente cilena: la vittoria della sinistra per voltare definitivamente pagina - di Vittorio Bonanni

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Ritorna il Cile di Allende dopo quasi mezzo secolo dal cruento colpo di Stato che lo ha estromesso? Il paragone è forse azzardato, se non altro per il diverso contesto storico. Ma una cosa è certa: nelle elezioni del 15 e 16 maggio per l’Assemblea costituente che deve cancellare la Costituzione promulgata dai militari nel 1980, la nazione andina si è messa definitivamente alle spalle un periodo lunghissimo di transizione dalla dittatura alla democrazia, attraverso una vittoria schiacciante di una sinistra completamente rinnovata, compreso un rigenerato Partito comunista. Insomma, una svolta epocale in un Paese governato dalla destra.

Ricostruendo “i tre anni che hanno sconvolto il Cile”, dopo le imponenti manifestazioni del 2019 e del 2020, partite da una protesta contro l’aumento del costo dei trasporti pubblici repressa violentemente dalla polizia e dell’esercito, il presidente della Repubblica, l’ex ministro di Pinochet Sebastián Piñera, è sceso a più miti consigli, prendendo atto che quell’epoca buia inaugurata dalla giunta militare era finita per sempre.

Piñera è stato costretto ad indire un referendum attraverso il quale i cileni e le cilene si sono espressi sulla necessità o meno di cambiare la Costituzione. Come ricordiamo, l’esito della consultazione dell’ottobre 2020 non diede adito a dubbi: il 78% degli aventi diritto al voto disse “Sì” alla necessità di cambiare del tutto quell’inquietante eredità della dittatura.

Bisognava successivamente eleggere i membri dell’Assemblea costituente attraverso una nuova consultazione, in un primo momento prevista il 10 e l’11 aprile, poi spostata ai giorni scorsi a causa della pandemia. Voto finalizzato all’elezione di 155 consiglieri, la metà esatta dei membri dell’Assemblea, in quanto gli altri sono stati nominati dal Parlamento. Oltre alla nomina dei governatori delle regioni e dei sindaci delle città.

Dicevamo del grande e inaspettato successo della sinistra. Innanzitutto, il 40% dei 155 seggi sono stati assegnati a candidati indipendenti, lontani dunque dai partiti tradizionali. Il blocco delle sinistre (il Partito comunista, Lista Apruebo Dignidad) ha ottenuto il 33,2%, mentre la lista delle destre, Vamos por Chile, si è fermata al 20,8%, ottenendo solo 37 seggi contro i 52 deputati conquistati dalla lista progressista. Risultato che consente così di annullare la possibilità di porre il veto contro la realizzazione della nuova Carta costituzionale. I seggi sono stati distribuiti in modo equo tra uomini e donne, e 17 seggi sono riservati alle comunità indigene.

È importante anche segnalare la vittoria della sinistra nelle amministrative di Santiago, dove è stata eletta sindaca la comunista Irací Hassler. Per la destra si tratta dunque di una disfatta senza precedenti, malgrado la scarsa affluenza alle urne che si temeva potesse avvantaggiarla: 42,5%, inferiore, causa anche Covid, a quella della scorsa consultazione.

Oltre alla sconfitta dei vecchi partiti di destra, più o meno legati all’esperienza della dittatura, va registrata la disfatta netta delle altre formazioni che fin dal 1989 hanno quasi sempre governato, ovvero Democrazia cristiana, Partito socialista, Partito per la democrazia e Radicali, i quali, ingabbiati da alcune norme della Costituzione fascista, non sono stati in grado in questi decenni di cambiare granché, e soprattutto sono stati incapaci di intercettare quel malessere della società cilena che poi, per così dire, si è organizzata in proprio. La Dc è praticamente scomparsa e ha preso solo due seggi sui 155 previsti. Non è andata meglio agli altri partiti della vecchia alleanza: il Partito per la democrazia ne ha ottenuti solo tre, e il Partito radicale uno.

Conseguiti dunque più dei 2/3 necessari per controllare l’Assemblea costituente, sarà possibile cancellare le parti più antidemocratiche della carta e convertirla in una costituzione moderna, con una visione di futuro. Il lavoro dei membri dell’Assemblea costituente sarà sottoposto ad un altro referendum di ratifica popolare che si svolgerà nel secondo semestre del prossimo anno. In caso di approvazione, la nuova Costituzione entrerà immediatamente in vigore, sostituendo quella precedente.

Insomma, qualche assonanza con l’era di Allende c’è. Come allora siamo di fronte ad un vero e proprio terremoto politico che ha sconvolto il Paese andino e in realtà tutta l’America Latina. Se sono passati i tempi dei “golpe” militari, le ingerenze degli Stati Uniti continuano ad esserci, come dimostrato recentemente nei riguardi di Venezuela, Bolivia e Argentina. Per non parlare del persistere dell’embargo contro Cuba.

Considerando che lo stesso Piñera ha riconosciuto la sconfitta, esaltando dunque il voto democratico, è lecito sperare in un nuovo contesto. Ma nulla è scontato in un pianeta dove ancora regna quel liberismo inaugurato proprio dalla giunta militare cilena. E con una amministrazione americana attenta al tema dei diritti umani, guarda caso, in aree diverse dall’America Latina.

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